L'intelligenza del nemico: il Progetto Venona
La storia di un piano ideato nella guerra fredda per decrittare i cablogrammi sovietici inviati negli anni '40
Quando pensiamo alla guerra fredda, il nostro immaginario si sposta spesso sull’opaco mondo dello spionaggio e alla vasta produzione letteraria e cinematografica che ruota intorno a questo tema, dai romanzi di Le Carrè, ai fortunati film di 007 della britannica Eon Productions. La spy story che vi stiamo per raccontare è profondamente diversa: non ci sono smoking, Martini dry e fughe rocambolesche su macchine modificate, ma solo un solido quanto testardo lavoro matematico e linguistico, che finirà tuttavia per scoprire una vasta cospirazione ai danni degli Stati Uniti, quasi accidentalmente. Questa è la storia del Progetto Venona.
Project Venona nasce ufficialmente nel 1943. La guerra infuriava ancora in Europa e il colonnello Carter Clarke, ufficiale dell’intelligence militare americana, sospettava che l’Unione Sovietica sesse trattando una pace separata con la Germania Nazista. Clarke aveva bisogno di prove concrete, e incaricò una piccola unità crittologica di stanza ad Arlington Hall in Virginia con l’arduo compito di intercettare i cablò delle ambasciate sovietiche negli Stati Uniti e nel resto del mondo, rompere i loro codici crittografici e tradurre quanto più materiale possibile. A capo dell’équipe c’era la matematica Gene Grabeel, un‘insegnante di economia domestica le cui doti erano state notate dal Signal Intelligence Service dell’esercito. All’operazione venne affibbiato un nome in codice privo di un significato proprio: VENONA.
Rompere il codice sovietico si rivelò particolarmente difficile anche per gli esperti di Venona, che brancolarono nel buio fino al 1945. I sovietici adoperavano un Cifrario di Vernam per segretare i loro messaggi, una tecnica considerata fondamentalmente perfetta dagli esperti del settore, poiché poggiava sull’utilizzo di un taccuino monouso contenenti le chiavi di cifratura che veniva rapidamente distrutto dopo l’utilizzo da parte dell’infiltrato sul campo. La svolta arrivò soltanto dopo la fine della guerra, quando gli Stati Uniti entrarono in possesso di alcuni taccuini monouso sopravvissuti alla distruzione e che erano stati adoperati più volte dagli agenti segreti sovietici in Germania. Questo ritrovamento fu poi seguito da un’intuizione della linguista Meredith Gardner, che era riuscita a ricostruire il significato di alcune parole chiave adoperate dal codice sovietico. Alla squadra non restava che tradurre gradualmente dal russo i messaggi intercettati negli anni precedenti.
Le scoperte di Venona furono scioccanti: i sovietici avevano tessuto una fitta rete di talpe e simpatizzanti anche all’interno dello stesso governo americano, nel dipartimento di Stato, e in vari istituti legati alla ricerca nucleare e al Progetto Manhattan. L’FBI si avvalse subito dei documenti tradotti per avviare un’azione di controspionaggio volta a smascherare e arrestare gli agenti in posizioni apicali, tra cui un certo ‘LIBERAL’, un reclutatore che aveva convinto diversi scienziati e tecnici a trafugare informazioni sensibili all’Unione Sovietica. I documenti decodificati da Venona indicavano addirittura il nome della moglie dell’agente: Ethel.
‘LIBERAL’ era il nome in codice di Julius Rosenberg, un ex-radioamatore dell’esercito americano espulso per via dei suoi legami al Partito Comunista degli Stati Uniti d’America, reclutato a metà anni 40 dal maestro dello spionaggio sovietico Semion Semyonov per fungere da corriere e procacciatore di contatti. Ethel era a conoscenza del segreto di Julius, e aveva organizzato l’incontro tra il marito e suo fratello David Greenglass, un tecnico coinvolto nel progetto Manhattan. Tramite questo contatto, Julius Rosenberg aveva trafugato con successo i segreti atomici degli Stati Uniti all’Unione Sovietica, in una serie di scambi intuibili anche dai documenti raccolti da Venona. L’impianto del processo che portò alla condanna di morte per sedia elettrica dei coniugi Rosenberg poggiò pesantemente sulle scoperte di Venona, all’epoca ancora secretate. L’arresto di Rosenberg era stato preceduto da quello di Klaus Fuchs, un fisico tedesco di fede politica comunista che era entrato a far parte della divisione di fisica teoretica del progetto Manhattan nel 1944, e che già all’epoca contrabbandava informazioni al suo contatto del KGB, la spia americana Harry Gold. Fuchs patteggiò, ottenendo uno sconto della pena a ‘solo’ quattordici anni di reclusione: in cambio, rivelò il coinvolgimento dei coniugi Rosenberg, di Greenglass e di Gold nelle attività di spionaggio nucleare.
Nonostante i successi ottenuti nell’ambito del controspionaggio, la natura del Progetto Venona sollevò diverse analisi critiche quando la sua esistenza divenne di dominio pubblico nel 1995. L’attività di raccolta ed analisi del traffico telegrafico era stata svolta fino al 1980 sotto l’egida della National Security Agency, successore del Signal Intelligence Service. Da un lato, il pubblico statunitense ebbe una conferma tangibile dell’entità delle azioni di spionaggio compiute in America da parte dell’Unione Sovietica.
Dall’altro, alcuni notarono che una pubblicizzazione più tempestiva della natura del programma avrebbe forse contribuito ad acuire gli eccessi del clima di sospetto generato dalle sue scoperte, quali per esempio il Maccartismo e le purghe dirette da esso verso segmenti della società civile americana rivelatisi sostanzialmente innocenti ed estranei alle attività di spionaggio sovietiche, come nel caso di Hollywood e del suo star system. Altre critiche vertevano sull’accuratezza del lavoro di decodifica e traduzione dei messaggi sovietici: gli studiosi Walter e Miriam Schneir mossero l’ipotesi che la decodifica incompleta di diversi documenti e l’abitudine sovietica di far utilizzare gli stessi nomi in codice a più a genti diversi inquinavano la validità dei documenti raccolti da Venona che erano stati poi utilizzati come prove processuali contro gli individui accusati di spionaggio.
Una rivalutazione in positivo dell’impatto di Venona fu invece portata avanti da John E. Haynes, storico dei movimenti comunisti statunitensi, in un lungo articolo pubblicato nel 1999 sul New York Times. Venona, sostiene Haynes, aveva in primo luogo influenzato la scelta di Truman prima e di Eisenhower dopo di rafforzare le istituzioni federali contro la possibilità di infiltrazioni esterne, migliorato le pratiche di loyalty checking e gli standard per l’assunzione di impiegati federali con accesso a materiale sensibile, e preparato i servizi di controspionaggio americano ad identificare e contrastare le attività delle loro controparti sovietiche.
Per converso, la conoscenza di tali tecniche aiutò il doppiogiochista dell’FBI Robert Hanssen a eludere lo scrutinio delle autorità mentre vendeva segreti di stato alla Federazione Russa, attività che portò avanti per gran parte degli anni ‘90 fino al suo arresto nel febbraio 2001. Per eludere la possibilità di intercettazioni, Hannsen faceva uso dell’antica tecnica spionistica detta dead drop: ad intervalli regolari, nascondeva un piccolo cilindro in una zolla di terreno in un parco pubblico, contenente microfilm e documenti ripiegati. Questo veniva poi recuperato da un altro agente dei russi. L’FBI riuscì a rintracciare la talpa solo dopo aver ottenuto documenti di origine russa che ne provavano la collusione: il metodo con cui questi documenti furono acquisiti è ancora ignoto. Reo confesso, Hannsen è morto lo scorso 5 giugno nel carcere federale di massima sicurezza di Florence, Colorado, dove stava scontando l’ergastolo.
Project Venona non è stato l’ultimo programma di intercettazione impiegato dai servizi segreti americani, ma rimane probabilmente il più grande sforzo di decrittazione nella loro storia. Sicuramente, i dubbi sorti sulla privacy delle persone coinvolte nel programma d’intercettazione hanno anticipato i grandi dibattiti della politica statunitense sull’opportunità o meno di impiegare determinati strumenti di sorveglianza massiva per contrastare possibili minacce alla sicurezza nazionale, dal controverso Patriot Act promosso dall’amministrazione di George W. Bush all’indomani degli attacchi terroristici dell’Undici Settembre, alla rete di sorveglianza digitale portata avanti dal programma PRISM della NSA, la cui scoperta aveva profondamente imbarazzato l’amministrazione Obama.
D’altro canto, Venona segna anche la rinnovata partecipazione delle donne americane nel mondo dell’intelligence: la divisione di analisi crittologica di Venona era quasi completamente composta da esperte di computisteria, professione che agli albori dell’informatica era considerata prettamente femminile. L’impegno e le intuizioni di donne come Grabeel e Gardner sono rimaste in secondo piano fino ai giorni nostri, quando la desecretazione del Progetto Venona ci ha permesso di conoscerne in modo approfondito la loro storia.