Truppe, navi e aerei: così Trump accarezza l'idea di un'operazione militare speciale in Messico
Trump rafforza il confine con il Messico con truppe, droni e navi. La Casa Bianca valuta blitz contro i cartelli. Cresce il rischio di escalation militare e scontro legale sui poteri presidenziali
È difficile indovinare cosa passi nella testa di Donald Trump. Ascoltarlo non aiuta. Il Presidente americano si contraddice più volte, fa e disfa, tutti sono amici, poi nemici, poi di nuovo amici. Nel ciclo di creazione e distruzione delle immagini da dare in pasto agli elettori si perde il filo di quello che fa (e potrebbe fare) Trump. Anche per questo motivo, sta passando sotto traccia quello che sta succedendo lungo il confine meridionale. La nuova Casa Bianca ha avviato una militarizzazione della frontiera con il Messico, ma soprattutto è possibile che tra i vari pensieri che si formano a ripetizione nella mente del tycoon ce ne sia uno: operare per mettere in sicurezza gli Stati Uniti da quello che c’è al di là del confine. Magari prendendo in prestito idee e teorie comunicative che in Europa si sono viste negli ultimi tre anni, magari con un’operazione militare speciale che ponga fine al potere dei cartelli messicani.
La militarizzazione del confine
L’idea di colpire in Messico non è nuova. Già nel 2020 Trump aveva chiesto al suo segretario alla Difesa Mark Esper se fosse possibile di lanciare degli attacchi missilistici oltre confine per “distruggere i laboratori di fabbricazione delle droghe” e spazzare via i cartelli. E magari facendolo mantenendo un certo livello di segretezza: “Potremmo semplicemente lanciare dei missili Patriot e distruggere i laboratori in silenzio. Nessuno saprebbe che siamo stati noi”. Quell’idea, allora grottesca, oggi si è trasformata in una proposta pragmatica. E infatti, da settimane l’amministrazione Trump sta dispiegando un dispositivo imponente lungo il confine, una militarizzazione che suggerisce un salto di livello.
A fine gennaio il segretario alla Difesa Pete Hegseth ha avuto una telefonata di fuoco con i vertici dell’esercito messicano. Secondo fonti sentite dal Wall Street Journal, il clima dell’incontro telefonico si è fatto da subito infuocato. Il capo del Pentagono avrebbe avvisato i vicini che, nel caso in cui il Messico non tagli i legami tra il governo e i cartelli della droga, l’esercito americano sarebbe pronto a dare il via ad azioni unilaterali. Le stesse fonti messicane sentite dal Journal avrebbero confermato di aver percepito la sensazione che le forze armate americane sarebbero pronte ad agire direttamente oltre confine.
Le truppe: quasi 10 mila soldati al confine
Negli ultimi tre mesi il Pentagono ha lavorato al dispiegamento di una forza militare variegata e completa sotto l’ombrello della Joint Task Force-Southern Border (JTF-SB), un’entità sotto le dipendenze dello U.S. Northern Command che fa base a Fort Huachuca, in Arizona. Nel giro di una decina di settimane. nell’area sono confluiti diversi tipi di unità. Il presidio del JTF-SB è stato allestito dalla 10a divisione di fanteria leggera da montagna proveniente da Fort Drum, a New York, e nel tempo si è arricchito anche di altri reparti per un totale di 9.600 uomini.
Le unità arrivano da mezza America:
101st Division Sustainment Brigade, Fort Campbell, Kentucky
Alpha Company, 189th Division Sustainment Support Battalion, Fort Bragg, North Carolina
Bravo Company, 68th DSSB, Fort Carson, Colorado
Charlie Company, 129th DSSB, Fort Campbell, Kentucky
Headquarters and Headquarters Company, 264th Combat Sustainment Support Battalion, Fort Bragg, North Carolina
70th Movement Control Team, Joint Base Langley-Eustis, Virginia
564th Quartermaster Company, Joint Base Lewis-McChord, Washington
Tra loro spiccano anche soldati della quarta divisione di fanteria e della seconda brigata da combattimento Stryker di stanza a Fort Carson, in Colorado. Inoltre, si legge in un comunicato del Pentagono, è stato autorizzato anche l’uso di un battaglione di elicotteri con l’obiettivo di “rinforzare ed espandere le operazioni di messa in sicurezza del confine e proteggere l’integrità degli Stati Uniti”.
Gli Stryker portano alla mente un periodo torbido della storia recente americana. Si tratta di veicoli corazzati da combattimento che possono ospitare fino a 11 soldati e che normalmente sono equipaggiati con mitragliatrici e lanciagranate, ma che soprattutto hanno prestato servizio nelle missioni di combattimento in Iraq e Afghanistan. E di recente sono stati forniti dall’amministrazione Biden all’esercito ucraino, che li ha usati nel corso della sua incursione nella regione russa di Kursk.
I voli: boom di aerei spia
Oltre ai boots on the ground. Il dispositivo comprende altre due rami: quello aereo e quello navale. Veniamo al primo. Per settimane, diversi tipi di velivoli spia hanno sorvolato lo spazio aereo intorno al confine. Gli Usa stanno muovendo ogni tipo di velivolo. Aerei spia della guerra fredda come gli U-2, ma anche P-8 Poseidon e RC-135 Rivet Joint. A inizio febbraio, un RC-135 è volato dalla sua base di Offutt, in Nebraska, fino alla California per effettuare poi dei sorvoli intorno alla penisola della Bassa California. I sorvoli hanno coperto l’intera lunghezza del confine, dalla California fino al Texas passando per l’Arizona. Persino la Marina ha confermato le missioni dei Poseidon via Twitter/X. E intanto l’esercito ha creato una task force di 140 analisti, stanziati nei pressi del confine, con il compito di collezionare e analizzare tutti i dati raccolti dai sorvoli.
Come ha scritto la Cnn, il numero dei sorvoli è allarmante. In passato i voli di ricognizione erano all’incirca uno al mese, ora nel giro di un paio di settimane arrivano a una dozzina. A muoversi sono però anche i veicoli senza pilota. La Cia, sotto il nuovo direttore John Ratcliffe, sarebbe intenzionata ad aumentare i voli segreti sul Messico avviati già verso la fine della presidenza Biden. Per il momento, ha scritto il New York Times, si tratta di sorvoli con MQ-9 Reaper non armati che raccolgono dati di intelligence sui gruppi narcos, ma non è detto che continui così. Va ricordato che gli MQ-9 vengono oggi regolarmente usati in raid antiterrorismo in Siria, Iraq e Somalia.


Le ultime missioni di sorvolo sono state comunicate al Congresso dalla Casa Bianca attraverso una notifica speciale che di solito viene usata per programmi segreti che la Cia intende nascondere o negare. È evidente che all’interno dell’agenzia qualcosa si sta muovendo. La nuova gestione sta ragionando su una modifica dell’autorità per l’uso della forza letale contro i cartelli della droga in Messico. Fonti sentite dalla Cnn hanno spiegato che non si tratta tanto di una richiesta di azioni dirette, quando di un’analisi approfondita per capire il tipo di attività che sarebbe possibile condurre e i relativi rischi.
Le navi: due cacciatorpedinieri
C’è infine un terzo dispositivo: quello navale. Al momento la marina americana ha disposto l’appoggio di due cacciatorpedinieri al dispositivo per il controllo del confine. A fine marzo la USS Gravely è stata piazzata proprio a ridosso del confine. In precedenza, la nave della classe Arleigh Burke era stata impiegata nel Mar Rosso per abbattere i missili dei ribelli Houthi che prendevano di mira le navi mercantili in navigazione nella zona.


Stando alle informazioni dello U.S. Naval Forces Northern Command, la Gravely tra i suoi compiti avrà missioni antipirateria, missioni per fermare migranti illegali e missioni di combattimento. Ma non solo. Il portavoce del Pentagono ha ammesso che, volendo, la nave potrebbe anche allungare il suo raggio di azione fino al Canale di Panama, che Trump ha messo nel mirino fin dal suo discorso di insediamento. Qualche settimana dopo alla Gravely si è aggiunta una seconda nave, la USS Spruance, che poi è stata a sua volta sostituita dalla USS Stockdale.
Il quadro politico e quello giuridico
Dietro ai movimenti di truppe, aerei e navi, c’è anche un quadro politico e giuridico che si muove. Un primo passo è arrivato il 20 febbraio, quando il dipartimento di Stato ha designato per la prima volta otto organizzazioni del narcotraffico, di cui sei messicane, come terroristiche. Se è vero che questo non basta all’uso immediato della forza, in passato – ha scritto Just Security – ha aperto le porte ad azione dirette, come il raid che nel 2020 ha ucciso il generale dei Pasdaran Qasem Soleimani.
È quindi possibile un attacco degli Stati Uniti al Messico, o anche solo incursioni mirate contro i narcos? La risposta non è banale. Ufficialmente, solo il Congresso può dichiarare guerra. Ma, negli ultimi decenni, un’interpretazione estensiva dell’articolo 2 della Costituzione, che garantisce al Presidente la qualifica di comandante in capo, ha allargato il potere esecutivo. In sostanza, spiega ancora Just Security, una serie di pareri legali emessi dall’Office of Legal Counsel (OLC) del dipartimento di Giustizia, che si comporta come una sorta di Corte Suprema all'interno dell'esecutivo, hanno delineato una dottrina che prevede la possibilità per il presidente di usare la forza in modo unilaterale. E questo a partire da due presupposti:
l’uso della forza serve per difendere l’interesse nazionale;
la natura e la portata dell’ostilità non sfocino in una guerra nel senso costituzionale del termine.
Già mentre era deputato, Mike Waltz – oggi consigliere per la Sicurezza Nazionale – si era fatto promotore dell’AUMF Cartel, un’autorizzazione di guerra simile a quelle varate nei mesi successivi agli attentati dell’11 settembre che diedero il via alla guerra al terrore, con lo scopo di creare una base giuridica per usare la forza militare contro le organizzazioni del narcotraffico stanziate in Messico.
È chiaro che i presupposti di “interesse nazionale” e “portata limitata delle ostilità” restano opinabili e aleatori. In particolare, il secondo prevederebbe di valutare l’escalation di un eventuale blitz oltre frontiera. Intanto però, a livello politico e formale, la Casa Bianca continua a muoversi. L’11 aprile il Presidente ha autorizzato l’esercito a prendere il controllo di pezzi del territorio al confine tra Usa e Messico. L’autorizzazione era contenuta in un memorandum, dal titolo Missione militare per sigillare il confine meridionale degli Stati Uniti e respingere le invasione, inviato al segretario alla Difesa Pete Hegseth, al segretario degli Interni Doug Burgum, al segretario per la Sicurezza Interna Kristi Noem e al segretario all'Agricoltura Brooke Rollins. Il documento contiene tutte le nuove politiche che riguardano il coinvolgimento militare nel confine meridionale.
Il documento permette al Pentagono di avere giurisdizione in vari territori federali, come la riserva Roosevelt, che si estende lungo California, Arizona e New Mexico. Sempre secondo il dossier, all’esercito verrebbe concesso di realizzare barriere di confine e di installare apparecchiature di rilevamento e monitoraggio. Per ora, la mossa serve più per creare centri di detenzione per i migranti che attraversano il confine, ma non è da escludere che la militarizzazione dei terreni federali possa assumere anche una postura diversa.