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Siamo di nuovo amici
Nell'ultimo capitolo della trilogia “Prediche e acqua minerale” di John O’Hara, gli USA della Seconda guerra mondiale, delle scalate sociali, dei rapporti di convenienza e degli amori nascosti
Ladies and gentlemen,
welcome aboard the Jefferson Bookplane, la rubrica di Jefferson sulla letteratura americana (ma restiamo umili).
Breve identikit di John O’Hara
Nato a Pottsville (Pennsylvania), il 31 gennaio 1905, John O’Hara è stato, probabilmente, lo scrittore americano più detestato di sempre.
Di origini irlandesi, O’Hara era avvezzo alle risse, alle bevute eccessive e ai matrimoni complicati. È passato alla storia per le sue opere Appointment in Samarra e BUtterfield 8 (proprio da quest'ultimo fu tratto il celebre film Venere in visone, con cui Elizabeth Taylor vinse un Oscar come miglior attrice) e, soprattutto, per la sua incredibile autostima. A dispetto del premio Nobel che mai ha conquistato, pur considerandosi secondo solo a Hemingway (dal quale, comunque, fu molto stimato, così come da Francis Scott Fitzgerald).
Sul suo epitaffio scrisse: «Meglio di chiunque altro ha raccontato la verità della sua epoca, la prima metà del Ventesimo secolo. Era un professionista. Scriveva bene e con onestà».
Un tipetto particolare.
Oltre a scrivere per Broadway, per numerosi giornali e riviste, ha pubblicato moltissimi racconti, che sono dei veri e propri tesori per chi ha voglia di esplorare un certo tipo di società e di ambienti americani. Tra questi, “Siamo di nuovo amici”.
Parliamo di trama
In una banale domenica sera d’estate, lo scrittore Jim Malloy, nonché alter ego di O’Hara, accoglie nel circolo per soli uomini di cui è grande fan e assiduo frequentatore il suo vecchio amico Charley Ellis, che gli racconta di aver appena perso Nancy, la sua adorata moglie.
Questa triste notizia innesca una sorta di flashback dal sapore un po’ amaro, che permette all’autore di ricordare a sé stesso e al suo alter ego, diventato oramai uno scrittore affermato e conosciuto, gli anni in cui si delineano i rapporti di una vita, d’amicizia ma anche d’amore.
Quella società d’oltreoceano che ci ha sempre attirato
Non era proprio una novità, che l’amante fosse più marito del marito; ma non avevo mai visto un caso in cui la geografia, o il sistema di vita di una città, avesse tanta influenza.
p. 59
Tornando indietro nel tempo, il protagonista ci presenta un panorama fatto sì di ricordi di gioventù ma anche e soprattutto di circoli esclusivi e di pettegolezzi sussurrati (neanche poi così a bassa voce) d’orecchio in orecchio.
È un triste spettacolo quello di questa New York aristocratica più annoiata che mai, decaduta moralmente, che consuma le sue tresche frettolosamente e poi le giustifica dietro le porte dei salotti più in voga.
Se da un lato ci disgusta e ci rattrista, dall’altro queste sagome di fragilità e cattiveria ci attirano come le falene verso la luce. Torniamo lì a scoprire l’abisso di una società che si specchia nella sua miseria.
L’arte del dialogo
La maestria di John O’Hara è certamente nel dialogo. Secco, incisivo, efficace. È la forza della sua narrativa. Lasciarsi trasportare dall’intensità e dall’arguzia di intere pagine dedicate ai dialoghi fra due e/o fra tre personaggi è davvero un piacere da concedersi senza esitazioni. Riesce a sopperire a una trama che non è indimenticabile, possiamo dirlo.
Probabilmente, però, è proprio così che l’autore voleva che fosse. Sono dei flash, dei momenti lontani nel tempo, rispolverati da un vecchio cinico scrittore che ha fatto il suo tempo, in una specie di Viale del Tramonto.
Cinica tenera solitudine
Uno scrittore appartiene al suo tempo, e il mio è passato. Negli anni o nei giorni che mi restano, mi divertirò a contemplare il mio tempo, affascinato dal modo in cui le cose si collegano l’una all’altra.
p. 52
Nel fare i conti con il suo passato, attraverso il suo alter ego, O’Hara ci fa ripercorrere circa trent’anni di storia americana. Dai giorni precedenti lo scoppio del Secondo conflitto mondiale, dominati dal New Deal e dalla politica di Roosevelt, fino agli anni Sessanta del boom economico.
Tuttavia, il punto di partenza è il 1961, l’anno di pubblicazione del romanzo. È questo il presente da cui lo scrittore sessantenne Jim Malloy tenta di forse di fuggire, rifugiandosi in una malcelata nostalgia che gli permette di guardare all’esistenza passata, alle vite vissute e alle persone incontrate.