Scappo da New York: lo smart working fuori da New York
La pandemia ha convinto molti newyorkesi a trasferirsi Upstate, un fenomeno che ha avuto conseguenze importanti, a partire dalla gentrificazione.
«Sono tornata a New York perché hanno minacciato di licenziarmi, altrimenti sarei rimasta» dice Beth Reisman, a metà tra il divertito e il deluso, durante una conversazione telefonica in un nevoso venerdì sera di gennaio.
Reisman non esita a definirsi «newyorkese nel cuore». Nata e cresciuta nel Bronx, oggi, all’età di sessant’anni, vive nel Queens e fa la maestra di arte in «una scuola per bambini benestanti» nell’Upper East Side.
«Non avrei mai immaginato di lasciare la città» racconta. Tantomeno per un lungo periodo. Invece, dal momento in cui la minaccia del COVID-19 si è presentata alla sua porta a marzo 2020, a Jackson Heights, una delle aree del Queens passate alla storia come l’epicentro della pandemia, Reisman è partita per la sua casa di campagna con il marito e la figlia di vent’anni, e non è più tornata.
Fuga verso la campagna
Secondo un rapporto dell’amministrazione cittadina di New York risalente a novembre 2021, nel 2020 quasi 850.000 abitanti della città hanno cambiato indirizzo in modo permanente – il 36% in più rispetto al 2019 –, di cui 80.000 soltanto nel mese di marzo.
I racconti sull’esodo dei newyorkesi verso aree del Paese ritenute meno a rischio si sono sprecati. Tanti sono volati alla volta della Florida, complici il clima mite e la situazione politica. Il Sunshine State è noto per l’assenza delle restrizioni sanitarie e il suo governatore ha dall’inizio criticato l’uso delle mascherine contro il contagio, arrivando a vendere gadget personalizzati con lo slogan “Don’t Fauci my Florida”, un attacco diretto all’immunologo della Casa Bianca.
Ma tanti, come Reisman, hanno preferito rimanere nel loro Stato, spostandosi semplicemente fuori città, a Long Island o nella zona conosciuta come “Upstate”. Non esiste una vera traduzione del termine. Equivale sostanzialmente a downtown (centro città) o upstairs (il piano di sopra).
«Per la prima volta ho potuto vivere in una casa invece che in un appartamento»
Il paesino dove Reisman ha vissuto per un anno e mezzo si chiama Margaretville e dista quasi tre ore di auto da Manhattan. I residenti sono 600 in totale e si trova nella zona dello stato di New York ai piedi della catena montuosa delle Catskills, rinomata per il turismo sciistico. E, dall’inizio della pandemia, è diventata meta dell’esodo dei newyorkesi.
«A differenza di New York, potevamo uscire a passeggiare senza temere per la nostra salute» spiega Reisman. «La natura era rilassante, la vita semplice. Per la prima volta ho potuto vivere in una casa invece che in un appartamento».
Diversi suoi conoscenti, continua Reisman, hanno scelto Margaretville come meta perché vicina a un supermercato e ad una farmacia, che possono essere raggiunti a piedi. Per quattro mesi l’auto è rimasta parcheggiata nel vialetto, una rarità nella campagna americana. Tanti, a differenza sua, sono rimasti Upstate a tempo indeterminato.
Gentrificazione rurale
L’arrivo di citypeople come Reisman ha avuto sugli abitanti di Margaretville effetti contrastanti. Da un lato, un aumento considerevole delle possibilità economiche, con l’apertura di bar e pasticcerie per turisti e nuovi residenti. Dall’altro, un aumento generalizzato dei prezzi delle abitazioni improvvisamente diventate di pregio, il fenomeno che in inglese si definisce gentrification (gentrificazione).
Alcuni residenti locali, dopo essersi accorti dell’aumento di valore inaspettato delle proprie case, hanno deciso di vendere e trasferirsi altrove. Altri, al contrario, si sono trovati ad affrontare la paura di non potersi più permettere l’affitto.
«Hanno paura dell’aumento delle tasse, hanno paura di dover cambiare radicalmente il proprio stile di vita» aggiunge Reisman. «Hanno paura che le risorse naturali non siano sufficienti a sopportare l’arrivo di così tante persone».
L’arrivo dei newyorkesi, infatti, ha causato alcuni problemi pratici. Talvolta, nei momenti peggiori della pandemia, Reisman si trovava a dover calcolare quando sarebbe arrivato il rifornimento degli scaffali al supermercato, perché la domanda eccedeva di gran lunga l’offerta. Il Wi-Fi per poter lavorare da casa le è costato il doppio che in città, ma sembra si sia trattato di problemi minori, sormontati in breve dall’arrivo di imprenditori cittadini.
Il caso di Kingston
Fenomeni come quello di Margaretville sono cresciuti a dismisura durante la pandemia, specie nella prima ondata. Ne è l’emblema la cittadina di Kingston, 23.000 abitanti, anch’essa nel cuore delle Catskills, e che a marzo 2020 compariva tra le prime dieci destinazioni per il cambio di residenza in tutti gli Stati Uniti. Qui l’esodo ha raddoppiato i prezzi di case e proprietà. Villette che erano abbandonate da anni sono state ristrutturate e vendute a prezzi impensabili per queste zone dello Stato, a discapito di coloro che a Kingston risiedevano da anni.
«Kingston si trova davanti alla possibilità di perdere quella parte della popolazione che la mantiene vivace e diversificata, oltre che a contribuire al suo funzionamento» scriveva sul New York Times una residente ad agosto 2020.
Secondo una stima della National Association of Realtors (Associazione Nazionale degli Agenti Immobiliari), i prezzi degli immobili nella zona delle Catskills sono incrementati in media del 15% da inizio pandemia e le nuove case sul mercato vengono vendute nel giro di pochi giorni.
Uno spiraglio di diversificazione
A Margaretville, dal punto di vista sociale, l’arrivo di nuovi residenti da New York ha comportato una diversificazione notevole della popolazione. «Non dico che ci siano tante persone di colore» – evidenzia Reisman – «ma sicuramente se ne vedono di più e anche io, che sono ebrea, prima appartenevo alla minoranza, adesso sono meno una minoranza».
Alle ultime elezioni locali, continua Reisman, questo cambiamento si è riflettuto anche a livello politico, rovesciando il distretto da rosso a blu, ovvero da repubblicano a democratico. Per lei, newyorkese doc, è stata una vittoria.
E nonostante l’aumento dei prezzi e della qualità della vita, gli stipendi rimangono sempre uguali, non incontrando le necessità di una zona ormai gentrificata. «A volte i miei amici mi chiedono perché non rimango Upstate ad insegnare nella scuola locale» conclude. «Ci ho pensato, certo, ma è impossibile, mi pagherebbero una miseria».
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