Vietato votare: la soppressione del voto a livello locale
Sull’onda dell’emotività post-elettorale del 2020, il Partito Repubblicano ha introdotto varie legislazioni restrittive per rendere più difficoltoso l’accesso al voto.
The President is there in the White House for you, it is not you
who are here for him,
The Secretaries act in their bureaus for you, not you here for them,
The Congress convenes every Twelfth-month for you,
Laws, courts, the forming of States, the charters of cities, the
going and coming of commerce and mails, are all for you.
– Walt Whitman, Leaves of Grass
Se il 2021 si è aperto con le immagini di Capitol Hill e le discussioni sullo stato della democrazia in America, il 2022 in confronto sembra essere meno intenso: i titoli dei quotidiani americani sono principalmente incentrati sulla gestione dell’emergenza pandemica da parte dell’amministrazione Biden e sull’andamento dell’economia nazionale.
La stampa si prepara ad affrontare, nei prossimi mesi, le agguerrite campagne elettorali per le elezioni di metà mandato, ma al momento le storie di copertina nella sezione politica parlano delle difficoltà dei democratici al Congresso nell’approvazione dell’imponente pacchetto di aiuti federali.
Eppure tutti sanno che le Midterm di quest’anno sono decisivi: per i democratici, rappresentano la speranza di confermare la maggioranza (e quella, ancora più significativa, di allargarla alla Camera) e il mandato di Biden; per i repubblicani, la possibilità di riprendere il controllo del Senato e segnare una vittoria significativa in vista della nuova corsa alle presidenziali, a cui si presentano con un partito in preda alle divisioni interne e in cui l’ex Presidente Trump esercita un’influenza che molti membri non sono più disposti ad accettare senza compromessi.
Il Partito Repubblicano negli ultimi anni si è dovuto confrontare con una serie di difficoltà opposte, ma speculari, a quelle del Partito Democratico:
una base radicale facile da mobilitare, ma poco disposta a votare candidati più centristi;
i cambiamenti demografici e geografici, che hanno portato molte persone a trasferirsi dalla California e da New York nelle tradizionali roccaforti repubblicane del sud;
una leadership che ha puntato sull’uomo della provvidenza per gli ultimi quattro anni, ma poco capace di esprimere una visione d’insieme e di formare una nuova classe dirigente;
a livello locale sono stati battuti su terreni a loro favorevoli attraverso il lavoro dei c.d. community organizers, che sono riusciti a mobilitare il voto democratico in fasce che non avevano partecipato alle elezioni attivamente mai come negli ultimi anni.
In questo contesto poco favorevole una delle strategie che hanno deciso di adottare per le elezioni di quest’anno è preventiva: forti delle loro maggioranze nei parlamenti dei vari stati americani, si sono concentrati sulla presentazione, a livello locale, di varie legislazioni restrittive per rendere più difficoltoso l’accesso al voto a segmenti della popolazione o aree geografiche in cui più temono un sorpasso da parte dei democratici. Se nel corso degli ultimi anni la principale strategia di questo tipo è stato il ricorso al gerrymandering (ovvero la ridisegnazione delle mappe elettorali, in modo tale da ottenere più eletti), oggi la sfida si gioca sul disincentivare gli elettori a partecipare alle elezioni locali e federali.
I dati parlano chiaro: a ottobre 2021 sono state presentate più di quattrocentoventicinque proposte di legge in quarantanove Stati per limitare l’accesso al voto. Sull’onda dell’emotività post-elettorale del 2020 – un’elezione che molti degli esponenti politici repubblicani hanno bollato come illegittima o quantomeno irregolare – i repubblicani hanno deciso di galvanizzare la loro base descrivendo queste proposte legislative come necessarie per proteggere l’ordine costituzionale americano.
Sapendo di avere poche possibilità con svariati gruppi demografici cui il partito ha deciso di non rivolgersi – con rare eccezioni –, hanno preferito continuare a radicalizzare la loro base con un refrain molto caro ai conservatori americani: la necessità di protezione degli Stati Uniti da una possibile dittatura. Quale miglior protezione se non quella data da un controllo elettorale più stretto?
Gli atti legislativi di questo tipo variano per le modalità scelte, ma sottintendono lo stesso ragionamento di base. Ci sono stati in cui il principale obiettivo è stata la restrizione del voto postale (che ha premiato i democratici nel 2020) attraverso la proposta di proibire il voto anticipato e il voto per posta in toto (Alabama); l’imponente Election Integrity Act della Georgia, che lo stesso Presidente Biden ha definito come il Jim Crow del Ventunesimo secolo e che è tutt’ora oggetto di controversia fra il Dipartimento di Giustizia federale e lo Stato, rende illegale offrire acqua o cibo alle persone in fila per votare.
Addirittura in alcuni Stati verrà richiesta una seconda registrazione per le future elezioni presidenziali (Oklahoma), mentre altri si stanno anche muovendo nella direzione dell’eliminazione delle macchine di voto elettroniche (Wyoming). Non ultimo il Texas, in cui i repubblicani puntano a restringere le categorie di persone che possono aver accesso al voto a distanza.
In questo patchwork di norme a livello locale si intravede chiaramente uno dei grandi successi del Grand Old Party: l’uso del locale per arrivare al nazionale. Si tratta spesso di Stati su cui il Partito Democratico, conoscendo le tendenze di voto, non ha investito negli ultimi anni e che di conseguenza hanno continuato a premiare i repubblicani in elezioni che, nonostante a prima vista potessero essere di poca importanza, ora potrebbero essere decisive per l’appuntamento di quest’anno.
Insieme al gerrymandering e alla nomina di svariati giudici conservatori a livello locale i repubblicani si sono dimostrati lungimiranti nell’elaborazione di strategie politiche, concedendosi così il lusso di ignorare altri trend demografici e sociologici in atto.
Viene però da chiedersi se questo non sia uno dei sintomi di un partito ormai incapace di comunicare con larghe fette dell’elettorato, e che preferisce ricorrere a complicate tecniche di ribaltamento istituzionale piuttosto di riflettere su che visione politica abbia da offrire al suo Paese.
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