Il Racconto dell’ancella per il presidente Trump è diventato un tutorial da seguire
Negli Stati Uniti i diritti riproduttivi non sono mai stati così sotto attacco, e l'attuale amministrazione è il principale responsabile
In un’intervista del 2017, l’autrice Margaret Atwood commentava le fin troppe similitudini esistenti tra il suo Racconto dell’ancella e gli avvenimenti politici che destabilizzavano gli Stati Uniti, con il magnate Donald Trump appena insediatosi (per la prima volta) come quarantacinquesimo Presidente.
Nella sua distopia, in un non troppo futuro Nord America la Costituzione diventa carta straccia e le donne perdono qualsiasi tipo di diritto. Come commenta Atwood nell’intervista di allora per Entertainment Weekly, chi pensava – anche nella realtà – che si dovesse tornare a difendere l’assistenza prenatale, alla prima infanzia, al parto, all’aborto? “Ci saranno cadaveri per terra. È spaventoso”, ammoniva la scrittrice.
Arrivati al secondo mandato, non consecutivo, di Donald Trump, il Presidente sembra aver adottato il libro di Atwood come il perfetto manuale da seguire per annientare qualsiasi accenno ai diritti riproduttivi e piegare ogni donna allo stereotipo identitario di madre.
Andiamo con ordine: negare l’accesso all’aborto è, ormai da tempo, uno dei principali obiettivi della piattaforma reazionaria cui il Presidente fa riferimento. Dal suo insediamento lo scorso gennaio, alla Camera dei Rappresentanti è stata fatta una proposta di legge per il divieto nazionale di aborto, sono stati sospesi gli aiuti internazionali per i gruppi che si occupano di contraccezione e aborto, si è rimarcata l’impossibilità di utilizzare fondi federali per coprire le spese connesse alle procedure di interruzione volontaria di gravidanza (IVG) e si è tornati a discutere della costituzionalizzazione, tramite il XIV emendamento, del diritto alla vita sin dal concepimento.
Non solo: nel corso della prima settimana di mandato, il presidente Trump ha graziato chiunque fosse stato condannato per aver violato il Freedom of Access to Clinic Entrances (FACE) Act, una legge del 1994 introdotta con lo scopo di proteggere tanto le cliniche abortive quanto i pazienti, vietando minacce e ostruzione fisica. Atto rafforzato a distanza di poche ore da una nota del Dipartimento di Giustizia trumpiano, volta a limitare qualsiasi procedimento giudiziario per le persone accusate di aver violato il FACE Act.
Chi lavora nel campo della tutela dei diritti riproduttivi sa che l’informazione corretta, scientificamente supportata e laica è un tassello fondamentale del proprio operato, ed è per questo che a poche ore dal giuramento del presidente Trump la piattaforma governativa tanto voluta dall’amministrazione Biden, reproductiverights.org, è stata disattivata. Informazioni governative, ufficiali, su come accedere alla procedura abortiva e su come tutelare la propria salute sessuale e riproduttiva non sono, pertanto, più disponibili.
È possibile prevedere i prossimi passi dell’amministrazione Trump? Secondo l’esperta Mary Ziegler sono due i fronti da monitorare: quello rappresentato dall’aborto farmacologico – risulta complesso poter anticipare se Trump revocherà l’approvazione del mifepristone da parte della Food and Drug Administration (FDA) o procederà con un “semplice” roll back delle politiche di telemedicina portate avanti dall’amministrazione Biden – e quello rappresentato dall’attivazione delle leggi Comstock del XIX secolo, che permetterebbero di vietare la spedizione postale del mifepristone.
A permettere all’amministrazione Trump di presentarsi dalla parte delle madri di tutto il Paese (e sicuramente non dalla parte delle donne che vogliono abortire), il recente ordine esecutivo con cui si cerca di facilitare l’accesso alle procedure di fecondazione in vitro (FIVET). L’auto-proclamatosi “padre della FIVET”– che ha poi ammesso di aver appreso in cosa consista la procedura solo recentemente – ha dichiarato di essere l’unico a saper mantenere le promesse elettorali. Il suo ordine esecutivo demanda all’amministrazione l’obbligo di formulare raccomandazioni per ridurre i costi di accesso alla procedura. Eppure, l’atto non cambia concretamente alcuna politica sanitaria e non influisce in alcun modo sui costi previsti dalle compagnie assicurative.
Secondo un sondaggio del 2024, negli Stati Uniti una donna in età riproduttiva su dieci ha fatto ricorso a forme di assistenza per quanto riguarda la propria fertilità, incluso l’accesso a procedure FIVET. Tuttavia, la scarsa copertura assicurativa rappresenta un limite e un ostacolo per un sistema di salute sessuale e riproduttiva più equo.
Secondo Barbara Collura, presidente e CEO dell’organizzazione no-profit RESOLVE, l’ordine esecutivo di Trump – ben accolto da tante donne, elettrici del Presidente, che hanno avuto a che fare con problemi di infertilità – è un prodotto di schizofrenia legislativa, in pieno contrasto con le legislazioni degli Stati a guida repubblicana che, continuando a normare rispetto alla “personalità fetale” ed equiparandola in toto a una persona adulta, adottano un linguaggio che ha serie implicazioni per i pazienti FIVET oltre che per le cliniche che offrono il servizio.
Non solo aborto e fecondazione in vitro, ma anche i percorsi di assistenza alla maternità risultano sempre più ostici per le donne degli Stati Uniti. Solo nell’ultimo anno, March of Dimes ha rilevato che oltre 5,5 milioni di donne statunitensi hanno sperimentato un accesso fortemente limitato o completamente negato alle risorse per l’assistenza alla maternità. È “il deserto dell’assistenza alla maternità”, come ha commentato i dati a propria disposizione il Guardian dopo aver osservato che più di un terzo delle contee statunitensi non ha alcuna struttura medica adatta al parto sul proprio territorio né servizi ostetrici disponibili.
Gli stati più manchevoli risultano essere il North e il South Dakota, l’Oklahoma, il Missouri, il Nebraska e l’Arkansas, tutti territori che alle elezioni presidenziali di novembre 2024 hanno contribuito alla veemente onda rossa che ha sancito la vittoria del ticket Trump-Vance. Le aree rurali, nello specifico, sono quelle maggiormente private di ogni forma di servizio e le conseguenze di una simile, desolante geografia ricadono principalmente su donne a basso reddito e identificabili come black, indigenous and people of color (BIPOC).
L’assenza di cure adeguate ed economicamente accessibili a tutela della salute sessuale e riproduttiva porta tanto a complicazioni quanto alla tragica possibilità di morire. Non è una novità: quei cadaveri per terra di cui parlava Atwood già nel 2017 fanno parte della ciclicità della storia femminile per cui interventi governativi concreti, preventivi ed emergenziali rimangono fondamentali. È chiaro che, se per l’amministrazione Trump 2.0 la priorità è rappresentata dal “difendere le donne dall’estremismo dell’ideologia gender” (per poi dichiarare che esistono solo due generi), vedere quei cadaveri stagliarsi all’orizzonte sarà davvero difficile.