L'orrore nascosto di Tuskegee, Alabama
Storia di uno degli esperimenti scientifici più disumani del secolo scorso
Primum non nocere. Prima di tutto, non nuocere. First, do no harm.
Questo è il principio cardine che viene insegnato in qualsiasi facoltà di medicina. Le scelte terapeutiche e i metodi diagnostici non devono deliberatamente recare un danno al paziente e gli effetti collaterali devono essere minimizzati. Tale principio è quello che segna il confine tra l’etica e la medicina e che va tenuto a mente per tutto il racconto di una delle storie più agghiaccianti che hanno segnato la medicina americana e che proprio alla fine del Black History Month ho deciso di raccontarvi per First Aid.
Non molti nel nostro Paese sono a conoscenza dello studio sulla sifilide di Tuskegee, ricordato negli States come uno dei più ignobili della storia medica statunitense. Eppure è un momento talmente segnante e la cui eredità pesa ancora come un macigno che va ricordato e raccontato. Si tratta di una storia pesante, piena di razzismo, disumanità e malafede, non facile da raccontare. Tuttavia, merita di essere condivisa, specialmente con chi vuole capire meglio gli Stati Uniti e certi ingranaggi che ancora oggi non riescono del tutto a sbloccarsi.
“Charlie, you’ve got bad blood”
Siamo nella Macon County, Alabama, e l’anno è il 1932. Lo US Public Health Service (UPHS), che si occupa di questioni pubbliche di sanità, dà il via a uno studio epidemiologico in collaborazione con l’Università di Tuskegee per studiare gli effetti della sifilide.
La sifilide è una malattia sessualmente trasmissibile causata da un batterio che si sviluppa a diversi stadi e che può manifestare diversi sintomi, anche neurologici. Se non curata, la sifilide a stadio tardivo può causare la morte del paziente. All’epoca era un serio problema epidemiologico: le cure erano poco efficaci e altamente tossiche, senza contare che il batterio responsabile, il Treponema pallidum, era stato scoperto nei tessuti dei pazienti solo nel 1905. Per una vera e propria cura, la penicillina, bisognerà aspettare il 1947.
Tornando a noi, proprio per l’enorme problema che la sifilide rappresentava, nel 1928 era stato condotto uno studio retrospettivo a Oslo sulle manifestazioni della malattia non trattata in pazienti bianchi. Cosa significa però “studio retrospettivo”? Si tratta di uno studio che prende in esame dati raccolti in precedenza, in una determinata coorte e per un limitato periodo di tempo, e che vengono messi insieme per giungere a una conclusione osservazionale. Lo studio avviato a Tuskegee invece era prospettico: significa che per un limitato periodo, i ricercatori seguono il paziente dal suo reclutamento, nel trattamento e per quello che in gergo chiamiamo follow-up, il “dopo”, per capire effetti (anche avversi) e raccogliere dati. Inizialmente quindi lo studio doveva durare solo sei mesi e osservare una serie di patologie riconducibili alla sifilide sulla popolazione di Macon County.
Tuttavia, la fase di reclutamento dei pazienti dava già un’idea dei preconcetti comunemente accettati dalla comunità medica dell’epoca: si pensava che gli effetti e la predisposizione alla sifilide fossero legati alla razza del paziente. Nello specifico, si credeva che i bianchi fossero più predisposti ad avere effetti sul sistema nervoso centrale, mentre la popolazione nera sul sistema cardiocircolatorio, sottolineando quindi l’assurda credenza che il corpo umano di un bianco fosse diverso da quello di un afroamericano, dove quest’ultimo soffre di una supposta inferiorità. Si pensava poi erroneamente che la popolazione nera fosse più propensa a contrarre la malattia per il comportamento promiscuo e lussurioso, oltre ad avere più resistenza al dolore. Insomma, nelle parole del Dottor Taliaferro Clark, ideatore dello studio di Tuskegee, Macon County, con la sua maggioranza di popolazione afroamericana, era perfetta.
Come cavie da laboratorio
Vennero reclutati 600 sharecroppers (mezzadri) afroamericani di sesso maschile; 399 di questi avevano una sifilide latente e 201 invece, non infetti, vennero usati come gruppo di controllo. I metodi utilizzati per convincere i partecipanti a restare nello studio furono molto discutibili già in partenza: gli uomini vennero convinti con false promesse di cure gratuite, oltre che la diagnosi ingannevole di “bad blood”, il “sangue cattivo”, termine che veniva usato per indicare varie condizioni. All’epoca esistevano già tecniche diagnostiche specifiche per la sifilide tramite un prelievo ematico e i testi di medicina raccomandavano di trattarla il prima possibile poiché il paziente sarebbe andato incontro a conseguenze molto gravi. Prima dell’arrivo della penicillina, il trattamento d’elezione per la sifilide era il Salvarsan (arsfenamina o 606), conosciuto anche come il primo farmaco chemioterapico. Era un farmaco a base di arsenico scarsamente tollerabile. I pazienti dello studio di Tuskegee furono inizialmente trattati dopo otto mesi con queste medicine, oltre che con unguenti al mercurio e il bismuto, ovviamente con scarsi effetti benefici e un’alta tossicità. Per il resto dello studio, i medici ingannarono i pazienti amministrando placebo (facendoli passare per cure effettive), occultando le diagnosi e non informandoli della loro reale condizione. Addirittura venivano eseguite delle pratiche diagnostiche dolorose come i prelievi lombari (rachicentesi) facendole passare come una terapia. Neanche con l’arrivo della penicillina ai pazienti fu permesso di curarsi passando per i programmi federali; con l’inganno venivano costretti a rimanere sotto lo studio, sfruttando la loro vulnerabilità, scarsa alfabetizzazione e insicurezza sulle sorti della propria malattia. Alcuni di loro (256 pazienti infetti), allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, vennero coscritti nell'esercito, ma come positivi alla sifilide ricevetterò l’ordine di curarsi prima di partire per il fronte. I medici li costrinsero a non curarsi e quindi a non partire.
Un orrore troppo lungo
Vi ho raccontato qualche riga più su che lo studio doveva durare solo sei mesi. Invece, lo studio sulla sifilide di Tuskegee durò dal 1932 fino al 1972, esattamente 40 anni di orrore.
Le opposizioni da parte di altri studiosi, citando la mancanza di etica dello studio, c’erano. Addirittura molti scrissero direttamente agli autori, non ricevendo mai risposta, mentre questi continuavano a pubblicarne i risultati senza alcun problema. Fu solo nel luglio 1972 che la storia uscì sul Washington Star in prima pagina, grazie alla testimonianza di Peter Buxton, un ispettore di pubblica sanità che già nel 1966 aveva provato a bloccare lo studio, venendo ignorato. Altri importanti quotidiani come il New York Times seguirono, così come udienze al Congresso e indagini in seno all’UPHS e ai CDC. Nel 1972 solo 74 dei pazienti reclutati erano ancora vivi: dei 399 positivi 28 erano morti di sifilide, 100 per complicanze correlate, 40 delle loro mogli erano risultate infette e 19 dei loro figli erano nati con sifilide congenita.
Nel 1973 Fred Gray, avvocato per i diritti civili che difese anche Rosa Parks, intentò un'azione legale collettiva per conto degli uomini coinvolti nell’esperimento, vincendola, con una riparazione di 10 milioni di dollari e la promessa del governo di fornire cure gratuite e sepoltura ai sopravvissuti. Nel 1974 il Congresso passò una legge che regolava la ricerca nazionale e si creò l’Office for Human Research Protections (OHRP), con lo scopo di supervisionare tutti i trial clinici.
Per delle scuse ufficiali da parte del governo federale si dovrà aspettare fino al 1997, anno in cui il Presidente Bill Clinton fece un discorso durante una cerimonia ufficiale a Washington in presenza dei sopravvissuti: «Possiamo porre fine al silenzio. Possiamo smettere di voltare la testa dall'altra parte. Possiamo guardarvi negli occhi e dire finalmente, a nome del popolo americano, che ciò che ha fatto il governo degli Stati Uniti è stato vergognoso, e me ne scuso. Ai nostri cittadini afroamericani, vi chiedo perdono se il nostro governo federale ha orchestrato uno studio così chiaramente razzista».
L’eredità più pesante

Oggi gli studi scientifici sono controllati. I partecipanti devono firmare un consenso informato e sono consapevoli di qualsiasi cosa li riguardi, dalla diagnosi ai risultati dei test, in modo trasparente. Tuttavia, l’ombra di Tuskegee è ancora presente. Una macchia così difficile da far andare via che riflette il razzismo sistemico che purtroppo negli Stati Uniti esiste ancora. Tale consapevolezza da parte delle persone BIPOC (Black, Indigenous and people of colour) si riflette anche nel contesto medico. Tuskegee è una storia dell’orrore, dove quel confine tra etica e medicina si è spaccato in nome - secondo quanto dicevano i medici coinvolti - del bene superiore, della scienza e del progresso umano. Tuskegee è anche uno dei motivi per cui c’è una generale poca fiducia da parte delle persone POC nei confronti della medicina e della scienza, come hanno dimostrato i dati degli anni ‘80 durante la crisi dell’HIV e la scarsa partecipazione vaccinale durante la pandemia di COVID-19. La paura di finire di nuovo vittime di esperimenti disumani ha dato adito a false credenze e fake news che hanno creato sfiducia e confusione. Tuttavia, le persone POC hanno più fiducia nel lavoro degli scienziati, seppur con qualche riserva, come sottolineato in un report di Pew Research di due anni fa. Come è emerso da un altro sondaggio poi, la storia di Tuskegee è viva nella memoria della comunità POC e meno conosciuta da parte dei bianchi1.
Come scritto in un articolo del 2022 apparso sul American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine2, casi come Tuskegee vanno analizzati a fondo e si deve fare una riflessione approfondita perché la storia non si ripeta più e, nelle parole di Herman Shaw, uno dei sopravvissuti di quell’orrore, «non è mai troppo tardi per ricostruire fede e fiducia» soprattutto nella scienza medica che, anche nelle situazioni estreme, può salvarci la vita, senza farci del male.
Katz RV, Kegeles SS, Kressin NR, Green BL, James SA, Wang MQ, Russell SL, Claudio C. Awareness of the Tuskegee Syphilis Study and the US presidential apology and their influence on minority participation in biomedical research. Am J Public Health. 2008 Jun;98(6):1137-42. doi: 10.2105/AJPH.2006.100131. Epub 2007 Sep 27. PMID: 17901437; PMCID: PMC2377291.
Tobin MJ. Fiftieth Anniversary of Uncovering the Tuskegee Syphilis Study: The Story and Timeless Lessons. Am J Respir Crit Care Med. 2022;205(10):1145-1158. doi:10.1164/rccm.202201-0136SO