Georgia Runoff 2022. Il ballottaggio negli Stati Uniti: un sistema razzista?
Un unicum esistente solo nel Peach State e in Louisiana, inventato per sopprimere il voto afroamericano.
Il 6 dicembre l’ultimo seggio del Senato ancora non assegnato avrà il suo legittimo proprietario: alle elezioni di Midterm dello scorso mese né il Senatore uscente del Partito Democratico, Raphael Warnock, né il suo sfidante, Herschel Walker, hanno ottenuto il 50% dei voti, rendendo necessario un ballottaggio. Solo gli Stati della Georgia e della Louisiana, entrambi ex-confederati e appartenenti alla grande regione del profondo Sud, usano questo metodo e le motivazioni vanno ricercate nel razzismo e nel tentativo di distruggere la rappresentanza della comunità afroamericana di quei luoghi.
Negli Stati Uniti il sistema elettorale più utilizzato è il plurality vote o sistema a maggioranza relativa: chi ottiene un voto in più rispetto a tutti i suoi avversari viene eletto alla carica designata, anche se il totale delle sue preferenze risulta inferiore alla maggioranza assoluta degli elettori. L’idea che le cariche che oggi consideriamo più importanti in uno Stato federato degli USA, vale a dire il Governatore e il Senatore, vengano scelte direttamente dai cittadini non risale agli albori della Repubblica; infatti, solo rispettivamente dal 1824 e dal 1913 si è passati da un’elezione di secondo grado demandata alle camere statali a un voto popolare, grazie all’approvazione del Diciassettesimo emendamento alla Costituzione.
Terminata la Guerra Civile, con la vittoria dell’Unione guidata dal Presidente Lincoln, e dopo il periodo tumultuoso della Ricostruzione, molti bianchi del sud capirono che per poter mantenere in vita un sistema basato sulla preservazione politico-sociale di una minoranza bisognava che questa costituisse un fronte politico estremamente compatto e che potesse eleggere rappresentanti favorevoli alle istanze della segregazione a tutti i livelli della macchina americana.
L’unico partito con reali possibilità di vittoria elettorale in Georgia, quello Democratico, istituì nel 1917 un sistema di voto per le elezioni primarie definito county unit system: il Peach State, come è soprannominata la Georgia per la sua produzione di pesche, era suddiviso in contee di tre tipi differenti: urbana, cittadina e rurale.
In un sistema di allocazione delle preferenze che richiamava quello dei grandi elettori per la Presidenza degli Stati Uniti, la vittoria di ogni contea del primo tipo garantiva sei punti, del secondo quattro e del terzo due. Il numero di queste era però eccessivamente sproporzionato: per otto contee urbane e trenta cittadine ce n’erano centoventuno rurali. In un’elezione questo implicava che vincere tre aree rurali che chiamavano al voto 7.000 cittadini bastava prevalere su una contea urbana da 500.000 aventi diritto. A uscirne con le ossa rotte erano chiaramente gli afroamericani, che vivevano massicciamente nelle aree urbane, e non avevano possibilità con questo sistema di far valere il loro possibile peso politico. Nel 1963 la Corte Suprema dichiarò questo metodo di voto incostituzionale perché ledeva il principio fondamentale che la preferenza di ogni persona deve valere allo stesso modo (one person, one vote).
Il passaggio al ballottaggio
A questo punto i legislatori della Georgia si trovarono di fronte alla necessità di scegliere un altro sistema che desse la possibilità di evitare la maggioranza relativa, che tutti temevano: il terrore più grande era quello di non riuscire a controllare il voto in quanto i bianchi avrebbero potuto dividersi nel sostegno a candidati differenti e i neri agire come un unico blocco compatto. L’idea del ballottaggio corse in aiuto: era molto difficile che, in uno scenario di divisione dello spettro politico, un candidato superasse la barriera del 50% +1.
Riproponendo quindi un runoff a due candidati, il voto bianco, disperso al primo turno, si sarebbe ricoalizzato superando la maggioranza relativa del candidato supportato già dall’inizio dalla totalità afroamericana. Per di più le minoranze, che storicamente subiscono sulla loro pelle la soppressione, diretta e indiretta, del diritto di voto, vanno convinte in modo più capillare a presentarsi alle urne e farlo due volte a brevissima distanza l’una dall’altra era un ulteriore vantaggio per chi si affidava alle preferenze di persone abituate ad andare a votare costantemente.
Dal 1963, anno in cui la Corte stralciò il county unit system, fino al 1966, solo le primarie democratiche si contendevano col sistema del ballottaggio. Alle elezioni per il Governatore del 1966, però, per la prima volta dopo decenni i candidati non erano tutti interni al partito Democratico, la fonte principale del potere in Georgia. Il candidato Repubblicano, Howard Callaway, riuscendo a costituire uno schieramento unito, ebbe la meglio sullo sfidante, il democratico Lester Maddox, con il 46,53% contro il 46,22.
I Democratici si appellarono però a una disposizione dell’emendamento costituzionale del 1824 che proibiva l’elezione di un candidato che non avesse ottenuto la maggioranza assoluta dei voti, rinviando alle camere statali la nomina del Governatore: essendo queste a maggioranza assoluta Democratica, nonostante avesse perso il voto popolare, fu Maddox a occupare la Governor’s Mansion, l’edificio dove il Governatore di uno Stato risiede con la sua famiglia. Questa difficoltà accelerò la scelta dello stato di affidarsi al ballottaggio per le elezioni di tutti i livelli.
Gli sviluppi più recenti
Nel 1990 il Dipartimento di Giustizia iniziò una causa per combattere il runoff, in quanto aveva un effetto di soppressione sulle dinamiche del voto degli afroamericani; si implicava anche una possibile violazione del Voting Rights Act, il disegno di legge del 1965 firmato dal Presidente Lyndon Johnson che doveva terminare le discriminazioni nell’accesso al voto dei cittadini americani.
Dal 1966, anno in cui il ballottaggio è stato istituito, fino al 2021, anno in cui, contro ogni pronostico, Raphael Warnock sconfisse la candidata trumpiana Kelly Loeffler, nessun afroamericano aveva mai vinto un’elezione statale in Georgia. Se analizziamo poi la situazione odierna molte associazioni che si occupano di preservare il diritto di voto contestano il disegno di legge SB202, firmato l’anno scorso dal governatore Brian Kemp, rieletto a novembre, che, per quanto concerne il ballottaggio, abbatte il tempo che intercorre tra la prima e la seconda elezione (da 9 a 4 settimane) e termina la registrazione per poter votare al runoff il giorno prima delle elezioni generali, il 7 novembre.
Come precedentemente notato, condensare il tempo che le persone hanno per esprimere il voto rende più difficile la mobilitazione delle minoranze, che hanno bisogno di più motivazione per andare a votare.
Nonostante quanto detto, il sistema del ballottaggio, con tutte le storture determinatesi fin dalla sua nascita, non è in discussione e il fatto che a contendersi il seggio oggi siano due esponenti della comunità afroamericana, per quanto con posizionamenti opposti su tutti i principali temi che agitano l'elettorato quest’anno, ritarderà ancora delle franche discussioni sul perché sistemi di voto risalenti al periodo segregazionista e costituiti per demolire scientificamente un blocco favorendone un altro, possano essere ancora decisivi nel determinare chi la Georgia manderà a rappresentare i suoi interessi a Washington.