Carteggio n°115: La musica contro Donald Trump
Il mondo delle sette note non ha preso molto bene il ritorno del tycoon alla Casa Bianca. Per questo il presidente cerca anche di controllare la produzione artistica
“If there is a gratification which I envy any people in this world it is to your country its music. This is the favorite passion of my soul, and fortune has cast my lot in a country where it is in a state of deplorable barbarism.”
Lettera a Giovanni Fabbroni, 8 giugno 1778
Buona giornata ai lettori di Jefferson!
Se ai tempi della rivoluzione la nascente repubblica americana aveva poco da offrire agli amanti della musica come Thomas Jefferson, oggi la produzione americana inonda l’immaginario di tutti. Da Taylor Swift ai direttori d’orchestra, passando per il mondo dell’hip-hop e del cantautorato folk fino ai musical di grande popolarità anche recenti come Hamilton: ogni gusto musicale è accontentato con opere di grande qualità. Però questo mondo non è molto indulgente con l’attuale presidente e le idee iperconservatrici che rappresenta.
Lo scontro non potrebbe essere più aperto e gli artisti, per ora, non sembrano volersi piegare come i magnati del tech, anzi. Ve ne parliamo in questo carteggio:
Buona lettura!
Cosa è successo a YMCA?
di Laura Gaspari
Da inno queer a inno MAGA, la nota hit dei Village People è ora più che mai un simbolo di Donald Trump contro la nostra volontà: la storia raccontata da Laura Gaspari
Come l’hip-hop made in USA ha riscritto Trump
di Alessia Bisini
Da icona del sogno americano a bersaglio dei rapper: Donald Trump continua a risuonare, nel bene o nel male, nelle barre di un Paese che non smette di dividersi, come spiega Alessia Bisini
Woody Guthrie contro due Trump
di Pietro Carignani
Nel 1950 il cantautore folk scrisse dei versi contro le strategie immobiliari discriminatorie di Fred Trump. Sessant’anni dopo quel caso è tornato alla ribalta: l’articolo è di Pietro Carignani
Il Kennedy Center e la vendetta di Donald Trump
di Emanuele Monaco
Come Trump ha trasformato il Kennedy Center da simbolo dell’élite culturale a strumento della sua guerra personale contro l’industria dell’intrattenimento e la cultura “woke”
Quando la musica classica diventa spazio di protesta e di libertà
di Elisa Carrara
Il Kennedy Center e il rifiuto di András Schiff di esibirsi negli Stati Uniti: la musica colta d’oltreoceano, da strumento di legittimazione politica si trasforma ulteriormente in un simbolo, ragiona Elisa Carrara