La grande bugia di Trump
Fenomenologia della Big Lie, la grande bugia hitleriana a cui si sono ispirati despoti e dittatori. E Donald Trump.
Non c'è dubbio che le elezioni presidenziali del 2020 siano state tra le più controverse della storia americana. È acclarato da numerosi organismi indipendenti che Joe Biden ha vinto le elezioni; tuttavia, molti repubblicani ritengono che le elezioni siano state manipolate. Il principale responsabile di questa credenza è lo stesso Donald Trump che, a seggi chiusi da pochissimo, gettò benzina sul fuoco del risentimento di destra, poi sfociato nell’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021.
Questa vicenda ha lasciato profonde crepe nella società americana. Per comprendere perché molti repubblicani credono alla disinformazione sulle ultime elezioni è imprescindibile avere ben presente come agisce e come ragiona Donald Trump, il cui avvento sul palcoscenico della politica americana ha portato a un acuirsi della polarizzazione dell’elettorato, in particolare di quello conservatore. Facciamo quindi un breve passo indietro.
Le precedenti elezioni e il Russiagate
L’elezione di Trump nel 2016 fu un terremoto per il mondo occidentale. Immediatamente dopo si fecero strada varie teorie su influenze straniere più o meno marcate che ne avevano agevolato l’ingresso alla Casa Bianca. Teorie che più si scavava a fondo e più diventavano solide.
L’accusa più popolare alla campagna di Trump consiste nel coinvolgimento del governo russo per fargli vincere le elezioni. Questo assunto si basa sul fatto che i funzionari della campagna di Trump si incontrarono con i russi prima e dopo le elezioni in circostanze molto sospette. Inoltre, Trump Jr. accettò di incontrare un avvocato russo che aveva promesso di fornire informazioni dannose su Hillary Clinton, la concorrente democratica per la corsa alla Casa Bianca.
A conti fatti non si può negare il legame tra l’entourage di Donald Trump e il governo russo. Per molti anni lo stesso Presidente ha cercato di costruire una Trump Tower a Mosca ed è coinvolto in altre operazioni immobiliari nel Paese. Trump ha anche manifestato più volte in passato la sua ammirazione per il Presidente russo Vladimir Putin, arrivando a definirlo superiore dell’allora Presidente Obama. Ha persino nominato nella sua amministrazione diverse persone con stretti legami con il governo russo.
Questo tema è stato ampiamente trattato dai media e ha creato una spaccatura nell'opinione pubblica. Molti si chiedono perché la campagna di Trump avrebbe avuto bisogno proprio del governo russo per vincere le elezioni: una possibile spiegazione sta nel fatto che la campagna Trump sperava di ricevere assistenza finanziaria, aiuto negli sforzi di propaganda, e il reperimento di informazioni riservate attraverso attacchi informatici, oltre che ottenere il coinvolgimento delle “fabbriche” di troll russe al fine di influenzare l’elettorato americano. Molte di queste cose si sono poi realizzate nel concreto.
Tutto ciò ha sollevato e continua a sollevare da parte dei suoi oppositori seri interrogativi sulla lealtà di Trump nei confronti degli Stati Uniti, critiche alle quali i suoi sostenitori sono del tutto impermeabili nonostante le evidenze emerse dalle indagini.
Lo scandalo Trump-Ucraina
L’impeachment di Donald Trump è stato uno dei più grandi scandali politici della memoria recente. È incentrato sul suo presunto abuso di potere e sull'ostruzionismo del Congresso: Trump è infatti accusato di aver fatto pressioni sull'Ucraina affinché indagasse sul suo rivale politico, Joe Biden, nel tentativo di danneggiare la candidatura di quest'ultimo infangandone l’immagine.
Al centro dello scandalo ci fu una telefonata di Donald Trump con il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky. La conversazione fu al centro di una denuncia di un informatore e l'accusa specifica è che Trump avrebbe fatto pressione su Zelensky affinché aprisse un'indagine sull'ex vicepresidente Joe Biden e sul figlio Hunter, che faceva parte del consiglio di amministrazione di una società energetica ucraina.
Il principale diplomatico americano presente a Kiev al tempo testimoniò che gli fu detto che gli aiuti militari all’Ucraina sarebbero stati subordinati solo al pubblico annuncio che Zelensky avrebbe aperto un’indagine su Biden e il figlio. Un vero e proprio ricatto per un tornaconto personale, fatto abusando del potere dovuto alla propria carica.
L’impeachment – che è un voto politico più che un processo – finì in un nulla di fatto: il Partito Repubblicano, nonostante le varie voci contrarie, rimase compatto e lo salvò nonostante le prove.
Il Red Mirage
Arriviamo quindi alle elezioni del 2020.
Fin da subito un Trump conscio di partire in severo svantaggio puntò sulla delegittimazione del voto sfruttando un fenomeno che gli analisti avevano ampiamente previsto, il Red Mirage: una falsa partenza che avrebbe visto il Presidente in forte vantaggio nelle prime fasi dello spoglio dei voti per poi ribaltarsi man mano che il conteggio fosse andato avanti. Questo fenomeno, che si è effettivamente realizzato, significò ritrovarsi all’inizio dello spoglio con una mappa per la maggior parte rossa, il colore del Partito Repubblicano.
Questo perché il conteggio dei voti è molto più rapido dove la concentrazione di popolazione è più bassa (in provincia, nelle zone montane, nelle zone rurali) di quanto lo sia nelle zone ad alta densità abitativa, come le grandi città o alcune contee ad alta densità abitativa.
Non a caso l’elettorato è spaccato esattamente in questo modo. Nelle zone rurali e in provincia hanno la meglio i repubblicani, mentre nelle grandi città e agglomerati i democratici. Si tratta di una dinamica ormai consolidata e rafforzata dallo spoglio dei voti per posta (preferito dagli elettori democratici per via della pandemia) effettuato solo dopo lo spoglio dei voti effettuati di persona al seggio (preferito dai repubblicani, su indicazione dello stesso Presidente in carica).
Questo è bastato a Trump per gridare al complotto e chiedere con insistenza e con svariate cause legali di bloccare il voto durante il conteggio, finché era ancora in vantaggio.
Le pressioni fatte hanno configurato un nuovo abuso di potere da parte del Presidente e del suo cerchio magico.
Le anomalie
Rintuzzato di continuo dall’ormai ex Presidente, il mondo repubblicano continua a discutere se le ultime elezioni siano state rubate o meno dai democratici. Alcuni americani conservatori ritengono che lo siano state, e ci sono alcune piccole evidenze a sostegno di questa affermazione.
Problemi alle macchine per votare sono stati segnalati in Pennsylvania, Georgia e Michigan. In Pennsylvania, alcune macchine hanno scambiato i voti da Trump a Biden. In Georgia, sono stati segnalati casi di macchine che non hanno contato correttamente i voti. In Michigan, infine, è stato segnalato che non funzionavano affatto. In Florida, Texas, Arizona ci sono state lunghe file ai seggi. Questo ha impedito ad alcuni di votare.
Rilevati anche problemi a identificare i votanti. In Georgia, le persone hanno dovuto aspettare ore per ottenere un nuovo documento d'identità. In altri Stati, come il Texas, le persone sono state respinte dai seggi elettorali perché non avevano il documento d'identità giusto.
Uno degli aspetti più controversi dell'elezione è stato l'uso delle schede elettorali inviate per posta. A causa della pandemia COVID-19, molti Stati hanno permesso agli elettori di votare in questo modo; tuttavia, Trump ha instillato di continuo il dubbio preventivo che questo avrebbe potato a frodi. Sono stati segnalati anche casi di smarrimento o ritardo delle schede per posta.
Tutte queste anomalie, sostenute dal confirmation bias pompato da Trump, hanno finito per rinforzare i sospetti di molti americani. Invece di operare per riaccogliere i suoi sostenitori all’interno del dialogo democratico con un approccio più razionale – dopotutto si tratta di ben sette milioni di voti, impossibili da ribaltare pur sommando le varie anomalie –, vari media ed esponenti dell’establishment dem hanno operato una comunicazione di rottura, bollandoli come estremisti e ottenendo l’effetto di far arroccare molti americani conservatori sulle proprie posizioni.
La figura di Trump, infatti, non è polarizzante solo per i repubblicani, ma anche per i democratici. Ci sono stati pregiudizi nei confronti dei sostenitori di Trump che andavano oltre la già grave realtà delle azioni del Presidente, eppure questo è bastato a molti elettori repubblicani per sviluppare delle convinzioni errate in merito alle elezioni, come vedremo più avanti.
La bugia come mezzo di propaganda
Donald Trump è stato accusato di aver mentito più di qualsiasi altro Presidente degli Stati Uniti nella storia. Infatti, secondo il Washington Post, Trump ha mentito o fatto dichiarazioni false più di trenta mila volte nei quattro anni di carica presidenziale.
La maggior parte delle bugie di Trump riguardano sé stesso, i suoi risultati o le sue politiche. Ad esempio, Trump ha ripetutamente affermato di aver avuto la più grande folla della storia all'inaugurazione, quando in realtà era una delle più piccole. Trump ha anche rivendicato il merito della solidità dell'economia, anche se l'economia stava già andando bene quando è entrato in carica.
Trump ha mentito sulle dimensioni del muro di confine, sul numero di crimini commessi dagli immigrati e sulla quantità di denaro che gli Stati Uniti danno agli altri Paesi. Come abbiamo visto in precedenza, Trump ha anche mentito sulla portata del suo coinvolgimento con la Russia e ha persino mentito sul meteo.
Le bugie di Trump hanno avuto conseguenze nella vita reale. Ad esempio, la falsa affermazione secondo cui milioni di persone avrebbero votato illegalmente alle elezioni del 2016 ha portato a una diminuzione della fiducia del pubblico nel sistema elettorale statunitense. Inoltre, l’aver affermato di aver visto «migliaia e migliaia» di musulmani nel New Jersey festeggiare gli attacchi dell'11 settembre ha alimentato l’odio verso la comunità islamica americana.
Anche le bugie di Trump sulla gravità della pandemia da coronavirus hanno portato a una diminuzione della fiducia del pubblico nella capacità del governo di proteggere i cittadini.
Le menzogne di Trump sono spesso facilmente sfatabili, ma hanno comunque un impatto significativo sul pubblico e hanno indotto molti americani a credere che la verità sia relativa, che sia lecito mentire se si trae un vantaggio personale.
C’è chi pensa che Donald Trump sia solo un bugiardo patologico, prigioniero delle sue bugie. Un’analisi più attenta ci dimostra però che la sua capacità di ribaltare la realtà è schematica, calcolata, scientifica.
La Big Lie
La Grande Bugia è un termine coniato da Adolf Hitler nel Mein Kampf e perfezionato dal gerarca nazista e ministro della propaganda del Fuhrer Joseph Goebbels. La tecnica consiste nel confezionare una bugia così «colossale» che nessuno potrebbe credere che qualcuno «possa avere l'impudenza di distorcere la verità in modo così infame». La Grande Bugia è stata utilizzata nel corso della storia da despoti e dittatori per controllare e manipolare le masse. Nel settembre 2020 lo stesso Joe Biden paragonò Donald Trump a Joseph Goebbels in merito all’utilizzo della tecnica della Big Lie.
Donald Trump, infatti, è avvezzo a sfornare bugie ad effetto e la sua strategia è sempre stata quella di creare una realtà alternativa (o fatti alternativi, come li aveva ribattezzati la sua storica spin doctor Kellyanne Conway), in cui i fatti non contano e a cui i suoi sostenitori avrebbero creduto.
Questo ha preparato il terreno per l'esempio più recente ed eclatante, la falsa affermazione secondo cui le elezioni presidenziali del 2020 sarebbero state truccate. Questa bugia è così grande ed è stata ripetuta così spesso, che molti americani ci credono, o quantomeno la reputano una seria possibilità.
Il pericolo della Grande Bugia è che può facilmente portare alla violenza. È quello che è successo negli Stati Uniti il 6 gennaio 2021, quando un gruppo di sostenitori di Trump, incitati dalle bugie del Presidente, ha preso d'assalto il Campidoglio nel tentativo di fermare la certificazione dei risultati elettorali. Una violazione dello spirito democratico delle elezioni come non si era mai visto prima, che per poco non si concretizzò in un vero e proprio golpe.
Fortunatamente, la Grande Bugia è stata smascherata e Trump è stato sottoposto a impeachment, pur senza un esito positivo. Tuttavia, il danno era stato fatto e la menzogna continuerà a essere ripetuta da Trump e dai suoi sostenitori.
La percezione degli elettori repubblicani
In un articolo su The Atlantic Sarah Longwell – direttore esecutivo del Republicans for the Rule of Law, uno dei principali gruppi politici repubblicani che si oppongono a Donald Trump – racconta la sua esperienza con i focus group e come gli elettori repubblicani hanno accolto la Big Lie trumpiana sulle ultime elezioni.
La maggior parte di loro non è composta da fan sfegatati senza alcun spirito critico, ma da persone normali, con i propri valori di riferimento e che si riconoscono nel GOP. Ciò non toglie che essi siano vittime inconsapevoli. Le testimonianze che riporta Longwell fanno spesso riferimento a persone a cui “non torna qualcosa”, piuttosto che a fan convinti in maniera acritica delle parole di Trump.
Per molti di loro il Red Mirage è stato più di un semplice fenomeno statistico. Sono andati a letto la sera con Trump in cospicuo vantaggio e si sono svegliati la mattina che aveva perso le elezioni. È bastato poco a Trump per sedimentare in loro l’idea che nella notte i poteri forti avessero rovesciato il voto popolare con il favore dell’oscurità.
Per molti di questi elettori la dura presa di posizione a base di fatti e prove da parte di molti media indipendenti contro la Grande Bugia di Trump ha addirittura rinforzato questa convinzione, piuttosto che smontarla. Come racconta Longwell, una signora è arrivata a dirle: «Ciò che mi ha convinto di più del fatto che le elezioni siano state truccate è stata la veemenza con cui hanno detto che non lo erano».
Il motivo di questa impermeabilità al raziocinio, ai fatti e alle prove sta nel fatto che queste persone sono immerse in echo chamber dove tutto conferma queste bugie. Dai media allineati come Fox News, ai giornali, agli algoritmi dei social che propongono solo ciò che l’utente vuole sentirsi dire, alla frattura sociale che porta a mantenere solo le amicizie di chi la pensa in modo omogeneo, il loro intero mondo non fa che confermare ciò che sostiene Trump.
La società americana non è mai stata così polarizzata e questo è un grande rischio per la tenuta democratica delle istituzioni. L’assalto al Campidoglio e le ultime sentenze della Corte Suprema in merito ai diritti civili sono la cartina di tornasole di un sistema che dopo più di due secoli appare decotto, e scricchiola in maniera inquietante.
Auguriamoci che regga ancora a lungo e soprattutto che abbia la forza di rinnovarsi.
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