Un nuovo allarme morale per i repubblicani?
Attraverso nuovi moral panic, il GOP intende dare legittimità politica alle sue posizioni estreme sui temi sociali usando la scusa dei parental rights. Una storia già vista.
Immaginiamo per un istante di tenere una lezione di storia americana in una classe di una scuola pubblica con 30 alunni. L’argomento è la stagione della lotta per i diritti civili afroamericani, dalla marcia su Washington al Civil Rights Act. Il razzismo sistemico, Jim Crow, la discriminazione, le lotte, i riot, le vittorie e i fallimenti. È un capitolo fondamentale della storia degli Stati Uniti che è impossibile non insegnare. Ecco, ora immaginiamo che dopo aver sentito il racconto dei propri figli di quanto fatto a scuola, alcuni genitori decidano che no, alcune parti del programma non vanno bene, il libro di testo non riflette la propria interpretazione politica degli eventi storici, il raccontarli in termini di conflitto fa solo male alla visione del mondo degli studenti. La cosa non si ferma ad un confronto durante un incontro genitori-insegnanti, si arriva a urla, minacce di denuncia, richieste di censure di libri in altrimenti noiosi consigli scolastici.
Moltiplichiamo questo per tutti i temi caldi delle correnti guerre culturali, dai vaccini alle mascherine, dall’educazione sessuale all’inclusione delle minoranze e abbiamo un inquietante quadro di ciò che sta accadendo in tantissimi distretti scolastici statunitensi. L’Heritage Foundation nel 2021 l’ha chiamata “Great Parent Revolt”, invitando genitori conservatori a presenziare agli incontri dei consigli d’istituto, al fine di mettere freno alla “deriva radicale di insegnanti, no-profit e burocrati federali”.
Improvvisamente gli organi di direzione scolastica hanno smesso di occuparsi dei veri problemi che affliggono gli istituti pubblici, la mancanza di fondi e materiale, la fuga dalla professione di decine di migliaia di insegnanti, la sicurezza fisica degli alunni, per dedicarsi unicamente al rispondere in qualche modo a questa ondata di indignazione da parte di una minoranza molto rumorosa di genitori. Tra libri censurati, intere classi annullate e insegnanti allontanati, la scuola è diventata la vera frontiera delle guerra culturali che affliggono il Paese.
Il Partito Repubblicano ha infatti ad un certo punto deciso che i cosiddetti parental rights avrebbero dovuto essere il centro del suo programma politico, alimentando il panico intorno ad interi pezzi di curriculum scolastico e alla natura stessa della scuola pubblica. Secondo questa vulgata, i Repubblicani sono i veri difensori dei minori minacciati da una non meglio definita ideologia di sinistra che promuove attivismo politico nelle classi, odio verso la razza bianca e fluidità di genere a scapito dei normali obiettivi di formazione scolastica. Con le elezioni presidenziali del 2024, questo tema è quello che più unisce un movimento che ancora non ha deciso se chiudere o no il capitolo Donald Trump. Questa è anche la veste retorica con cui il partito ha ammantato le centinaia di leggi scritte e approvate per rendere la vita difficile alle persone trans, soprattutto minori, le varie censure di decine di libri e di interi pezzi della storia del paese da sussidiari e programmi.
Lo scorso marzo, il dibattito su questi temi ha occupato molto del calendario della Camera dei Rappresentanti, dove è passato per pochi voti il cosiddetto Parents Bill of Rights. Lo stesso ex Presidente ha di recente introdotto il tema nei suoi comizi. “Riportiamo i diritti dei genitori nelle nostre scuole” , ha detto in un teatro a Davenport in Iowa. La legge, che ha scarsissime possibilità di passare al Senato, contiene quelli che secondo il GOP sono diritti inalienabili dei genitori, come quello di avere l’ultima parola sui libri delle biblioteche scolastiche, sui programmi delle classi e sull’allocazione del budget. In più quello di decidere riguardo la richiesta di uno studente o una studentessa di usare pronomi adeguati alla propria identità di genere, non importa il pericolo a cui una cosa del genere espone minori provenienti da ambienti famigliari transfobici.
Trump è salito solo recentemente sul treno dei cosiddetti diritti dei genitori, mentre altri membri del partito hanno più di altri guidato la crociata su questi temi, come Glenn Youngkin, che deve sicuramente a questi la sua vittoria alle elezioni governatoriali in Virginia. Quel successo elettorale ha portato molti a pensare che questo fosse lo strumento migliore per vestire di legittimità politica le posizioni di estrema destra del partito sui temi sociali, soprattutto per cercare di convincere elettori suburbani moderati per niente interessati alle guerre culturali.
Il più grande interprete di questa strategia però è sicuramente Ron DeSantis, il Governatore della Florida, che ha portato l’offensiva legislativa a un livello ulteriore. Il suo Parental Rights in Education Act, cosiddetto Don’t Say Gay, ha proibito ogni forma di educazione sessuale o informazioni sull’identità di genere ad ogni livello di istruzione obbligatoria. Il Stop Woke Act ha imposto una stretta a ciò che si può dire sulla storia dei conflitti razziali a scuola, nelle università e persino in ambiente di lavoro, ha proibito alle atlete transgender di competere negli sport femminili e cancellato corsi avanzati in African American Studies nelle scuole superiori. La sua vittoria alle ultime elezioni non ha fatto altro che convincere il partito che la via da seguire per riottenere la Casa Bianca sia raccontare all’America bianca e conservatrice che i suoi figli sono sotto attacco dalla sinistra woke, assolvendola allo stesso tempo da ogni accusa di bigottismo e autoritarismo grazie alla scusa dei famosi parental rights.
Si usa qui la parola scusa anche perché questa ultima frontiera dei moral panic Repubblicani non arriva in risposta ad un radicale stravolgimento di leggi e o di regolamenti scolastici. La reazione è verso quei cambiamenti che hanno portato a una maggiore consapevolezza sugli aspetti della società che alimentano razzismo e discriminazione, a un’attenzione più moderna ai temi sessuali e all’emergere del tema dell’inclusione delle minoranze.
Lo stesso concetto di diritti genitoriali è discutibile quando parliamo di scuola pubblica. Anzi, potremmo dire che l’idea davvero radicale sia proprio che i genitori abbiamo poteri speciali che vengono prima dei diritti dei proprio figli e delle responsabilità sociali dell’istruzione statale. Le strutture scolastiche finanziate dal pubblico non sono mai state immaginate come luoghi in cui il sistema di valori e credenze politiche delle famiglie di provenienza debbano essere meticolosamente replicati e reiterati. Anzi, la tradizione legale e la prassi negli Stati Uniti hanno più volte supportato l’idea che la formazione scolastica dovrebbe preparare le persone a sviluppare un proprio pensiero critico, anche se va contro ai principi professati dai genitori. In Wisconsin v. Yoder la Corte Suprema, pur riconoscendo il diritto delle famiglie a scegliere liberamente tra diverse forma di educazione, ha definito ancora meglio questo principio, riconoscendo allo stato la responsabilità di regolare la formazione scolastica, secondo quello che anche in un’altra sentenza, Pierce v. Society of Sisters, viene chiamato public welfare. Questo si traduce in tutte quelle leggi e regolamenti a cui vengono sottoposte le alternative offerte ai genitori riguardo la formazione dei propri figli, come le scuole private, quelle religiose e il famoso homeschooling.
Un altro modo quindi di vedere quest’ultima crociata delle destre estreme in occidente è il suo essere poco originale. Il tema infatti torna ogni volta che il Paese attraversa momenti di forte cambiamento sociale e riforme in senso progressista. In queste occasioni il movimento conservatore ha gioco facile a incolpare le scuole di indottrinare i giovani con idee radicali, facendo dei consigli scolastici il ground zero delle proprie battaglie ideologiche. Questo anche per la facilità con cui è possibile fisicamente accedervi e per gli evidenti vantaggi retorici del descrivere la propria come una causa a difesa dell’anima di bambini indifesi.
Dal processo del 1925 in cui un insegnante del Tennessee fu multato per aver parlato di evoluzione alla desegregazione delle scuole, dall’educazione sessuale all’emergere dell’homeschooling, il tema non fa che riemergere nella narrazione politica in reazione alle varie istanze di apertura e inclusione sociale. Negli anni ‘70 famoso fu il caso della contea di Kanawha in West Virginia. L’attivista conservatrice Alice Moore, frustrata da quello che riteneva un decadimento dei valori tradizionali, si candidò con successo per il consiglio di distretto scolastico locale. Usò il suo mandato per denunciare libri e programmi che descriveva come anti-americani, anti-cristiani e anti-bianchi. In nome dei diritti genitoriali cominciò una campagna che divenne presto violenta, attirando l’attenzione mediatica e il contributo di attivisti provenienti da tutto il Paese. Vennero distrutte delle classi, libri vennero bruciati, l’edificio dove si teneva il consiglio venne attaccato con la dinamite. Lo sfuggire di mano della situazione decretò la fine a quella campagna, ma non per questo la parte radicale del movimento conservatore ha mai abbandonato l’idea di usarne i presupposti retorici e ideologici.
Come in altri momenti di questo periodo storico di estrema polarizzazione, tornano utili le parole usate negli anni ‘60 dal famoso storico Richard Hofstadter. Egli osservò come i conservatori spesso hanno l’impressione che il Paese gli “venga tolto di mano”, e che i valori tradizionali della cultura americana siano sotto continuo attacco da parte di elementi cosmopoliti, intellettuali e progressisti (non è un caso che questa idea si accompagni spesso al cospirazionismo antisemita). In risposta a questo, Hofstadter parla dell’emergere di uno “stile politico paranoide”, un approccio che sposa apertamente l’esagerazione, l’alimentazione del sospetto, le fantasie su possibili complotti.
In questo senso il Partito Repubblicano spera di vincere convincendo la propria base che ai bambini bianchi venga insegnato a odiare sé stessi, le proprie famiglie e il proprio Paese, che l’America sia sotto attacco da parte di attivisti di Black Lives Matter, insegnati marxisti e Antifa, un nemico quasi mitologico, che Hofstadter descrive come “diabolico” nella retorica politica della paranoia. Descrivendo le scuole come organizzazioni di estremisti che minano la famiglia, il GOP ha deciso di aggiungere benzina alle guerre culturali nella speranza che la propria base sia abbastanza entusiasta da presentarsi in massa ai seggi. Questo potrebbe anche regalare qualche seggio in più al partito, persino la Casa Bianca, però il rischio è che questo avvenga a costo di minare uno dei fondamenti della democrazia occidentale moderna, la scuola pubblica.
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