La Convention Repubblicana, giorno 3
Donald Trump è un bravo nonno, i Vance sono vestiti di blu e a Bush fischiano le orecchie
Se ieri avevamo scritto che la vecchia guardia del Partito Repubblicano, le cui teorie economiche e di politica internazionale avevano governato il partito fino al 2016, non si era vista a questa convention, nella terza serata di riunione del partito a Milwaukee abbiamo capito perché: per loro non c’è più spazio.
Ieri sera si è presentato al pubblico americano JD Vance, Senatore per l’Ohio dal 2022, che ha accettato la nomina propostagli lunedì di essere candidato alla vicepresidenza degli Stati Uniti. Era un discorso particolarmente importante, perché Vance non è un politico famoso: per quanto molti possano conoscere il suo memoir del 2016, “Hillbilly Elegy”, con cui ha raggiunto una certa notorietà, aveva bisogno di una presentazione al pubblico.
Il discorso di Vance ha avuto due direttrici principali: il racconto della sua storia personale, di ragazzo povero del Midwest che è arrivato fino alle porte della Casa Bianca, e il racconto di come l’America è cambiata sotto i suoi occhi. Quello che si nota è che Vance odia la politica in modo viscerale, senza distinzioni tra i Partiti: quando dice che Biden negli anni ha reso gli Stati Uniti più deboli nel mondo non si riferisce a specifiche politiche del Partito Democratico, ma a un consenso unanime verso una visione di Paese schiacciata sulla globalizzazione propria di entrambi i partiti. Spesso si è riferito agli «insider di Washington corrotti», non facendo distinzioni tra i partiti. Ha criticato gli accordi di libero scambio, che hanno distrutto il lavoro manifatturiero negli Stati Uniti, ha detto che i politici sono venduti alle multinazionali, ha affermato che l’unica persona che ha ribaltato questa visione del mondo è stata proprio Donald Trump, che non a caso ha scelto un ragazzo di umili origini come suo vicepresidente.
Vance ha voluto concentrarsi sulla classe operaia, dicendo che torneranno buoni lavori e buoni stipendi, che non farà il gioco delle élite corrotte, ma dei ragazzi e ragazze del Midwest. Ha detto che i ragazzi andranno in guerra solo se necessario, un passaggio importante che strizza l’occhio a chi ha paura dell’isolazionismo: gli Stati Uniti smetteranno di intervenire negli affari degli altri, ma saranno comunque pronti a difendere il loro Paese se dovesse accadere. Non ha tra l’altro mai nominato l’Ucraina; un punto che in Europa aspettavamo con ansia, conoscendo le posizioni anti-aiuti di Vance. Il fatto che non ne ha parlato non è rassicurante per le condizioni ucraine, che in una presidenza Trump dovranno probabilmente ricalibrare i loro sforzi. Vance ha infine chiuso dicendo che non si scorderà mai da dove è venuto, di essere una persona nata dal basso che vuole governare per le persone che stanno in basso.
Si possono dire tante cose su questo discorso: tra tutte, che una piattaforma economica con alti dazi doganali e taglio di tasse sul reddito sembra essere il modo peggiore di combattere per la classe operaia, che spesso ha redditi talmente bassi da non pagarvi sopra tasse e si vedrebbe aumentato il costo dei prodotti. Al netto di cosa si pensi del discorso e delle politiche di Vance, è importante notare che non è stato un discorso cattivo: in una convention dove si parla moltissimo di deportazione di illegali, di carneficine, di immigrati criminali, Vance si è presentato con un discorso più antielitario che anti migranti: come notato nel live del New York Times, alcuni passaggi potevano essere propri di un discorso di un Democratico, mentre i momenti cupi e, quelli sì, propri del mondo MAGA, venivano controbilanciati da un’idea di futuro ottimistica, quella che finora era mancata a questa campagna. Probabilmente Vance rappresenta il concetto di America First molto più di Trump, che comunque è una persona ricca che ha ereditato una certa fortuna fin da giovane. La scelta di Vance, da parte di Trump, è probabilmente quella di un passaggio di consegne, per chi dovrà rappresentare in futuro la classe dirigente del nuovo Partito Repubblicano.
Non va sottovalutato che Vance è giovane, e si vede: andava alle superiori quando è stato firmato il NAFTA, l’accordo di libero scambio tra Stati Uniti, Canada e Messico, e lo ha rimarcato. Joe Biden faceva politica da prima che Vance nascesse e come tale ha perso il contatto coi problemi delle nuove generazioni, secondo il candidato vicepresidente.
Durante la serata sono successe altre cose, che riassumiamo in ordine sparso: Kimberly Cheatle, direttrice del Secret Service, la guardia personale di presidenti ed ex-presidenti, è stata inseguita da un gruppo di Repubblicani, tra cui Marsha Blackburn, Senatrice del Tennessee, che l’hanno aggredita verbalmente per le falle occorse nell’attentato a Donald Trump.
Il modo di parlare di Trump durante la serata è stato diverso – e, permettendo il termine, strano – rispetto a come siamo abituati: l’ex-Presidente è stato umanizzato, sono state ricordate le sue doti di padre e nonno affettuoso più che le sue capacità politiche. A questo sono serviti i discorsi del figlio, Donald Trump Jr., e della nipote di diciassette anni, Kai Trump, che hanno cercato di mettere in luce in diretta televisiva gli aspetti sentimentali di un uomo che ha sempre cercato di dipingersi come un duro.
Un’ultima nota di colore: la moglie di Vance, Usha, che lo ha introdotto, si è presentata con un vestito lungo di colore blu, piuttosto insolito data la convention repubblicana, che si basa ovviamente su rosso e toni di rosso. Lo stesso Vance ha fatto il suo discorso con una cravatta blu.
La terza serata di Convention è andata. Con Jefferson seguiremo anche l’ultima, raccontandovi i momenti salienti e interessanti. Tireremo poi le conclusioni in una puntata esclusiva di Magic Minute questo sabato.