Il Mid-Term del football NCAA
La situazione nel football collegiale statunitense. E qualche pronostico, dopo le partite di stanotte.
Il football NCAA è uno sport difficile da pronosticare, per vari motivi. Lo spazio per sorprese e stravolgimenti non manca mai, università che a inizio stagione si pensavano imbattibili si rivelano presto dei bluff, altre che nessuno considerava iniziano sorprendentemente a galoppare sempre più svelte. Basta talvolta un errore marchiano o un brutto infortunio a cambiare tutto. Anche se poi, alla fine dei conti, tra le prima non manca mai Alabama.
Qualche giorno fa ho partecipato alla mia prima riunione di redazione Jefferson. Nel dinamico fluire dei pensieri c’è stato un veloce scambio di battute sull’abuso della prima persona singolare in determinato giornalismo, quello che dovrebbe raccontare le cose con il filtro dell’opinione di chi scrive moderato al minimo, pure meno. Giusto. Ho pensato però, in prima persona singolare, di sentirmi escluso dallo scambio. La mia collaborazione con Jefferson si colloca in un fondamentale luogo del sapere, quello dello sport, che anziché rifiutarlo “l’io” lo richiede, perché attraverso lo sport si comunicano emozione e partecipazione. Almeno, “io” quello comunico. Ebbene, gentili lettrici e lettori, amata redazione, consentitemi pure questo abuso.
Pronostici
L’imprevedibilità del football universitario deriva molto da quanto succede nel fuori stagione, specie negli ultimi anni quando le opportunità di cambiare università si sono fatte più semplici da cogliere. Nell’articolo di chiusura della scorsa stagione avevo pronosticato un radioso avvenire per Oklahoma. Poi se ne sono andati il coach, il quarterback-star (e parecchi altri). Tutto è cambiato.
Quello che non muta mai è invece l’incidenza degli infortuni. È un fattore rilevante per tutti gli sport, certo, ma nel football è più probabile farsi male, vista la fisicità estrema del gioco.
L’imprevedibilità sta anche nella gioventù, che talvolta si traduce in scelte folli o falli insensati. Lo sa bene Syracuse, fino a ieri notte imbattuta e in procinto di sconfiggere a sorpresa la titolatissima Clemson, imbattuta pure lei. Attanagliata da quella che noi in Italia definiamo paura di vincere, avanti 21-10 oltre la metà del terzo quarto, la difesa di Syracuse ha da lì in poi inanellato una serie di inutili sciocchezze, trasformate in yard e yard di penalità. Ha così regalato campo e punti alla rimonta di Clemson, alla fine vittoriosa 27-21. Falli gratuiti che ti cambiano la stagione, specie in un torneo così livellato verso l’alto che una sola sconfitta può fare e fa tutta la differenza del mondo.
Facciamo un esempio di imprevedibilità: i ranking da inizio stagione fino alla fine si compilano indicando le migliori venticinque squadre. A metà della strada, di quelle venticinque ne sono rimaste quattordici, con la numero uno (Alabama) scivolata al numero sei, la cinque (Notre Dame) e la sei (Texas A&M) scomparse dai radar, mentre alle posizioni tre (Tennessee), otto (TCU) e nove (UCLA) sono ascese università che nessuno immaginava potessero raggiungere quelle vette. UCLA però stanotte ha perso e scivolerà indietro, senza uscire dalle venticinque. Lo farà a beneficio di una risalita di chi l’ha battuta, Oregon, capace di avvicinarsi alla vetta ma non troppo in alto, perché una sfida importante già l’ha persa, alla prima uscita della stagione contro i campioni uscenti di Georgia. E fu un roboante 3-49. Questo per dire come la top-25 sia volubile.
Le magnifiche quattro
Tennessee rappresenta al momento la più affascinante delle sorprese. Ha battuto nello scorso weekend la sempre favorita Alabama, prima volta dal 2017, in una partita definita tra le più belle della storia del college football (almeno per chi ama molto più gli attacchi delle difese) e sta mostrando una qualità offensiva ai limiti dell’impensabile. Qui la sobria celebrazione del post-vittoria.
In una delle partite che ho appena seguito in diretta, Tennessee è arrivata a 52 punti prima dell’intervallo. Certo, gli avversari non erano quelli di un college di prima fascia (Tennessee Martin), ma neppure un team di pulcini candidati al massacro. Per il quarterback Hendon Hooker si parla sempre più spesso di Heisman Trophy (il premio per il migliore giocatore della stagione), per l’università di un possibile approdo ai playoff a quattro che decideranno i campioni. Nessuno lo avrebbe mai pronosticato.
Le altre candidate più autorevoli sono al momento le imbattute: Ohio State, Georgia, Michigan, la miracolata Clemson (che sono dove ci si aspettava fossero) e la sempre più sorprendente TCU (che sta per Texas Christian University). Senza sottovalutare Alabama, che di sconfitta ne ha al momento una sola, come l’arrembante Oregon, in netta ascesa dopo il crollo iniziale.
Ancora è tutto da decidere, perché mancano parecchi scontri diretti, chiamiamoli così, e le finali di conference. Dietro l’angolo di ogni partita sta la possibilità di quella sconfitta che ti ricaccia indietro e non ti lascia tornare in alto: alle magnifiche quattro perdendone una soltanto ci si può arrivare, ma non è per niente facile. Syracuse lo sa, e probabilmente sarà questo un buon motivo per perdere ancora. Perché chi non è abituato a stare in alto fa presto a soffrire di vertigini.