La grazia di Biden ha offerto a Trump un pericoloso precedente?
La stampa non ha digerito bene la grazia concessa dal presidente uscente al figlio Hunter
«Un pericoloso precedente». La decisione di Joe Biden di graziare il figlio Hunter «erode ulteriormente la fiducia degli americani nel fatto che il sistema giudiziario sia giusto e uguale per tutti». Lo si legge sul New York Times, dove si fa presente che le ultime settimane del presidente uscente «non hanno aiutato a scrivere l’eredità che un tempo aveva immaginato».
Perché ha «ripudiato un principio comune» dei democratici – tutelare la credibilità del sistema giudiziario – e lo ha fatto per fini personali. I giornali americani si chiedono cosa sia cambiato: non era questo principio una delle cose che lo distinguevano da Donald Trump?
Il quotidiano definisce Biden proprio colui che «ha aperto la strada al ritorno al potere di Trump». Con quella sua ritrosia a fare il passo indietro, a stare attaccato alla propria candidatura. Anziché lasciare entrare Kamala Harris. Alla fine, «è stato troppo tardi». E ora, a seggi chiusi e giochi finiti, ha anche infranto la promessa di rispettare la decisione dei tribunali.
La «promessa infranta» è un’espressione che torna spesso sui giornali che hanno commentato la notizia – anche in Italia. Rimangiarsi la parola data, sconfessare sé stesso, la linea del proprio partito: è questo, l’incoerenza, che lascia perplessi. Non tanto la grazia in sé – Politico fa presente che, «nel bene o nel male, la grazia concessa da Biden a suo figlio è ampiamente in linea con lo scopo costituzionale della grazia. L’equità e l’uguaglianza vanno completamente fuori dalla finestra quando si parla di grazia presidenziale». Ma la grazia, conviene il Washington Post, è «insolita» proprio per «il modo in cui si è discostata da quanto il presidente aveva detto in passato».
«Ora possiamo constatare», scrive il Wall Street Journal, «quanto seriamente il presidente prenda la sua “parola di Biden”, come gli piace dire». Mentre Il Giornale lancia frecciatine: «Per i democratici la magistratura ha sempre ragione fino a quando non sono loro stessi a dovere essere giudicati o ad essere condannati. In questo caso, i giudici sbagliano e addirittura perseguitano». Si ironizza: il «martire» Hunter – Biden «si è spinto al punto di affermare, allo scopo di giustificare una grazia la cui ragione risiede unicamente nel vincolo del sangue, che il figlio sarebbe stato preso di mira dal sistema giudiziario in quanto rampollo di Joe stesso». Il che ricorda molto l’atteggiamento di Trump.
Nel corso del suo primo mandato, infatti, il repubblicano ha adottato un approccio a ruota libera nei confronti della grazia a consiglieri e amici collegati a indagini che avrebbero potuto implicare lo stesso Trump. Durante la più recente campagna, invece, si è impegnato a sfruttare il potere della grazia in modo ancora più aggressivo. E adesso, quasi immediatamente dopo l’annuncio della grazia concessa a Hunter Biden, Trump ha lasciato intendere che potrebbe usarla come pretesto per concedere ampia clemenza agli imputati che hanno assediato Capitol Hill il 6 gennaio 2021.
Su questo Politico, in un altro articolo, è molto duro: «Joe Biden non si è limitato a proteggere suo figlio. Ha anche consegnato al presidente eletto Donald Trump un modello per proteggere i suoi stessi alleati ed estendere ulteriormente il potere della grazia. Gli esperti legali affermano che Trump ora ha un nuovo precedente per concedere ampie grazie che assolvono i suoi alleati non solo da reati specifici, ma anche da eventuali crimini indeterminati che potrebbero aver commesso». Questo perché il provvedimento di grazia emesso dal presidente riguarda non soltanto i reati scoperti, ma anche quelli eventuali, ancora da scoprire. Il giovane Biden è ora di fatto esente da conseguenze legali per qualsiasi legge che avrebbe potuto violare in un periodo di quasi undici anni. Politico riporta che nessun presidente americano moderno ha mai elargito una concessione di clemenza così ampia.