Il football NCAA alla resa dei conti: quattro settimane di passione
Maturato il successo di Alabama nella Southeastern Conference, è tutto pronto per la post-season collegiale: chi si aggiudicherà il titolo della Division I di quest'anno?
Ammettiamolo, non servivano doti divinatorie per individuare in Alabama la favorita del campionato di football NCAA, come abbiamo fatto su Gambit a inizio settembre. Ma ci è mancato un pelo che non andasse così. Riavvolgiamo il nastro su cose magari già scritte, consapevoli che talvolta ripetere giova: la migliore del campionato universitario sarà la vincente di un playoff a quattro, giocato dalle squadre designate da un comitato di saggi al termine di una stagione regolare da dodici/tredici partite.
Siccome sono 132 le università eleggibili per il titolo, quelle della Division I, è chiaro che la scelta non è data da un impossibile tutti contro tutti, ma dal numero di vittorie combinato con la difficoltà del calendario. Funziona così: delle dodici partite quattro si disputano con avversari a piacere (solitamente seguendo una logica fatta di un mix tra sport e marketing), le altre invece sono interne alle diverse Conference in cui le 132 università sono divise; le migliori due di una Conference si giocano la finale (tredicesima partita). Fine della parentesi Wikipedia.
Quest’anno, contrariamente a quanto succede di solito, non ci sono stati dubbi e le magnifiche quattro sono chiare:
Alabama
Michigan
Georgia
Cincinnati.
Alabama e Georgia
La strada attraverso la quale i Crimson Tide (questo il nickname di Alabama, al link trovate la storia) hanno concluso la stagione da primi del ranking, come anticipato, è stata tutt’altro che lineare. Squadra eccellente, ci mancherebbe, ma sconfitta una volta a sorpresa da Texas A&M, ha rischiato moltissimo con Auburn, battuta dopo quattro supplementari.
Avessero perso, fine dei sogni playoff: una regola non scritta ma sempre seguita è che un’università battuta due volte non può giocarsi il titolo. Non è finita qui. Che la seconda sconfitta per Alabama arrivasse alla finale di Conference, lo davano in molti per probabilissimo.
A giocarsi il titolo della SEC (Southeastern Conference) con Alabama c’era Georgia, fino a quel momento numero uno del ranking, imbattuta. Ha vinto Alabama, passando dalla probabile esclusione al top nel giro di un unico match, giocato ovviamente molto bene. Georgia però è stata tutto l’anno troppo forte per non essere inserita nel novero delle quattro, ed eccola al terzo gradino del ranking.
Michigan e Cincinnati
Michigan è da parecchi anni che insegue i playoff a quattro, almeno dal 2014, quando l’università ingaggiò coach Jim Harbaugh richiamandolo dal campionato professionistico. Lì era arrivato a giocarsi (e perdere contro i Baltimore Ravens allenati dal fratello John) un Superbowl con i San Francisco 49ers, facendo comunque un ottimo lavoro nei quattro anni vissuti nella Baia del Golden Gate.
Le aspettative per il coach più pagato nella storia del college football sono state altissime, ma tra 2015 e 2020 tutto sommato disattese. Fino al 2021, anno del riscatto: intendiamoci, già giocare i playoff è una gran cosa, se poi li dovesse vincere probabile che lo chiameranno leggenda. È stato un cammino scintillante, messo in discussione dalla sconfitta contro Michigan State, in quello che noi chiameremmo derby e di là dall’Atlantico si definisce invece “Grande Rivalità”. I saggi hanno stabilito che Michigan merita il numero due, niente da obiettare.
Manca la numero quattro, Cincinnati, e quella sì che è una sorpresa. O meglio, più che una sorpresa perché si sapeva fossero davvero forti, è una novità. Perché è la prima volta che un’università della American Athletic, una Conference giudicata minore, arriva tra le magnifiche quattro. Come hanno fatto? Semplice, non perdendo mai: unica squadra imbattuta della stagione, ma considerata non degna di essere presa in considerazione per il primo posto perché ha avuto un calendario troppo facile.
Ecco servito il calendario: il 31 dicembre semifinali Alabama-Cincinnati (i bookmaker, che con le scommesse si arricchiscono, dicono sia favorita la prima), Michigan-Georgia (favorita la seconda). Chi vincerà? Le scommesse non mi interessano, i pronostici sì: scrivo Alabama-Georgia per la finale dell’undici gennaio, vince Georgia.
E gli altri?
Scritto delle prime quattro, e tutto il resto? Tutto il resto è bowl. Fino a qualche tempo fa, il titolo se lo giocavano in due soltanto, tutte le altre squadre protagoniste di una ottima/buona stagione andavano in scena per l’atto finale dell’annata, giocandosi tra inizio dicembre e inizio gennaio uno dei vari bowl organizzati in giro per gli States.
Si consentiva così a giocatori di Conference diverse di indossare, ancora una volta, il casco. E alle loro università di rimpinguare il conto in banca, ai loro tifosi di organizzare un viaggio all’insegna del turismo sportivo. Non erano tanti, questi bowl, e coinvolgevano solo poche squadre.
Il business di questi incontri di fine stagione è cresciuto, fino a raggiungere il ragguardevole numero di quarantaquattro. Ottantotto squadre su centotrentadue vengono dunque giudicate degne dell’opportunità di giocarsi la tredicesima/quattordicesima partita della stagione.
Non è scienza esatta o norma sempre rispettata, ma di solito sono le squadre che hanno vinto almeno sei partite su dodici. Sono quattro settimane di folle College Football, che per qualcuno valgono bene qualche giorno di ferie e un calco di natiche sul divano. Su chi sia quel qualcuno, un’idea almeno ce l’ho.
Per concludere: nel già citato articolo di presentazione della stagione avevamo menzionato tre università: di Alabama sappiamo, UCLA e Hawai’i sono andate bene, si giocheranno entrambe il proprio bowl.