Una casa divisa: i confederati nel Novecento
Che cosa sarebbe successo se la Confederazione sudista avesse ottenuto l'ambito riconoscimento diplomatico quale nazione a tutti gli effetti? Ecco alcune ipotesi.
Nel diario di guerra di Leroy Wiley Gresham, adolescente infermo di Macon, Georgia, rampollo di una prominente famiglia di piantatori e politici, spesso si parla della Confederazione sudista e dei suoi destini sullo scacchiere internazionale. Ricorre un’espressione, soprattutto: «Sull’orlo del riconoscimento». Perché la repubblica schiavista con capitale Richmond fu per tutta la sua esistenza uno stato che non venne riconosciuto pienamente da nessun'altra nazione.
Ci furono alcuni rapporti diplomatici condotti informalmente, tramite i consoli presenti sul territorio e alcuni tentativi di alleanza stoppati sul nascere. Il Brasile dell’imperatore Pietro II, l’unica altra potenza schiavista ancora esistente, garantì alla marina sudista appoggio e rifornimenti nei suoi porti, mentre il prete di origini irlandesi John Bannon cerco nel 1863 di ottenere il riconoscimento da parte dello Stato Pontificio ma ottenne solo una lettera di ringraziamento e sostegno.
Poca roba, alla fine, abbinata al sostegno militare delle tribù civilizzate di Cherokee, Choctaw e altri nativi americani possessori di schiavi. C’è stato un momento però, che il riconoscimento apparve vicino. Ce ne ha parlato di recente Marco Mostarda del Trent Affair, un incidente diplomatico che quasi provocò il riconoscimento britannico, risolto da una versione mitigata dell’ultimatum britannico al governo americano redatta dal principe Alberto, consorte della regina Vittoria. Cosa sarebbe successo però, se il principe morente fosse stato troppo malato per prendere la penna in mano, in quel novembre 1861?
Ipotizziamo quindi che la Confederazione ottenga l’ambito riconoscimento e lo scambio di un ambasciatore a tutti gli effetti con Londra. A quel punto l’Unione si sarebbe dovuta impegnare su due fronti, anche in una guerra nei confronti del vicino Canada. Data l’incompetenza del generale McClellan, è probabile che a un certo punto ci sarebbe potuto essere un evento eclatante. Come la marcia delle truppe dell’armata della Virginia del Nord capeggiate da Lee su Pennsylvania Avenue.
A quel punto, inevitabilmente, Lincoln avrebbe dovuto intavolare delle trattative di pace con il suo nuovo, scomodo, vicino. Uno Stato che, secondo lo storico Fergus Bordewich, avrebbe dato un modello politico reazionario, governato da un’élite ministeriale senza partiti (in modo simile all’Italia liberale) con una forte componente di oppressione razziale.
Nel corso degli anni si sarebbe potuti giungere alla creazione di due schieramenti: uno più reazionario e votato all’espansione imperialista nei Caraibi, un secondo invece, moderato e favorevole a un consolidamento industriale e infrastrutturale della Confederazione. Una seconda America quindi che avrebbe contrapposto anche in Europa un’alternativa alla “fallimentare” repubblica del Nord, indebolita, isolata internazionalmente e fortemente indebitata.
Magari un presidente illuminato, come avrebbe potuto diventarlo James Longstreet, avrebbe incentivato la liberazione degli afroamericani su base volontaria e individuale, ma sempre da un punto di vista di inferiorità razziale.
Un alleato potenziale quindi, anche per i totalitarismi di destra europei. Difficile dire se la Gran Bretagna stessa sarebbe diventata pienamente democratica, in questa timeline. La seconda America, però, non sarebbe stata troppo dissimile dagli Stati del Sud nell’epoca della segregazione: governi locali reazionari, diritti sindacali negati, la sospensione della democrazia e spesso un regime de facto a partito unico, celebrante la superiorità razziale bianca.
L’unica differenza, appunto, sarebbe stata sul piano diplomatico. La Confederazione nella realtà cessò di esistere nell’aprile 1865. Continuò a esistere per anni come memoria mitologica nella narrazione revisionista della Lost Cause, che si riverberò al cinema, nella letteratura e altrove ancora per moltissimi anni. Meglio però la forza suadente e ingannatrice di un Mito che uno stato vero e proprio che avrebbe potuto imporre le giacche grigie anche in altre parti del mondo.
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