La One Big Beautiful Bill di Trump attacca (anche) i diritti riproduttivi
Con una norma finanziaria, Trump è riuscito a ottenere il tanto agognato definanziamento di Planned Parenthood, la più grande organizzazione per i diritti riproduttivi degli USA.
Cosa ha a che fare uno spot social per promuovere la maxi norma di bilancio dell'Amministrazione Trump, la One Big Beautiful Bill (OBBB), con la rappresentazione delle donne statunitensi e del loro ruolo di genere? Tutto, basta guardarlo.
La legge, che va a prorogare i radicali tagli fiscali risalenti al primo mandato di Trump - impattando, tra le altre cose, la sanità statunitense - è stata promossa optando per precise scelte comunicative. Una di queste ha visto la rappresentazione di donne dall’aspetto marcatamente anni Sessanta, a riecheggiare quelli che per l’Amministrazione Trump devono evidentemente essere stati i gloriosi decenni di un'America ancora non travolta dai principi femministi di libertà e autodeterminazione - contro cui il Presidente e la sua base elettorale lottano senza soluzione di continuità.
Una linea comunicativa che si esaurisce ai canali della Casa Bianca e del Presidente o che interseca, in qualche modo, anche il contenuto della norma? Purtroppo per i diritti riproduttivi delle donne statunitensi, la seconda. La One Big Beautiful Bill, infatti, riporta materialmente le cittadine di tutto il Paese negli anni Sessanta, prima di Roe v. Wade, e prima che la lotta per la liberalizzazione dei diritti riproduttivi prendesse forma nazionale.
La scelta di definanziare Planned Parenthood, la più grande organizzazione negli Stati Uniti impegnata sul fronte della tutela del diritto all’aborto e della salute sessuale e riproduttiva, è una mossa politica che si inserisce in una precisa strategia reazionaria di lungo corso, che non deve i suoi natali a Trump, il quale si trova semplicemente nella fortunata posizione di raccogliere consenso su anni di battaglie che non ha condotto e forse non l’hanno realmente mai interessato ideologicamente, se non in termini di mera popolarità.
Tagliare i fondi a Planned Parenthood tramite la OBBB, secondo la Presidente e CEO dell’organizzazione pro-choice Alexis McGill Johnson è un “subdolo tentativo dei legislatori di negare definitivamente l'accesso all'aborto e ad altre forme di assistenza sanitaria riproduttiva in tutto il Paese. Quasi 200 centri in 24 Stati sono a rischio di chiusura e la stragrande maggioranza delle sedi di Planned Parenthood che potrebbero chiudere forniscono assistenza all'aborto. I legislatori sanno che in questo modo si toglierà l'accesso all'aborto, oltre che a sistemi di controllo delle nascite, agli screening del cancro e ad altre cure sessuali e riproduttive”.
La prospettiva che le cliniche a oggi operative negli Stati democratici saranno costrette a chiudere, non garantendo più accesso ai servizi abortivi, ha portato diversi sostenitori del diritto all’aborto a definire la One Big Beautiful Bill come, in realtà, un divieto di aborto fatto approvare subdolamente, considerando che Planned Parenthood gestisce il 38% degli accessi alle interruzioni volontarie di gravidanza in tutti gli Stati Uniti.
Il definanziamento dell’organizzazione per un anno intero si è raggiunto tramite i gravosi tagli operati, sempre tramite la OBBB, al programma federale sanitario Medicaid, il quale è previsto perda circa 1.000 miliardi di dollari di finanziamenti federali nei prossimi 10 anni, e anche in questo caso sono principalmente le donne a pagarne le conseguenze. Nello specifico caso dell’attacco mirato a Planned Parenthood, la norma fiscale va a proibire alle cliniche che forniscono anche servizi abortivi - seppur finanziati privatamente - di ricevere fondi Medicaid per qualsiasi altro servizio offerto che non abbia a che fare con l’interruzione di gravidanza. Ciò significa, più chiaramente, che a qualsiasi donna titolata ad accedere al programma Medicaid, verrebbe impedito di rivolgersi a Planned Parenthood per servizi come gli screening per le malattie sessualmente trasmissibili (MST), i Pap test, o anche per cure prenatali. Un impatto incommensurabile se si considera che l’ottantacinque percento delle persone attualmente supportate a livello sanitario da Medicaid riceve contraccettivi proprio da Planned Parenthood.
Un cerchio conservatore che si chiude dopo le grandi vittorie incardinate a partire dagli anni Settanta: è dai tempi dell’Hyde Amendment, infatti, che negli Stati Uniti è illegale utilizzare fondi federali per coprire le spese legate alle interruzioni di gravidanza, a esclusione di casi di gravidanze rischiose per la sopravvivenza della donna o originatesi da episodi di stupro o incesto. Emendamento che già Trump aveva provveduto a rinforzare con uno degli Ordini Esecutivi con cui ha inaugurato il suo nuovo mandato, il testo degli anni Settanta ha da sempre cercato di trasmettere la concezione per cui il dovere di garantire alle cittadine statunitensi il diritto di scelta non è mai corrisposto a un dovere degli Stati, men che meno del governo federale americano, di fornire i mezzi finanziari per poter effettivamente accedere alla procedura.
L’Hyde Amendment non ha fatto altro che moltiplicare gli ostacoli finanziari gravanti sulle spalle delle donne povere, principalmente razzializzate, per cui gli elevati costi delle procedure abortive non hanno fatto altro che tradursi in un divieto di accesso all’aborto ancora prima che la Corte Suprema emettesse sentenze radicali come Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization.
Un taglio come quello introdotto dalla OBBB pone un punto quasi definitivo all’accesso - già minato - a percorsi di salute sessuale e riproduttiva economicamente accessibili. Planned Parenthood si è tempestivamente attivata per citare in giudizio l’Amministrazione Trump di fronte alla Corte Federale di Boston. La legge finanziaria, ritenuta incostituzionale, è stata criticata per avere il solo scopo “di attaccare e punire Planned Parenthood, che svolge un ruolo particolarmente importante nel dibattito pubblico sull'aborto”.
La causa intentata dall’organizzazione pro-choice non si limita a richiedere una dichiarazione di incostituzionalità della norma, ma si spinge a pretendere che venga ristabilito il finanziamento tramite Medicaid per quelle cliniche di Planned Parenthood che non forniscono accesso a interruzioni volontarie di gravidanza.
La parte della OBBB riferita a Planned Parenthood risulta, tuttavia, attualmente sospesa nella sua applicabilità per almeno quattordici giorni: l’intervento della giudice federale distrettuale Indira Talwani ha chiarito, soprattutto con riguardo al Dipartimento per la Salute e i Servizi Umani a guida Kennedy Jr., che al momento è necessario “prendere tutte le misure necessarie per assicurare che i fondi Medicaid continuino a essere erogati nei modi e nei tempi consueti a Planned Parenthood”. Il 21 giugno la giudice Talwani valuterà se prorogare la sospensione della disposizione “anti-scelta” contenuta nella OBBB o meno.
La maxi norma finanziaria, nelle sue aspirazioni evidentemente antiabortiste, si allinea perfettamente alla recente decisione 6-3 della Corte Suprema degli Stati Uniti d’America di permettere ai singoli stati di revocare i finanziamenti Medicaid all’organizzazione in quanto, tra i servizi offerti, vi possono essere anche quelli di interruzione di gravidanza.
Secondo Planned Parenthood, l’ordine esecutivo in discussione emesso dal Governatore della South Carolina, Henry McMaster, costituirebbe un divieto che “viola il diritto fondamentale e puramente personale di scegliere il proprio medico”. Secondo i dati forniti da CNN, un quinto dei residenti della South Carolina si appoggia attualmente al programma Medicaid, e Planned Parenthood gestisce ben due strutture nello stato, una situata a Charleston e una a Columbia.
Per quanto il centro della discussione fosse prettamente tecnico e riguardasse il diritto materiale della ricorrente, Julie Edwards, e di Planned Parenthood, di presentare un’azione legale contro la decisione dello stato di escludere l’organizzazione dalla ricezione di fondi Medicaid, il dibattito tra Giudici Supremi si è inevitabilmente spostato sulla natura dell’organizzazione per la salute sessuale e riproduttiva, in uno scontro diretto tra il Giudice conservatore Thomas e la Giudice liberale Brown Jackson.
Dalla Corte Suprema, al Senato, fino alla Casa Bianca non sembra essere rimasta una istituzione a difesa di Planned Parenthood, per cui si prospettano mesi - se non anni - difficili oltre che lo spettro della chiusura delle sedi dell’organizzazione storicamente impegnata in favore della salute sessuale e riproduttiva in tutto il Paese.