Perché non si può viaggiare verso gli USA dall'Europa?
Immigrati regolari costretti a rimanere negli Stati Uniti, famiglie separate da più di un anno e visti non rinnovati. Joe Biden mantiene le politiche migratorie del suo predecessore.
Separati dalle loro famiglie da quasi un anno e mezzo. Costretti a rimanere all’interno dei confini statunitensi per evitare di compromettere la propria posizione migratoria, perché se dovessero uscire, le ambasciate USA non stamperebbero i rinnovi dei loro visti di lavoro. Obbligati a non poter rientrare negli Stati Uniti, dall’Italia, nonostante abbiano già incassato il rinnovo delle loro pratiche dalla U.S. Immigration and Citizenship Services (Uscis), l’agenzia federale che regola l’immigrazione americana.
Sono queste le storie incredibili condivise in queste settimane da decine di migliaia di expat italiani (europei e britannici), traditi dall’amministrazione Biden, il cui Travel Ban tra Stati Uniti, Unione Europea e Regno Unito sta continuando a far pagare il conto, salato, a chi non dovrebbe. I Paesi UE hanno infatti aperto i loro confini nelle prime settimane di giugno agli alleati americani, ma gli Stati Uniti continuano a sigillare i loro seguendo una logica che di scientifico, ormai, sembra avere molto poco.
Un turista americano, infatti, può andare a Capri presentando un semplice test negativo, nonostante gli Stati Uniti abbiano meno persone vaccinate con almeno una dose dell’Italia, in questo momento, in termini percentuali, come riportato dalla rivista Fortune in un articolo settimana scorsa. I turisti da uno dei Paesi del sud America (con l’eccezione del Brasile), dalla Russia o dalla Turchia, aree dove i tassi di vaccinazione sono più bassi dell’area UE e i tassi di contagio più alti, possono entrare a New York con un semplice “ESTA”, il visto turistico, godendosi la vacanza da non vaccinati – o spesso recandosi negli USA proprio per vaccinarsi. Un lavoratore europeo con visto lavorativo regolare, però, non può liberamente rientrare negli Stati Uniti nonostante nel Paese ci viva, paghi le tasse, abbia una famiglia, un posto di lavoro e i documenti in ordine. Il risultato di una situazione resa confusa per un anno dall’amministrazione Trump e trasformatasi in un incubo migratorio dalle scelte dell’attuale inquilino della Casa Bianca, Joe Biden.
Tutto ha avuto inizio nel marzo dell’anno scorso, quando l’amministrazione Trump chiuse i confini con l’Unione Europea e il Regno Unito per contenere il dilagarsi della pandemia coronavirus. Era il 13 marzo del 2020 e da allora quei confini non si sono mai più riaperti. L’ex presidente repubblicano, che mai ha dimostrato nei suoi quattro anni di mandato di essere amico dell’immigrazione, aveva trovato nella pandemia la scusa perfetta per sigillarla: chiudendosi ancor più di quanto fatto prima e, dalla primavera del 2020 in poi, sospendendo l’intero sistema migratorio per almeno sei mesi.
Quando Biden si è insediato a gennaio alla Casa Bianca ha affrontato il tema immigrazione con decisione: sciogliendo il Muslim Ban nei confronti dei Paesi di origine musulmana, sospendendo i lavori del discusso muro al confine con il Messico, aumentando il tetto massimo di rifugiati, abbassato drasticamente dal suo predecessore e facilitando alcune pratiche migratorie. I Travel Ban legati alla pandemia, però, non sono cambiati e anzi sono aumentati. E la nuova amministrazione ha reso impossibile i rientri anche per chi ne avrebbe avuto diritto.
È doveroso fare un passo indietro. È un po’ complesso ma serve a capire il contesto e le conseguenze delle scelte politiche dell’amministrazione democratica sulla vita delle persone e delle famiglie europee. Come funziona un iter migratorio? Per i visti ostacolati dai provvedimenti del presidente Biden, le categorie H-1B (lavoratori straordinari), O-1 (talenti speciali e artisti), E-2 (investitori), G-5 (personale che lavora per il corpo diplomatico) e L (imprenditori), si divide tendenzialmente in due. Chi applica per un visto presenta il suo caso all’immigrazione (la famosa Uscis di cui sopra).
Una volta che l’Uscis dà la sua approvazione, il caso si sposta nelle ambasciate e nei consolati, che si trovano sparse in Italia e in Europa e che devono esaminare la pratica pre-approvata dall’agenzia federale, così da apporre, previa intervista, lo stampo sui passaporti. Gli expat italiani ed europei traditi dall’amministrazione Biden sono rimasti intrappolati proprio qui: hanno visto le loro pratiche approvate a pieni voti dall’agenzia dell’immigrazione (Uscis), ma si sono visti rifiutare da ambasciate e consolati, che a causa del Travel Ban imposto dal Presidente non possono stampare i visti e i rinnovi) già approvati da Uscis).
C’è poi un’altra sigla che serve conoscere per capire il contesto: il NIE, che sta per National Interest Exemption. Si tratta di esenzioni al Travel Ban, che vieta l’accesso negli USA a tutti coloro che sono stati nei Paesi dell’area Schengen o in Regno Uniti nei 14 giorni precedenti al viaggio, concesse da ambasciate e consolati. Queste esenzioni sono diventate automatiche per gli studenti, semi-automatiche per i giornalisti stranieri. Lo sono sempre state per possessori di Green Card (residenza permanente) e doppia cittadinanza. Ma l’amministrazione Biden le ha rese quasi impossibili per tutte le altre categorie. Come? Costringendo ambasciate e consolati USA d’Europa, il cui personale è stato spesso decimato dalla pandemia, a inviare direttamente allo State Department a Washington le singole richieste di NIE potenzialmente valide. In questo modo, i tempi di centinaia di queste pratiche d’esenzione si sono allungati, il numero di pratiche stesso è lievitato e quello che sotto l’amministrazione Trump veniva smaltito (con un sì o con un no dalle ambasciate) in pochi giorni, ora viene archiviato in non meno di trenta giorni, fino a un massimo di sessanta. E spesso si traduce in un no.
Stritolati in questo labirinto sono migliaia di italiani con visto. Si tratta di CEO di aziende che danno lavoro a cittadini americani. Di imprenditrici e di investitori. Di registi e di attrici. Di ingegneri, architetti e governanti. Persone che hanno sempre pagato le tasse negli Stati Uniti e seguito le regole del gioco, rispettando gli obblighi e i doveri del sistema come il sistema (giustamente) chiedeva. Ma che in questo 2021, da quel sistema sono stati traditi.
La questione è diventata di interesse internazionale, sia al G8 della Cornovaglia sia al G20 in Italia. Testate come il Wall Street Journal e Forbes ne hanno scritto. Associazioni a sostegno dell’immigrazione negli USA, come l’AILA (American Immigration Lawyers Association) hanno chiesto l’automatizzazione del programma NIE per permettere il rientro e la libera uscita di chi dispone di un visto di lavoro. Attivisti a sostegno del turismo invece, come la IATA (The International Air Transport Association), hanno lanciato un monito per la fine del Travel Ban tra Stati Uniti ed Unione Europea che spezzerebbe in un click l’incantesimo migratorio. Ma l’amministrazione Biden si continua a mantenere cauta. Non si sbottona su alcuna timeline. E, attraverso dichiarazioni ufficiali continua a promettere: “Seguiamo la scienza e continuiamo a lavorare in coordinamento con i nostri alleati europei: solo così vinceremo la sfida della pandemia”.
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