Prima della March Madness: Washington State e le cose belle del basket NCAA
Tra pochi giorni inizia il rush finale della stagione del basket universitario. Lo aspettiamo con entusiasmo, cresciuto dopo aver seguito i Tornei di Conference.
Aspettative
La rivista dei gesuiti americani si chiama “America Magazine”, e come ogni buona rivista culturale che si rispetti si occupa anche di sport. Lo scorso 7 marzo James T. Keane ha scritto un articolo intitolato: Una guida alla March Madness per un topo di biblioteca cattolica (A Catholic bookworm’s guide to March Madness). Vale la pena riportare, in traduzione, il magistrale incipit: «Indovinate cosa ci riserva il prossimo fine settimana? Esatto, la Selection Sunday! Se non sapete o non vi interessa cos’è la Selection Sunday, noi restiamo impassibili, perché lavoriamo ad America Media, dove lo sport è una parolaccia e ci sono più appassionati di Quidditch che di baseball, football e basket messi insieme. (La nostra squadra di kickball aziendale ha vinto una sola partita nella sua prima stagione... e per forfait). Ma per chi non lo sapesse, la Selection Sunday è il giorno in cui i programmi di pallacanestro della NCAA Division I scoprono dove sono collocati – o se sono collocati – nel tabellone del torneo del campionato NCAA, più noto come “March Madness”, che quest’anno inizia il 16 marzo». Scritto che il kickball è una sorta di baseball giocato con i piedi, cerchiamo di capire perché la Follia di Marzo interessa la grande maggioranza delle e degli statunitensi, inclusi i non appassionati di basket.
Ne abbiamo già scritto lo scorso anno, ma riassumere talvolta giova e pare possibile che questa sia una di quelle volte in cui giova: all’esito di una stagione che inizia a novembre, sessantotto squadre al maschile, sessantotto al femminile si giocano il titolo nazionale con un torneo a eliminazione diretta. Si disputano quattro incontri di turno preliminare e poi tabellone tennistico per arrivare da sessantaquattro a uno, passando per le Final Four che in tanti al Basket NCAA hanno copiato. Nel 2023 vinsero South Carolina tra le donne e Kansas tra gli uomini, due squadre così forti da indurre noi di Jefferson a titolare l’articolo loro dedicato: South Carolina e Kansas campioni NCAA. Bene, bravi e forse pure bis. A undici mesi di distanza le aspettative non sono cambiate, South Carolina ha vinto tutte le partite che ha giocato terminando la stagione, inevitabilmente, al numero 1. Non è andata molto distante Kansas, che nel ranking nazionale ha chiuso al numero 3.
L’altro marzo
Quando si racconta la March Madness si tende talvolta a tralasciare l’atto che la precede, sempre in marzo. Mi riferisco alla settimana dei Tornei di Conference, veloce serie di sfide a eliminazione diretta. Chi vince viene automaticamente qualificato al Torneo finale, indipendentemente da quanto fatto in stagione. In linea teorica, un’università che avesse perso ventotto partite in stagione regolare e vincesse a sorpresa il proprio Torneo di Conference parteciperebbe alla March Madness. È ben comprensibile come questa opportunità si presti alla riscrittura delle storie di cenerentole divenute principesse, quelle che tanto piacciono al pubblico americano, ma non solo a lui.
Una di queste storie si è scritta proprio in questo marzo 2023, al femminile. La Pac 12 è considerata la Conference probabilmente più competitiva dell’intero Paese, tanto che cinque università sono comprese nelle prime venticinque del ranking nazionale del basket (Stanford, Utah, UCLA, Colorado, Arizona). In mezzo a tante corazzate (nella Conference ci sono anche Oregon, Oregon State, Arizona State, California, Southern California, Washington e Washington State) è assai difficile emergere per i programmi meno ricchi, come quello di Washington State, per esempio. Dall’anno del primo torneo (2003) le Cougars (questo il loro nickname) non erano mai riuscite ad andare oltre un paio di apparizioni in semifinale; finale mai, tantomeno vittorie. Anzi, in ventuno anni di storia dei tornei di squadra, a Washington State non ne avevano mai vinto uno, in nessuno sport, al femminile come al maschile. Non ne avevano, perché le cose sono cambiate nel marzo 2023.
Washington State Cougars
Il management di Pullman (questo il nome della città sede dell’università) ha lavorato con intelligenza: sapendo di non avere un grosso richiamo per le migliori giocatrici in uscita dalle high-school americane, ha puntato quasi tutto sullo scouting internazionale, affidando il complicato mix alle cure di un’allenatrice coi fiocchi, Kamie Ethridge. Il roster 2022-23 è fatto di tredici giocatrici: quattro vengono dagli Stati Uniti (tre dallo stato di Washington: Kyra Gardner, Grace Sarver, Lauren Glazier e una dall’Ohio, Kaia Woods), due dal Canada (Tara Wallack e Jessica Clarke), due dall’Australia (Emma Nankervis e Ula Motuga) una dalla Nuova Zelanda (Charlisse Leger-Walker), una dal Kosovo (Astera Tuhina), una dall’Estonia (Johanna Teder), una dalla Finlandia (Cia Eklöf) e una dal Ruanda (Bella Murekatete). Parentesi: mettiamoli, i nomi delle protagoniste.
Le Cougars hanno iniziato il torneo come testa di serie numero 7, vincendo contro California nel turno preliminare, poi la sequela delle sorprese: battute Utah (2), Colorado (3) e, in finale, UCLA (5), a sua volta arrivata fin lì contro pronostico, dopo aver sconfitto la favorita Stanford (1). Ebbene, Washington State–UCLA è stata una partita più epica che storica, come ho senza enfasi pensato di scrivere a chi canzonava il mio dedicare la sera del dì di festa al basket universitario femminile. Continue alternanze nel punteggio, parziali importanti dall’una e dall’altra parte, clamorose sviste arbitrali in dirittura d’arrivo, e tanto, ma proprio tanto ottimo basket, ben giocato e ben allenato. A dominare la scena Charlisse Leger-Walker, tiratrice neozelandese con innate doti di leadership e Bella Murekatete, pivot ruandese fuggita dal paese natale in guerra quando era ragazzina. A dare loro un’ottima mano la freshman kosovara Astera Tuhina, seguita in tribuna da una zia uguale a lei arrivata per l’occasione da Pristina, in una delle più classiche carrambate, ovviamente trasmessa da ESPN. Senza dimenticare la grandissima lucidità di Kamie Etherdige, capitana di un vascello dimostratosi inaffondabile, allenatrice che ricorda il buon vecchio basket, quello nel quale non ci sono rotazioni dettate dal cronometro, chi gioca bene resta in campo, la stella esce solo se c’è un motivo validissimo. Bene, brave e – mi arrischio – niente bis, perché immaginare che Washington State possa arrivare in fondo alla March Madness pare davvero difficile. E allora, chi vince? Tra le ragazze South Carolina sembra davvero inattaccabile, ma guarderò con piacere le partite di Tennessee. Tra i ragazzi si aspetta da tempo l’anno di Gonzaga, che sia il 2023 la volta buona, proprio quando la squadra sembra meno attrezzata rispetto ad altre stagioni? Guarderò poi con piacere le partite di Missouri.