“Non è un caso. È intervento divino”
Le reazioni di una comunità cattolica a Boulder, in Colorado, all'elezione del primo Papa statunitense
L’ordinario della messa ha ricevuto le dovute modifiche: “Your servant, our Pope Leo”, recita il parroco durante la preghiera eucaristica. Ma per il resto, la domenica dopo l’elezione del primo Papa statunitense, Leone XIV non viene ulteriormente invocato durante la messa mattutina presso la parrocchia del Sacro Cuore di Gesù (Sacred Heart of Jesus) nel centro di Boulder, in Colorado. Volendo, si può forzare un riferimento obliquo durante la lunga e sentita omelia di padre Mark Kovacic, il parroco. A margine del Vangelo della quarta domenica di Pasqua, festa del Buon Pastore, padre Kovacic insiste sull’importanza di seguire, ascoltare e avere fiducia nel buon pastore scelto da Dio per guidare l’umanità alla vita eterna.
Intervistato brevemente sul buon pastore emerso dal conclave, alla fine della messa Padre Kovacic commenta: “Sono molto contento. Non ce l’aspettavamo proprio, non ci aspettavamo un americano. Più ne sento parlare, più mi sembra che Dio lo stesse preparando a questo compito in una maniera che non avevamo previsto”.
Kovacic cita l’umiltà di Leone e il suo passato da missionario come qualità che apprezza nel nuovo pontefice. Quando gli viene chiesto quale pensa che sarà il rapporto del Papa statunitense con il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, il parroco fa un gesto evasivo con la mano come a dire che ha fretta di andare, diventa schivo, risponde in maniera vaga: “Ho speranza. Quel che è successo, è successo. Entrambi sono abbastanza umili per aprirsi a una relazione positiva”.
Sally e Bill, una coppia di parrocchiani settantenni molto attivi nella comunità, dal loro banco in prima fila reagiscono alla scelta di un Papa statunitense con entusiasmo ed energia. “Sono elettrizzata”, dice Sally, mentre un’altra parrocchiana le allunga un mazzolino di fiori. È la festa della mamma, un’occasione molto sentita negli Stati Uniti: alla fine della messa, la parrocchia distribuisce dei fiori a tutte le donne presenti.
“È stato del tutto inaspettato”, prosegue Sally sull’elezione di Robert Prevost. “Sembra che non fosse neanche in lizza! Sono davvero contenta, e ho chiesto a Dio di guidarlo, benedirlo e aiutarlo ad accompagnarci”. Sally racconta con orgoglio che il Sacro Cuore di Gesù è la parrocchia dove è nata, cresciuta e si è sposata con Bill, che ha addirittura convinto a convertirsi al cattolicesimo dalla Chiesa metodista. A una domanda sul ruolo della Chiesa cattolica in una comunità squisitamente progressista come quella di Boulder, Sally risponde con una smorfia: “Abbiamo diversi amici democratici”, dice, lasciando intendere il suo orientamento politico. “Io spero solo che Leone sia più conservatore di Francesco”.
Le fa eco il marito Bill, una volta fuori dalla chiesa. “Io credo che sarà più conservatore… ma solo il tempo ce lo dirà. In ogni caso, sono contentissimo di avere un Papa che proviene dagli Stati Uniti. È un grande giorno per i cattolici americani. Tutto quello che leggo su di lui è fonte di ispirazione. Sarà un grande Papa”. Bill aggiunge che il fatto che Prevost abbia studiato matematica all’università è un ottimo segno, perché la Chiesa ha bisogno di una mente orientata agli affari [il piacere di vedere un “uomo d’affari” al comando delle istituzioni ritorna spesso anche tra i conservatori intervistati sul sostegno a Donald Trump, ndr].
È d’abitudine, per le chiese cattoliche negli Stati Uniti, offrire messe sia in inglese che in spagnolo, per venire incontro alle nutrite comunità ispaniche a ogni latitudine del Paese. Anche al Sacro Cuore di Gesù di Boulder, alla messa in inglese delle 10 fa seguito quella in spagnolo delle 13. Mari, residente negli Stati Uniti da decenni ma originariamente immigrata dal Messico, condivide il significato che ha per lei l’elezione di un Papa americano mentre riassesta la chiesa prima della messa in spagnolo.
“Per noi latino-americani è molto importante avere un Papa che conosce e capisce la nostra cultura. Questo Papa è stato missionario in Perù, conosce l’America Latina e sembra essere orientato verso la comunità”, dice Mari. “Quando ha parlato subito in spagnolo [dal balcone di piazza San Pietro dopo l’elezione, ndr], mi è scoppiato qualcosa nel cuore. Ho sentito che per lui saremmo stati importanti”.
Tra gli ultimi a lasciare la chiesa dopo la messa in inglese c’è Stan, 82 anni, una croce tau al collo e una tatuata sulla parte interna dell’avambraccio. Ad aspettarlo la moglie Ann, 76 anni, che è venuta a incontrarlo per andare a pranzo dopo la sua messa nella chiesa luterana poco distante. Stan arriva mentre Ann spiega che la comunità del Sacro Cuore di Gesù è di orientamento piuttosto conservatore per Boulder, ma lei e il marito sono convintamente democratici e molto preoccupati per la situazione politica in cui versa il Paese.
“Sono molto felice di Papa Leone”, interviene Stan. “L’ho visto stamattina alla televisione su CBS. Aveva un sorriso piacevole, gioioso. Il suo compito principale ora sarà portare la pace nel mondo”.
Interrogato sul possibile ruolo del primo Papa statunitense nel momento storico attuale, con Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, sul volto di Stan si allarga un enorme sorriso. “Non è un caso. È intervento divino”, risponde. “Papa Leone e Donald Trump sono agli estremi opposti, non solo politicamente, ma proprio filosoficamente. Non può essere un caso”.