Nostalgia del passato o monito per il presente? Il retro-futurismo in Fallout
Il successo della serie televisiva è dovuto soprattutto all’estetica della “Golden Age” americana, ma il messaggio è ben più profondo: non è tutto oro quel che luccica.
Fallout, la serie TV di Amazon basata sull'omonima saga videoludica, ha conquistato il pubblico e stabilito nuovi record su Prime Video. Secondo Variety, al 29 aprile 2024, la serie si posiziona come il secondo titolo più visto di sempre sulla piattaforma, dopo il successo de "Il Signore degli Anelli: Gli anelli del potere" al suo debutto nel 2022.
Fallout non ha solo richiamato a sé i fan dei videogiochi, in circolazione dal 10 ottobre 1997; è riuscita a catturare l’attenzione anche di coloro che non avevamo mai sentito parlare del franchising. Sicuramente, tra i fattori d’attrazione ci sono gli scenari post-apocalittici della Zona Contaminata (“Wasteland”) e i personaggi, così diversi tra loro, eppure ugualmente iconici – dall’innocente Lucy Maclean, la protagonista, alla personalità controversa di Cooper Howard, fino alle sfumature comiche di Maximus.
Tuttavia, l’elemento più accattivante della saga è l’ambientazione, soprattutto nelle scene della serie televisiva che mostrano il mondo pre-apocalittico. Sebbene nell’adattamenti di Amazon gli eventi prima del disastro atomico accadano nell’anno 2077, non ci vuole molto ad accorgersi che l’estetica si ispira ad un’epoca familiare: gli anni ’50, la “Golden Age” americana. È evidente: le auto, gli abiti, le villette residenziali, la piccola famiglia borghese, segni riconoscibili del boom economico di quel tempo, e lo spettro della minaccia nucleare, che aleggia nelle conversazioni tra i personaggi, in radio e in televisione.
Se tutto questo appare come il ricordo di un’epoca passata, non lo è di certo. Il mondo di Fallout è infatti dominato da tecnologie che l’umanità degli anni ‘50 sognava come appartenenti ad un futuro lontano: nelle residenze, piccoli robot alimentati da energia nucleare svolgono le mansioni casalinghe, mentre la gente indossa sull’avambraccio dispositivi simili agli smartwatch, noti come “Pip-Boy”, in grado di memorizzare e trasferire grandi quantità di informazioni.
Questa fusione tra lo stile degli anni d’oro e una tecnologia molto avanzata ha un nome: si chiama retro-futurismo1, e riferisce ad una pratica di inserimento di immaginari futuristici obsoleti in una narrativa contemporanea. In altre parole, il retro-futurismo presenta il futuro come era immaginato nel passato, in un modo che sembra superato rispetto a come lo immagineremo oggi. Fallout, dunque, ci catapulta in un futuro lontano 53 anni, dove però il progresso tecnologico appartiene a un ideale del passato.
Allo stesso tempo, la serie ci pone di fronte a uno scenario alternativo, soprattutto rispetto al clima politico che associamo comunemente agli anni ’50 – la Guerra Fredda. Nel 2077, anno in cui inizia la narrazione, il conflitto è ancora in atto. La rivalità, che però è tra Stati Uniti e Cina, e non tra americani e russi, è accesa e l’escalation verso l’uso della bomba nucleare è sempre più pressante. Inoltre, lo sfondo fornitoci dai giochi ci racconta che il petrolio non è più disponibile, e l'umanità ha investito massicciamente sull'energia nucleare come fonte energetica primaria, alla quale gli abitanti dell’universo di Fallout guardano con profondo ottimismo per via della sua capacità di sostituire il petrolio.
Da un lato, dunque, il retro-futurismo di Fallout può evocare emozioni nostalgiche verso un’epoca passata e ricordata, specialmente dal pubblico americano, come un tempo più innocente, più sicuro e più felice2. Dall’altro lato, l’universo dei giochi e della serie televisiva rappresenta un mondo che assomiglia alla nostra realtà, caratterizzata da un forte ottimismo tecnologico, dall’economia capitalista e dalle tensioni politiche. D’altronde, non è inusuale che i media paragonino le crisi internazionali dei giorni nostri alla Guerra Fredda, con speculazioni sull'uso delle armi nucleari, come nel caso dell’attrito tra gli Stati Uniti e la Cina nell’era Trumpiana, o della Guerra in Ucraina e delle minacce nucleari provenienti dalla Russia di Putin.
Eppure, allo stesso tempo, Fallout ci mette in guardia dalle ombre della modernità. Nella serie di Amazon, in particolare, è il contrasto tra la figura di Cooper Howard, brillante attore hollywoodiano all’apice della carriera cinematografica e televisiva, e la moglie Barb Howard a far riflettere. Mentre la figura di Cooper e la sua professione sono rappresentative di un capitalismo glitterato e ricco di promesse per coloro abbastanza intraprendenti da cavalcarne l’onda, la figura di Barb apre il sipario sul lato oscuro del sistema. La serie mostra come Barb diventi parte del direttivo della Vault-Tec, l’azienda di tecnologie avanzate che il governo americano aveva incaricato di costruire i Vault, rifugi antiatomici sotterranei distribuiti in tutto il Paese. Nonostante inizialmente la Vault-Tec e la sua competenza tecnologica siano presentate come una speranza di sopravvivenza in caso di guerra atomica per gli Stati Uniti, presto emerge il lato oscuro dell'azienda. La vera motivazione dietro l'esistenza dei Vault si rivela essere la sperimentazione su segmenti della popolazione, allo scopo di studiare le loro reazioni allo stress dell'isolamento forzato e di testare modelli di ricolonizzazione della Terra dopo la riapertura dei rifugi.
Insomma, l’universo di Fallout, con la sua critica tagliente al capitalismo sfrenato e al progresso tecnologico incontrollato, ci offre un monito inquietante per il futuro. Nella sua distopia post-apocalittica, la serie dipinge un quadro desolante di un mondo in cui l'ossessione per il profitto e lo sfrenato ottimismo tecnologico hanno portato alla rovina dell'umanità. Fallout ci spinge, quindi, a interrogarci sul futuro della società e ci invita a non ignorare le ombre che la luce scintillante del progresso economico e tecnologico proietta sulle nostre vite.
Frelik, Paweł. 2013. “The Future of the Past: Science Fiction, Retro, and Retrofuturism.” Parabolas of Science Fiction 205: 24.
McClancy, Kathleen. 2018. “The Wasteland of the Real: Nostalgia and Simulacra in Fallout.”The International Journal of Computer Game Research 18: 2