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Un nuovo capitolo nello sport femminile?
Si sta affermando sempre di più un’attenzione sulle squadre NCAA femminili da parte del pubblico. Con conseguenze sui media sportivi e sul marketing dei college.
L’interesse verso lo sport universitario femminile, soprattutto quello di squadra, è in costante crescita. Il pubblico si accorge sempre più spesso della qualità delle squadre NCAA; la copertura mediatica aumenta, anche grazie a una maggiore sensibilità verso la parità di genere. Inoltre, le opportunità di guadagno per le atlete attraverso lo sfruttamento dei diritti di immagine hanno consentito a eventi sportivi fino a qualche anno fa poco seguiti di guadagnare nuovi spettatori. Questo stato dell’arte evidenzia un futuro promettente per lo sviluppo e il successo dello sport di squadra NCAA.
I media
All’indomani della finale del torneo NCAA di basket femminile, vinta da Louisiana State su Iowa lo scorso primo aprile, il New York Times (tra gli altri) dedicava un articolo all’analisi di un dato oltremodo significativo. La media di 9,9 milioni di telespettatori aveva segnato un record eccezionale, avvicinandosi addirittura a raddoppiare quello precedente, risalente a ventuno anni prima: i 5,7 milioni di persone davanti alla TV registrati nel 2002 in occasione della vittoria di Connecticut su Oklahoma. Quella partita del 2002 rivestiva un interesse particolare per la grandezza delle Connecticut Huskies, che chiusero la stagione senza perdere mai ed erano guidate da due giocatrici destinate a riscrivere la storia del basket: Sue Bird e Diana Taurasi.
L’interesse suscitato nel 2023 non è invece legato alla particolare fascinazione per una squadra presumibilmente irripetibile, quanto piuttosto è lo specchio di una sempre maggiore attenzione verso lo sport di squadra femminile, per la cui analisi ci soffermiamo sul mondo delle università.
Il livello di importanza della NCAA femminile è cresciuto notevolmente negli ultimi anni, non solo dal punto di vista sportivo, ma anche da quello sociale, accademico ed economico. Perché? Le ragioni sono diverse, e come spesso accade, quesiti semplici richiedono risposte complesse. Prima di tutto, la NCAA gioca un ruolo essenziale nel promuovere la parità di genere nello sport. Negli ultimi decenni, gli sforzi per garantire che le donne abbiano le stesse opportunità degli uomini nella pratica sportiva sono aumentati notevolmente. Questo cambio di rotta, più o meno netto, ha portato a un incremento di visibilità, risorse e sostegno per le atlete, contribuendo a muovere passi importanti nel cammino volto a contrastare stereotipi e discriminazioni. L’incremento di visibilità appena menzionato ha coinvolto sia l’organizzazione degli eventi live, le partite per intenderci – da seguire nei palazzi o negli stadi, perché non di solo basket stiamo parlando – sia la copertura mediatica. Le reti televisive e le piattaforme digitali trasmettono sempre più competizioni femminili, consentendo alle appassionate e agli appassionati di seguire e le proprie squadre preferite, come anche di scoprire sport fino a poco tempo praticamente impossibili da intercettare in tv o sul web, come per esempio il lacrosse. La maggiore popolarità ha di conseguenza generato un crescente interesse nel pubblico, contribuendo al successo e alla popolarità dello sport di squadra femminili; oltre a quelli citati, vanno menzionati inoltre il calcio, il softball e la pallavolo, l’hockey su prato. Nessuna persona genuinamente appassionata di sport, inoltre, riuscirebbe oggi a sostenere la tesi – diffusa in passato – che le competizioni femminili siano meno coinvolgenti, meno spettacolari, meno atletiche. Bugie!
I college
Dobbiamo comunque fuggire la tentazione di sottolineare le novità a ogni costo; lo sport di squadra al femminile mantiene alcuni elementi fondamentali nella cultura accademica statunitense, come ci insegnano analisi di contesto relative alla connessione tra cultura, programmi accademici e sportivi. Oltre alla promozione delle capacità fisiche delle atlete, entrano in gioco sotto questo aspetto anche le competenze di leadership, collaborazione, lavoro in team, resilienza e gestione dello stress. Tutti fattori che rendono interessante per una giovane sperimentarsi sui campi oltre che tra i banchi, in vista di un futuro professionale che nello sport sarà per poche, ma che in altri contesti sarà per tutte. Già negli anni Cinquanta del secolo scorso, inoltre, molte università americane si accorsero che i programmi sportivi, all’epoca quasi esclusivamente maschili, contribuivano più di molte altre iniziative a convogliare su binari virtuosi lo spirito competitivo e le sane rivalità. Per di più, consolidavano il senso di comunità tra gli studenti, gli appassionati e le squadre. Questi momenti di condivisione e tifo aiutavano e continuano ad aiutare a creare legami sociali e appartenenza. Oggi sono sempre meno le persone a credere che tali aspetti siano da registrare e promuovere esclusivamente al maschile: anche da questo punto di vista il successo dello sport femminile continua a contribuire allo sradicamento di alcune discriminazioni di genere. Ciò ha portato anche a una maggiore consapevolezza relativamente alle sfide che le atlete affrontano per emergere e ha spinto le istituzioni e le organizzazioni sportive a lavorare per una maggiore equità.
Il marketing
C’è poi la grande novità delle NIL (Name, Image, and Likeness) Rules. Prima di esaminarne l'impatto specifico sullo sport di squadra femminile, diamo un’occhiata a cosa siano queste regole. Le NIL Rules sono state introdotte dalla NCAA il 1° luglio 2021 per consentire alle studentesse-atlete e agli studenti-atleti di guadagnare denaro dallo sfruttamento della loro immagine. Qual è stata l’influenza di tali regole sullo sport di squadra al femminile? Innanzitutto, hanno creato nuove opportunità di guadagno per le atlete, cui ora è permesso stringere accordi commerciali, sottoscrivere sponsorizzazioni, farsi retribuire per apparizioni pubbliche e servizi fotografici o firmare contratti di esclusiva. Non è finita qui. Con la possibilità di ottenere un tornaconto dai social media, molte sportive hanno pure messo a frutto i propri talenti, per esempio creando un brand personale (abbigliamento, make-up, gadget). Sono così in grado di raggiungere un pubblico sempre più vasto, di contattare nuovi fan come anche potenziali partner commerciali.
Le NIL Rules hanno dimostrato nei primi due anni di applicazione di avere un notevole potenziale per contribuire alla riduzione di alcune delle disparità di guadagno tra atleti e atlete. Investire nello sport universitario femminile, infatti, si è dimostrata una buona strategia commerciale. In un’analisi pubblicata lo scorso ottobre, si è visto che il basket femminile è terzo tra gli sport più attrattivi per le aziende che investono nello sport NCAA, dietro solamente al football e al basket maschile. Nella scorsa stagione cestistica, gli accordi NIL per le giocatrici sono cresciuti del 186% rispetto all’anno precedente. Per dare un termine di paragone, il basket maschile ha registrato un aumento del 67%. Dal punto di vista prettamente sportivo, la mutata realtà delle cose ha determinato una maggiore competitività e di conseguenza una maggiore attrattività della stagione NCAA: alcune tra le migliori giocatrici riescono infatti a guadagnare più di quanto farebbero se iniziassero in anticipo la carriera WNBA. Di conseguenza, in molte decidono di completare i quattro anni della carriera universitaria senza anticipare il passaggio al professionismo, il numero delle cestiste forti aumenta, le partite sono più avvincenti, il livello si alza, il pubblico accorre più volentieri al palazzo o accende più spesso la tv.
Non si tratta solo di basket: anche gli sport con minore copertura mediatica guadagnano della fama delle atlete più rappresentative, che in virtù delle NIL Rules riescono a pubblicizzare non solo i propri marchi, ma anche il proprio sport. Spettacolo, cultura universitaria e potenzialità economiche sembrano in definitiva mostrare un futuro radioso per il futuro dei programmi atletici NCAA, forse ancora più promettente nel mondo femminile che in quello maschile.