Giornalismo americano e IA: una relazione pericolosa o salvifica?
Pregiudizi, timori e divari tra redazioni locali e nazionali. Eppure, l’IA può aiutare la stampa a ridiventare il mediatore tra politica e cittadini
Nel 1994 il regista Ron Howard raccontò nel film The Paper (in italiano Cronisti d’assalto), la storia di un gruppo di giornalisti alle prese con i problemi e le scelte all’interno di un quotidiano americano. La trama principale è piuttosto semplice: The New York Sun, da diverso tempo in difficoltà, è l’unica testata a non pubblicare la notizia del giorno, ossia due uomini bianchi uccisi in un'auto e due ragazzi di colore che fuggono di fronte alla scena.
La riunione di redazione del giorno dopo evidenzia il dilemma: cosa mettere in apertura? Un altro “normale” e banale fatto di cronaca o l’omicidio dei due uomini bianchi e la relativa condanna mediatica dei ragazzi neri? Non solo: in un giornale con poche risorse, la scelta significa anche concentrare tutti i mezzi disponibili nel raccontare la storia giusta.
Per comprendere meglio la questione e capire come un film del 1994 possa dirci molto sull’ utilizzo dell’intelligenza artificiale nel giornalismo occorre fare un passo indietro, alle origini del modello giornalistico liberale o “anglo-americano”, così come lo hanno analizzato Daniel C. Hallin e Paolo Mancini in Modelli di giornalismo. Mass media e politica nelle democrazie occidentali (2004, Editori Laterza).
Una delle grandi differenze fra la stampa europea (in particolare dell’Europa meridionale) e quella statunitense, dicono i due autori, non si trova solo nella quantità, ossia nella concreta diffusione dei quotidiani, ma anche “nella natura stessa del giornale, nelle modalità di relazione con il pubblico e nel suo ruolo nel più vasto processo di comunicazione sociale e politica”.
La stampa dell’Europa meridionale si rivolge “a piccole élite, generalmente urbane, ben educate e politicamente attive”; al contrario i quotidiani nord europei e statunitensi “tendono a rivolgersi a un pubblico di massa non necessariamente coinvolto nella vita politica”, assolvendo l’importante funzione di collegamento tra politica e cittadini.
È anche per questa ragione che, come spiegano Hallin e Mancini, negli Stati Uniti le testate locali hanno un’importanza e un’autorevolezza impossibili da riscontrare in Paesi come l’Italia o la Spagna, “dominati da una stampa a circolazione nazionale o sovraregionale”.
La chiusura dei media locali è un fenomeno che interessa da tempo gli Stati Uniti e che si è aggravato durante la pandemia: in un articolo di Jefferson, Alberto Bellotto scriveva che “dal 2004, anno dei primi monitoraggi, sono stati chiusi ben 1.800 giornali con una media di 100 chiusure l’anno”, lasciando intere comunità senza alcun tipo di copertura giornalistica, dando vita ai cosiddetti media desert, che Giacomo Stiffan ha analizzato qualche tempo fa sempre sulle pagine di Jefferson.
Prima di chiederci se l’intelligenza artificiale sia un ulteriore problema in uno scenario che appare desolante e già saturo di concorrenza (social media, informazione online gratuita, tv, eccetera) o una risorsa (e, se sì, in che modo) per il giornalismo americano, dovremmo sapere di cosa stiamo parlando.
In un articolo pubblicato nel 2022 sul blog della London School of Economics del 2022, 10 things you should know about AI in journalism (citato e spiegato molto bene anche nell’articolo di Alessia Pizzi Giornalismo e intelligenza artificiale, dell’Osservatorio sul giornalismo digitale), Mattia Peretti ci metteva in guardia dai nostri stessi pregiudizi: se provate a digitare “intelligenza artificiale” in un qualsiasi motore di ricerca, le immagini che vedrete saranno avveniristiche ma fuorvianti. Le aspettative e i timori intorno all’AI sono forse il vero ostacolo al corretto utilizzo degli strumenti di intelligenza artificiale nel giornalismo. L’idea che il lavoro di un professionista possa essere “sostituito” da qualcosa di non umano è terrificante perché, per la prima volta, pensiamo che una macchina possa fare un lavoro che immaginavamo totalmente legato alla nostra capacità di essere ragionevoli, pensanti, creativi. Non si tratterebbe più di una concorrenza pericolosa ma diversa (come nel caso dei social), bensì di un inesorabile processo di scambio.
Non solo: nell’immaginario comune, l’AI nel giornalismo è quasi sempre associata a una forma di disinformazione e inganno, di manipolazione collettiva e sociale. Eppure, proprio l’intelligenza artificiale potrebbe rivelarsi risolutiva per contrastare, ad esempio, il fenomeno dei media desert: Come spiega approfonditamente Ron Schmelzer in un articolo su Forbes – Beyond Misinformation: The Impact Of AI In Journalism And News – la capacità dell’AI di acquisire dati in poco tempo e “tradurli” in una forma accessibile e comprensibile a tutti può coprire notizie locali, risultati sportivi ed eventi politici che ad oggi non hanno più visibilità a causa della scarsità di risorse economiche e della carenza di giornalisti. Da questo punto di vista, l’AI potrebbe dare alla stampa americana gli strumenti per assumere di nuovo il ruolo di mediatore tra politica e cittadini.
Consapevoli dell’opportunità che il giornalismo, soprattutto locale, deve cogliere, sono nati vari programmi e iniziative per aiutare le redazioni locali a un corretto e consapevole uso degli strumenti di AI, come ad esempio il progetto dell’Associated Press, con lo scopo di ridurre il divario tra redazioni locali e redazioni locali e nazionali.