Duck&Cover: come sopravvivere alla guerra atomica?
Un viaggio negli innumerevoli tentativi di preparazione a un futuro post-nucleare.
Immaginate un attimo di essere imbottigliati nel traffico di una metropoli della West Coast dopo una giornata di duro lavoro, al volante di una Studebaker nuova di zecca. L'unica fonte di distrazione dalla monotonia è un serial radiofonico a tema western sulle avventure dei Texas Rangers, scandito dal gracchiare della vostra autoradio ad onde medie. All'improvviso, il segnale s'interrompe. Girate la manopola, ma sentite soltanto statica, fino a che non arrivate alla frequenza 640. Un brivido vi sale lungo la schiena. Pochi minuti dopo, superato un ingorgo frenetico, parcheggiate la Studebaker ammaccata davanti al garage di casa.
Vostra moglie ha preparato abbastanza cibo in scatola per un paio di mesi, e per quanto la vostra cantina non sia confortevole come il rifugio antiatomico dei Jones, è in teoria abbastanza profonda. Vi rannicchiate in un angolo, con la testa stretta sotto le braccia, mentre il canale CONELRAD della radio di casa continua a gracchiare. Presto, sarà tutto finito.
Il concetto di civil defense, che in italiano traduciamo come protezione civile, approda negli USA all'indomani della prima guerra mondiale. Gli organi di civil defense, inizialmente nati per contrastare azioni di sabotaggio nemiche, adottano gradualmente una missione più ampia dedicandosi al contrasto di calamità naturali e, a partire dalla seconda guerra mondiale, a sensibilizzare la popolazione su come comportarsi in caso di bombardamenti nemici.
Tutto cambia negli anni '50, con l'intensificarsi della guerra in Corea contro le forze comuniste e l'arrivo delle prime bombe atomiche sovietiche. La possibilità concreta di un attacco nucleare su suolo americano porta l'amministrazione Truman prima e quella Eisenhower dopo a finanziare una miriade di agenzie e iniziative federali volte a ravvivare il concetto di civil defense, questa volta in chiave di preparazione e condizionamento della popolazione all'eventualità di una guerra atomica.
Prima dello sviluppo dei missili balistici intercontinentali (ICBM), il concetto di mutua distruzione assicurata (Mutual Assured Destruction - MAD) non era ancora diventato mainstream nei dibattiti sull'uso bellico delle armi atomiche. L'aspettativa era che, dopo una fase iniziale di bombardamenti nucleari per mano di velivoli a lungo raggio, gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica avrebbero combattuto una guerra convenzionale tra le macerie dell'Europa. In tale ottica era necessario preservare la quantità maggiore possibile di popolazione civile ed evitare l'evacuazione massiva delle città , che sarebbero diventati fulcri dell'economia bellica. I bombardieri potevano essere rilevati con un certo anticipo, permettendo una reazione veloce all'arrivo degli ordigni atomici.
Gli sforzi della Civil Defense si focalizzarono prima sull'istruzione dei cittadini a come reagire a un attacco atomico. Libretti come 'Survival Under Atomic Attack' consigliavano ai lettori di raggiungere scantinati, metropolitane e altri luoghi in profondità per tenersi a sicuro dallo scoppio dell'ordigno, ma anche di accumulare scorte di cibo e acqua per prevenire contaminazioni radioattive. Le bombe all'idrogeno introdotte verso la seconda metà della decade e il loro potenziale fallout radioattivo invalidarono molti di questi consigli, che erano stati a loro volta desunti dagli effetti dei bombardamenti atomici statunitensi su Hiroshima e Nagasaki.
Il materiale educativo interessava anche gli strati più giovani della popolazione. Nel cortometraggio Duck and Cover una simpatica tartaruga di nome Bert insegnava ai bambini di gettarsi a terra e coprirsi la testa in caso di un attacco atomico, sfruttando coperture come i banchi scolastici. Ben poca enfasi veniva posta sul fatto che queste precauzioni si sarebbero rivelate inutili per chiunque si fosse trovato nell'immediato epicentro di una detonazione atomica.
Come in altri prodotti degli anni 50, nel materiale di civil defense vengono ribaditi con prepotenza i rigidi ruoli di genere dell'epoca. Le donne, già casalinghe, dovevano tramutarsi in angeli del focolare atomico: infermiere, sarte e cambusiere per il marito e la prole. Dai bambini, e in particolare dai maschi coinvolti in programmi quali quelli dello scautismo, si aspettava una rapida maturazione: dovevano essere pronti ad affiancare i padri nella sopravvivenza, nella manutenzione del luogo di rifugio e nella ricostruzione post-bellica.
Sempre nello spirito della civil defense, l'amministrazione Truman mise in piedi il CONELRAD (Control of Electromagnetic Radiation), un sistema radiofonico che permetteva al governo federale di diffondere rapidamente trasmissioni d'emergenza in caso di un attacco atomico incombente. Durante un attacco atomico, le normali trasmissioni radiotelevisive sarebbero state sospese, lasciando in piedi soltanto le sequenze 640 e 1240 su cui CONELRAD avrebbe trasmesso messaggi d'allarme e indicazioni di sicurezza per la popolazione.
L'amministrazione Eisenhower tentò di sfruttare questo strumento nella realizzazione di una nuova strategia, che prevedeva l'evacuazione massiva delle città tramite il sistema di autostrade interstate edificato dalla nuova presidenza Repubblicana. Lo sviluppo dei missili intercontinentali, che caricavano potenti testate a idrogeno, aveva cambiato completamente il calcolo strategico: quasi tutti i grandi centri abitati erano dati per spacciati, e le speranze di sopravvivenza della popolazione americana risiedevano in una mastodontica operazione di sfollamento verso le zone rurali e teoreticamente meno intaccate dal fallout radioattivo.
Dopo un paio di esercitazioni plateali dalla dubbia efficacia, inclusa una durante la crisi dei missili cubani, l'amministrazione Kennedy accantonò i piani di evacuazione della precedente presidenza. Nelson Rockefeller, Governatore dello stato di New York e Repubblicano di estrazione moderata, convinse il Presidente a varare un piano nazionale per incentivare ogni famiglia americana a dotarsi di un fallout shelter, vale a dire un rifugio antiatomico progettato principalmente per proteggere gli occupanti dalle ricadute radioattive. Il governo americano iniziò a certificare e omologare le miriadi di rifugi privati già presenti sul territorio nazionale, incoraggiando anche la costruzione di grandissimi shelter nei piani sotterranei degli edifici pubblici e delle grandi fabbriche. L’idea di Rockefeller andò a sbattere contro lo scetticismo del grande pubblico: i rifugi costavano, non tutelavano comunque i loro occupanti dalla possibilità di un impatto diretto da parte di un ordigno atomico e, secondo alcuni teorici delle relazioni internazionali, aumentavano le probabilità di una guerra nucleare.
Con l’intervento americano in Vietnam, le paure dei cittadini statunitensi per un’ipotetica guerra nucleare si spostarono all’angoscia per le conseguenze dei sanguinolenti conflitti nel sud-est asiatico e alla paura di un’offensiva da parte delle forze marxiste portata avanti con mezzi ben più subdoli, come la controcultura delle proteste studentesche. La détente Nixoniana e i trattati SALT contribuirono ulteriormente alla diminuzione delle paure di una guerra nucleare, anche se non mancarono close-calls come quella del 1983 durante l’esercizio militare NATO ‘Able Archer’.
La cultura della sopravvivenza alla catastrofe nucleare è infine sopravvissuta alla stessa era atomica. L’olocausto atomico è soltanto una delle varie evenienze per cui i doomsday preppers continuano a prepararsi, che spaziano dal collasso climatico a cupe teorie di estrema destra che presagiscono future guerre razziali.