Flash #70: in Colorado si cerca di preservare il diritto all'aborto
Da quando gli USA hanno dichiarato guerra al diritto all'interruzione volontaria di gravidanza, alcuni Stati hanno imparato a resistere più di altri

Da quando, nel giugno del 2022, Roe v. Wade è stata rovesciata restituendo piena libertà decisionale ai singoli Stati sul diritto all’aborto, le cinquanta legislazioni statali hanno agito in maniera disomogenea, ciascuna seguendo il percorso ideologico più vicino al proprio elettorato di riferimento per quanto concerne il vasto e complesso campo dei diritti riproduttivi.
Tra gli Stati che hanno deciso di resistere a una linea conservatrice e reazionaria dominante che vorrebbe vietare l’accesso all’aborto tout court – arrivando anche a conferire personalità giuridica al prodotto del concepimento –spicca il Colorado.
Lo Stato centrale, infatti, non si è limitato a tutelare il diritto all’aborto tramite l’Emendamento 79 alla Costituzione votato nel novembre 2024 – proprio in corrispondenza delle elezioni presidenziali che hanno visto il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca – ma, con il 62 per cento dei consensi, ha contestualmente autorizzato l’uso di fondi pubblici per coprire le spese relative ai servizi di interruzione volontaria di gravidanza; un’eccezione importante in un panorama federale che vede la pratica come eccessivamente costosa, anche per chi si trova sotto il programma federale sanitario Medicaid che, attualmente, copre i costi dei servizi abortivi solo quando necessari per salvare la vita di una donna, in caso di stupro o incesto. L’iniziativa elettorale, per l’appunto, ha abrogato la sezione 50 dell’Articolo V della Costituzione del Colorado, in vigore dal 1984, che vietava proprio l’uso di fondi pubblici per permettere l’accesso alla pratica.
Si tratta di un dettaglio importante, se si considera che la salute sessuale e riproduttiva, in Colorado, viene garantita a chiunque ne abbia bisogno, senza necessariamente essere residente nello Stato stesso e a fronte di altre legislazioni statali che stanno cercando in maniera sempre più crescente di limitare la possibilità dei propri residenti di accedere a servizi di interruzione volontaria di gravidanza in altri Stati.
Uno stato marcatamente leader nel campo dei diritti riproduttivi, dal linguaggio alle misure corollarie adottate per tutelare un libero e sicuro accesso alla pratica abortiva: i testi legislativi, infatti, fanno riferimento alle persone gestanti –aprendo, dunque, a tutte le persone trans e nonbinary – e arrivano a criminalizzare ogni tentativo di ostacolare consapevolmente l’ingresso o l’uscita da una clinica abortiva, oltre che l’avvicinamento non consensuale da parte di manifestanti anti-scelta se ci si trova nel raggio di 30 metri da una struttura medica impegnata nel campo della salute sessuale e riproduttiva.
Scelte politiche non senza conseguenze: l’aver reso il Colorado un porto sicuro per le persone che decidono di abortire, infatti, ha fatto sì che le stesse organizzazioni schierate per la tutela del diritto all’aborto iniziassero a percepire sempre maggiore pressione sotto l’amministrazione Trump nel tentativo quotidiano di garantire un diritto a residenti e non dello Stato centrale. Essendo il Colorado, infatti, accerchiato da Stati che vietano l’aborto, la domanda per i servizi di interruzione volontaria di gravidanza è inevitabilmente aumentata.
Melisa Hidalgo-Cuellar, direttrice del fondo a tutela dell’aborto Cobalt, ha recentemente riscontrato come l’organizzazione abbia dovuto adattarsi rapidamente per riuscire a soddisfare un’ampia richiesta di supporto proveniente da ogni parte degli Stati Uniti. Dall’aumento del personale al potenziamento della sicurezza digitale per tutelare i dati sensibili di chi accede al servizio, passando per la divulgazione di corrette informazioni, spesso ostacolate da Stati che hanno messo in campo misure restrittive.
Hidalgo-Cuellar ha, infatti, dichiarato che molte pazienti non dispongono di alcuna informazione rispetto all’assistenza finanziaria disponibile per le procedure abortive. Solo nel primo trimestre del 2025, Cobalt ha sostenuto spese per 306.000 dollari, aiutando le persone a coprire le spese di viaggio, alloggio e cura necessarie per accedere ai servizi abortivi: poco meno del 90 per cento di queste spese è andato a pazienti provenienti dal Texas.
Tra gli sforzi messi in campo anche quello della telemedicina, con cui le organizzazioni del Colorado stanno cercando di raggiungere persone gestanti lontane dallo Stato ma che necessitano di interrompere una gravidanza in corso.
Dato il panorama federale ostile al diritto all’aborto, la preoccupazione più grande per lo Stato del Colorado è attualmente rappresentata dalla possibilità di cause intentate dagli Stati ostili al diritto all’aborto contro le cliniche attive sul territorio centrale; una linea di azione politica e giuridica che metterebbe in seria difficoltà le pratiche riproduttive del Colorado, oltre che fin troppo affine alle progettualità repressive dell’amministrazione Trump, il cui chiaro obiettivo dal giorno zero è quello di “instillare la paura in chiunque cerchi assistenza per l'aborto e in chiunque aiuti chi lo cerca”.