Lo Stato chiave delle prossime Midterm: la Pennsylvania
Nella casa natale di Joe Biden si decide il futuro della sua presidenza e del prossimo Congresso. Uno sguardo alle tre elezioni più importanti, tra malati di cuore e complottisti.
C’è una costante nella politica americana che si chiama Midwest. In questa vasta area geografica a ovest di New York, storicamente considerata appunto la zona intermedia prima del Far West, si sono giocate le ultime 5 elezioni presidenziali americane e le prossime Midterm continueranno questa tradizione.
Lo Stato che potrebbe decidere le sorti del prossimo Congresso e cambiare la traiettoria della presidenza di Joe Biden è la Pennsylvania. È qui che lo scorso 1 settembre l’inquilino della Casa Bianca ha voluto pronunciare il discorso più aggressivo da quando è stato eletto Presidente degli Stati Uniti, definendo Trump e il movimento Make American Great Again «semi-fascista», parole che hanno attirato una pioggia di critiche anche dalla stampa mainstream.
Biden non solo è legato affettivamente alla Pennsylvania, essendoci nato e cresciuto, ma è consapevole del suo ruolo simbolico nella politica statunitense. Da Philadelphia, insieme a Boston, partì la rivoluzione americana, con il Primo congresso continentale. Sempre a Philadelphia, Biden organizzò il comizio con il quale lanciò la sua candidatura alla presidenza il 25 aprile 2019. Qui si respira la storia americana, ma soprattutto vive una popolazione che grazie ai suoi ben 20 Grandi Elettori ogni 4 anni diventa un obiettivo imprescindibile per qualunque candidato.
Dal Senato…
Quest’anno, in Pennsylvania si voterà come nel resto degli Stati Uniti, ma non saranno delle elezioni scontate. Si vota per rinnovare il seggio al Senato occupato dal Repubblicano Pat Toomey, che si congederà dopo 12 anni di servizio, in un’appassionante sfida tra il Vicegovernatore Democratico John Fetterman e il chirurgo Repubblicano Mehmet Oz.
Fetterman ha raggiunto la notorietà durante le ultime presidenziali che tennero col fiato sospeso milioni di persone in tutto il mondo. Nel corso di quella settimana frenetica, Fetterman apparì quotidianamente nei telegiornali americani offrendo preziosi aggiornamenti sullo scrutinio contestato da Donald Trump. Finire sul palcoscenico nazionale ha ampliato la reputazione del Vicegovernatore democratico, che si è guadagnato il soprannome di “Lieutenant Governor Stone Cold”, per la sua somiglianza fisica con l’ex wrestler Steve Austin.
Nel curriculum di Fetterman non c’è una lunga esperienza politica, in realtà. Eletto per la prima volta sindaco di Braddock nel 2006, ha ricoperto questa carica fino al 2019, quando è diventato vice di Tom Wolfe alla guida del Commonwealth. Braddock non è una metropoli, anzi, si tratta di un paesello di 1.000 anime fuori Pittsburgh, storico polo dell’acciaio diventato con la globalizzazione, suo malgrado, sinonimo di crisi. Braddock era una ghost town fino a quando Fetterman non è intervenuto per cercare di rivitalizzarla, catturando nuovi residenti suburbani.
Nei tredici anni di mandato alla guida di questa piccola comunità non sono tuttavia mancati episodi oscuri. Nel 2013 fu protagonista di un fatto di cronaca riemerso ora in seguito alla sua candidatura. In una gelida giornata di gennaio, Fetterman puntò una pistola carica contro un uomo nero accusato dal Primo cittadino di essere coinvolto in una sparatoria da cui stava fuggendo. L’inchiesta venne chiusa senza generare indignazione alcuna, ma l’evento è tornato a perseguitare Fetterman nei mesi precedenti all’infarto che nel maggio del 2022 lo ha colpito all’improvviso.
Un duplice interrogativo è piombato addosso al destino dell’ex sindaco di Braddock e attuale Lieutenant Governor della Pennsylvania: da un lato l’incomunicabilità con la comunità afroamericana che non gli ha perdonato i fatti di 9 anni fa, dall’altra la salute precaria, e su cui Fetterman non sembra sia stato così trasparente da quando ha avuto l’arresto cardiaco. Entrambi sono diventati strumenti legittimi nell’arsenale propagandistico dei suoi avversari. Inoltre, non va dimenticato un ultimo aspetto, tutt’altro che secondario: Fetterman non si è mai candidato per una carica così alta. Questo punto debole è stato sfruttato dal suo avversario alle primarie, Conor Lamb, che è al suo terzo mandato alla Camera in un distretto giudicato ostico per i democratici, e ha attaccato Fetterman anche per le sue posizioni più progressiste.
Ciononostante, i sondaggi prevedono una vittoria dei democratici in questa competizione che ha visto la partecipazione indiretta dell’ex Presidente Trump a sostegno del Dr. Oz in uno dei suoi soliti, ambitissimi endorsement. L’ex conduttore televisivo era stato preferito dal Tycoon durante le primarie rispetto a una lunga lista di pretendenti, poi ristrettasi all’imprenditore David McCormick, sconfitto per soli 1.000 voti da Oz.
Dall’inizio della campagna elettorale, Oz ha agito come se Trump fosse come un ingombro, arrivando addirittura a dire che se fosse stato Senatore nel 2020 avrebbe certificato l’elezione di Joe Biden. È stato inoltre scoperto che fino a poco tempo prima di annunciare la sua candidatura, Mehmet Oz era sempre stato residente in New Jersey. L’insicurezza potrebbe influire sul risultato di questa corsa, da entrambi gli schieramenti: riuscirà l’istrione Oz a rimontare sul “gigante buono” Fetterman?
Passando per la Camera…
Alla Camera, invece, gli esperti raccomandano di seguire il duello per l’Ottavo distretto tra il deputato Matt Cartwright e Jim Bognet, in una rivincita di quella che nel 2020 fu una lotta all’ultimo voto in cui prevalsero i democratici per poco più di 3 punti percentuali. Perché è così importante? Intanto perché l’ottavo distretto si estende dalla Scranton di Joe Biden, e poi perché è un collegio bellwether, un indicatore: dove qui sceglieranno di andare gli elettori, andrà il resto della nazione.
La partita è apertissima, ma i repubblicani potrebbero spuntarla, forti di un miglior posizionamento per la Camera rispetto al Senato, dove, secondo modelli e sondaggi, si profila una sconfitta di misura che fino all’inizio dell’estate sarebbe parsa una blasfemia.
Al governatore
L’ultima race da non perdere è quella per il Governatore. Anche per questo incarico, se la dovranno vedere due figure diverse da quella in carica: il Procuratore generale della Pennsylvania, Josh Shapiro (democratico), e il Senatore statale Doug Mastriano (repubblicano); e non potrebbero essere due personalità più discordanti.
Shapiro, di evidenti origini ebraiche, ha 49 anni e una laurea in legge a Georgetown. Non è un novellino, essendo stato eletto due volte Attorney General, nel 2016 e nel 2020, conquistando addirittura più voti di Joe Biden all’ultima tornata. Prima di venire eletto, Shapiro ha intrapreso un lungo percorso di militanza politica nel Partito Democratico di Montgomery County, una contea di quasi un milione di persone.
Moderato ma apprezzato da tutti, Josh Shapiro si è servito dell’attenzione a lui riservatagli dai media durante le scorse presidenziali, intestandosi – come Fetterman – la battaglia contro i repubblicani che hanno tentato vanamente di denunciare in tribunale i risultati elettorali. La sua è un’autentica guerra contro la “Big Lie” trumpiana, soprattutto per via del carattere istrionico del suo sfidante.
Doug Mastriano è il candidato del GOP. Bianco WASP (White Anglo-Saxon Protestant), 58 anni e 30 anni nell’esercito USA, Mastriano rappresenta grossomodo l’anticristo per i democratici. Nel 2021 partecipò all’assalto al Campidoglio ed è un discepolo di Donald Trump. Vicinissimo all’ex Presidente, nel 2020 venne ricevuto nello Studio Ovale dal POTUS in persona per discutere la strategia grazie al quale i repubblicani avrebbero dovuto, secondo loro, ribaltare l’esito delle elezioni. L’agenzia di stampa internazionale Reuters ha pubblicato una foto del parlamentare trumpiano all’Army War College in cui indossava la giubba grigia dell’esercito confederato.
Mastriano, per non farsi mancare nulla, crede poi nella teoria del complotto di QAnon ed è un fervente antiabortista: si è detto pronto a rendere illegale l’interruzione di gravidanza (secondo lui un «genocidio») dopo il primo battito del feto in tutto il territorio della Pennsylvania una volta eletto governatore. Eppure, nonostante questo stillicidio, nei sondaggi Mastriano ha un punto in più di Mehmet Oz.
Non è chiaro il motivo per cui gli elettori dovrebbero preferirlo, ma forse la base del Partito Repubblicano in Pennsylvania è molto più trumpiana di quanto si pensi. Un elemento che in passato avrà anche aiutato il GOP a vincere nel Midwest e che ora rischia di tramutarsi in un pericoloso boomerang. Se gli americani non possono bastonare l’amministrazione in carica – come di norma si verifica nelle elezioni di metà mandato –, ma vengono invece stimolati a votare in massa contro Donald Trump, si attiva un meccanismo che ha portato parecchia fortuna ai democratici nel recente passato: la coalizione che ha già trionfato alle ultime Midterm e ha consegnato la vittoria a Biden nel 2020 poggia proprio sull’opposizione al trumpismo.
La Pennsylvania potrebbe essere ancora una volta il banco di prova di un Partito Democratico in difficoltà, ma che sa approfittare, talvolta finanziandola perfino, della deriva oscurantista ed estremista del Partito Repubblicano. A risentirne, nondimeno, è la visione politica.
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