Vibrazioni elettorali: voci e visioni da Williamsburg
Il quartiere vibra al ritmo delle imminenti elezioni presidenziali e sembra tifare per Kamala. Ma non tutti la pensano allo stesso modo sulla politica americana
La nostra Vittoria Prestifilippo in questi mesi è a New York: per Corrispondenze ci racconterà la città e l’America viste da vicino, specialmente in vista delle elezioni presidenziali. Godetevi, attraverso gli occhi e le parole di Vittoria, la vita della Grande Mela.
La città è caotica, rumorosa e piena di contraddizioni — ma non sarebbe altrettanto affascinante in nessun altro modo. Ciò che amo di più è la varietà infinita di attività che New York offre: passeggiare tra le sue Avenues e Streets, godersi uno spettacolo di Broadway, esplorare un museo, sedersi al sole nei parchi pubblici, seguire con le dita il profilo della città dal waterfront o imbattersi in un mercato improvvisato per strada.
Il mio posto preferito è, però, molto più vicino a casa — Williamsburg mi incanta! Ogni passeggiata riserva qualcosa di nuovo: un negozio di seconda mano, una libreria vintage, o un pezzo di street art inaspettato che mi fa chiedere: «È sempre stato qui?». La vita a Williamsburg è vivace sia di giorno che di notte. Il quartiere si trova nella parte nord-est di Brooklyn ed è noto per essere frequentato da hipster, artisti e giovani imprenditori.
La fauna di Williamsburg non lascia molto spazio all’immaginazione sulle tendenze elettorali del quartiere: il vento soffia deciso verso il ticket Harris-Waltz. Tuttavia, è proprio qui che emerge una delle lezioni più preziose che questa città sa insegnare: la diversità di pensiero è presente ovunque, anche quando sembra nascosta. L’ho capito parlando con Chrys e Destinee, che mi hanno raccontato le loro impressioni sulla situazione politica e su cosa provano rispetto alle prossime elezioni presidenziali. Entrambi residenti di Williamsburg, mi aspettavo risposte allineate. Invece, ho subito colto come le loro visioni riflettano il vasto spettro di opinioni che anima New York in vista di novembre.
Chrys: la bolla politica e Trump come specchio della nazione
Chrys, laureato a New York, con un master a Boston e un dottorato conseguito nel Regno Unito, descrive la sua esperienza politica come vivere in una bolla. Alla mia domanda su quanto spesso senta parlare delle elezioni nel suo ambiente, risponde: «Sono coinvolto in sfere politiche diverse». Vive negli Stati Uniti da tempo, ma non è un cittadino statunitense, e quindi le notizie di cui legge arrivano molto spesso da fuori del Paese. «Eppure», continua, «mi sembra di vivere in un mondo a parte. La maggior parte delle persone intorno a me appoggia Kamala Harris». Poiché l’esperienza politica di Chrys è già multidimensionale, non mi stupisco quando afferma che «credo sia importante ascoltare anche Trump.» Ciononostante, non riesco a non storcere il naso. Chrys lo nota e si affretta ad aggiungere: «Lo faccio per avere una prospettiva diversa sulle cose, altrimenti mi sento tagliato fuori dal dibattito politico più grande».
Gli chiedo quindi se crede che la politica americana sia polarizzata: «L’America sembra due Paesi diversi» Poi commenta l’approccio di Trump: «Usa il populismo per creare divisione, la alimenta dall’interno. Usa termini primitivi che si rivolgono alla gente semplice, che rappresenta la metà del Paese. Le città americane sono chiaramente divise.» Per Chrys, Trump agisce come uno specchio che riflette i problemi della società americana, portandoli alla luce. «In un certo senso è positivo, perché ha portato l’attenzione sulle preoccupazioni dei cittadini comuni che gli intellettuali pubblici non hanno saputo affrontare adeguatamente». Tuttavia, è convinto che Kamala Harris possa portare una boccata di aria fresca alla politica americana. «Lei potrebbe essere in grado di comprendere le frustrazioni del pubblico». Se Trump accetterà o meno una vittoria dei Democratici e la popolarità di Kamala, conclude, sta tutto da vedere. Chrys non può votare, ma gli chiedo comunque se, potendo, sarebbe indeciso. Mi risponde di no. Segue un silenzio teso e ci guardiamo negli occhi. «Non serve che tu mi dica chi supporti se non vuoi». Chrys sorride. «Penso che tu lo sappia già».
Destinee: speranza e disillusione in un clima politico teso
Destinee, nata in Oregon, cresciuta nello Stato di Washington e ora residente a New York, offre una prospettiva più emotiva e personale. Quando le chiedo quante volte senta parlare delle elezioni nel suo quotidiano, risponde: «Di solito due volte a settimana, soprattutto al lavoro, con amici o in famiglia. Le discussioni emergono spontaneamente, soprattutto quando ci sono i dibattiti [quelli tra i due ticket elettorali, NdR]».
Ma il suo racconto si fa più intenso quando si parla della polarizzazione. Destinee confessa di essere molto cauta riguardo a ciò che dice in pubblico: «C’è una certa pericolosità in alcuni spazi. Ho partecipato a una cena e parlavo del tentato assassinio di Trump, e alcuni tavoli mi hanno guardato in modo strano. Con amici e familiari mi sento libera, ma in pubblico non mi sento altrettanto sicura». Mi dice anche che fuori dalle città, nelle aree rurali, sia ancora peggio: «Sono stata anche aggredita verbalmente».
Mi chiedo cosa Destinee pensi sugli indecisi. Lei riflette: «Capisco le diverse prospettive, e penso che si possa essere incerti.» La sua voce si fa malinconica: «A volte mi chiedo se il mio voto faccia davvero la differenza. È scoraggiante, ma voglio ancora credere nella democrazia. Eppure, mi ritrovo a pensare: “Devo davvero preoccuparmi? Il mondo finirà se Trump viene rieletto?”. Faccio quello che posso, ma la politica sembra così lontana».
La distanza che Destinee percepisce tra semplici cittadini come lei e il sistema politico sembra accentuarsi quando cominciamo a parlare di propaganda politica. «Qualche giorno fa camminavo sulla Fifth Avenue», le racconto. «A un certo punto vedo un furgoncino pubblicitario. Diceva cose come: “La rielezione di Trump spegnerebbe quel poco che rimane del Sogno Americano”. Cosa pensi di queste campagne pubblicitarie? Ti senti in qualche modo influenzata?». Destinee dice di non farci molto caso. «Spesso, appena mi trovo davanti alla comunicazione politica, mi chiedo: “Funziona davvero?”. Non la prendo sul serio e raramente finisco di leggere. Mi sembra ingiusto che alcune persone abbiano così tanti soldi per influenzare la politica. È un sistema sporco — potere e denaro cambiano tutto». Nella sua disillusione, riconosco qualcosa di mio.
Un quartiere, tante vibrazioni
Le parole di Chrys e Destinee mi sorprendono per loro diversità. Sebbene le loro opinioni politiche non siano così distanti, emergono chiaramente differenze nel modo in cui vedono la politica americana nel suo complesso. Da un lato, Chrys offre un’analisi lucida, quasi scientifica, delle dinamiche elettorali. Il suo distacco sembra permettergli di affrontare con oggettività le complessità delle elezioni presidenziali e della politica in generale. Questo suo approccio distaccato mi ha fatto riflettere su quanto possa essere difficile mantenere uno sguardo analitico in un contesto così polarizzato.
Dall’altro, l’esperienza di Destinee mi ha colpito profondamente per la sua vulnerabilità. Le sue parole trasmettono non solo la preoccupazione per il futuro del Paese, ma anche la tensione emotiva che molti americani sentono nel dover affrontare scelte politiche che sembrano lontane dalla loro vita quotidiana. La sua ricerca di protezione e pace interiore di fronte a un mondo che spesso sembra incomprensibile può risuonare familiare a molte persone che si sentono disconnesse dal mondo politico. In Destinee vedo una parte di me stessa, quella che oscilla tra la speranza che il mio voto possa davvero cambiare qualcosa e il peso della stanchezza che mi paralizza quando il futuro sembra troppo incerto e distante per crederci davvero.
Williamsburg non smette di sorprendermi. Le sue vibrazioni sembrano monotone a prima vista ma, osservate da vicino, rivelano una complessità nascosta. E quando mi ricordo che Williamsburg è solo una piccola parte di New York, mi assale una vertigine.