Lo sgretolamento del patriarcato nei Soprano
Apatici, inetti, disillusi, morbidi, disinteressati alla vita, in un incessante corsa verso il nulla: così i Soprano hanno sgretolato i modelli maschili
Il racconto della mafia è un racconto di maschi. Di potere maschile, di formazione maschile, di educazione maschile, di aspettative maschili. Di sopravvivenza maschile. È la storia di Don Vito Corleone, di Michael Corleone, di Sonny Corleone, di Al Capone, di Tony Montana e dei poster appesi nei bunker dei mafiosi di cui leggiamo sui giornali. Maschi a cui aspirare, se il tuo obiettivo è quello di lavorare per il crimine organizzato, da imitare e celebrare; d’altra parte, avete mai visto un malavitoso girare con la foto di Fredo Corleone nel taschino? Però la rappresentazione della mafia è anche questa cosa qui, il racconto dell’inadeguatezza, delle aspettative fallite, delle ambizioni mancate, di uomini che vorrebbero essere più di un genere preconfezionato, di fallimenti e tradimenti. Di famiglie asfissianti che decidono del futuro dei propri membri senza chiederne il parere, per cui se Michael è l’erede naturale, la mente, la ragione, e Sonny è il braccio, la forza bruta, l’impulsività, allora Fredo è lo scemo, l’incapace, quello che non si sa dove mettere o cosa fargli fare, perché pure per i mafiosi vale la regola eterna di Tolstoj: tutte le famiglie felici si somigliano, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo.
Infatti i Corleone fanno saltare in aria la linea di successione perché il temperamento e le qualità caratteriali dell’erede maschio valgono di più della sequenza di nascita. Così, con l’ascesa di Michael, ha inizio anche la lotta alla sopravvivenza di Fredo, che contemporaneamente è il protagonista di un racconto parallelo. La sua inettitudine si presenta sotto varie forme, tutte nemiche della virilità e del potere: le numerose malattie, polmonite, diabete e sifilide, la dipendenza sessuale, l’incapacità di tenere fede alla parola data, l’eccessiva docilità scambiata per fragilità, la goffaggine e il tradimento, che gli costerà la vita. A Fredo, in fondo, non serve un intero film per descrivere sé stesso, ma solo due scene, quella in cui non riesce a impugnare la pistola per difendere il padre vittima di un agguato e quella in cui scambia il bacio di Giuda del fratello per un gesto di affetto e perdono.
A dare ulteriore dignità narrativa all’inadeguatezza e alle fragilità dei boss e dei loro fedeli ci ha pensato David Chase, che, sui maschi in crisi, ha tirato su un’intera serie televisiva, I Soprano, i cui protagonisti sono tutti figli di Fredo Corleone. I Soprano è il racconto di una generazione smarrita, attaccata con le unghie e con i denti a ideali corrosi e ormai in decadimento, dell’inquietudine dopo l’11 settembre, della criminalità organizzata che muta perché a mutare sono gli uomini che ne fanno parte, di maschi che vorrebbero somigliare ai loro padri e invece sono perseguitati dalle loro madri, di malattie che decidono il corso degli eventi prima ancora delle pistole.
Tony Soprano succede all’amico morto di cancro, soffia il posto di boss allo zio, ormai considerato troppo vecchio, inaffidabile e non più indipendente, soffre di attacchi di panico e depressione ed è in cura da una psicologa, mentre il resto dei suoi uomini tenta di elaborare lutti, tragedie e disfunzioni famigliare, ansia e paure. Uomini schiacciati dal peso delle aspettative dei loro padri e della responsabilità di ruoli che non sembrano essere in grado di assumere.
Eredi inadeguati, i maschi di I Soprano non hanno successione. Non hanno nulla da insegnare, nulla da lasciare, nulla a cui aspirare. La morte o l’inettitudine ha già fatto per loro. Anthony Jr. Soprano è il Fredo Corleone dei millennial, figlio dell’11 settembre, è tutto quello che un boss non vorrebbe avere come erede. Apatico, inetto, disilluso, morbido, disinteressato alla vita, è Tony libero dalle aspettative di amici e famigliari. È Tony al suo estremo e la sua vita è una incessante corsa verso il nulla.
David Chase sceglie la mafia per parlare dello sgretolamento dei modelli maschili, di depressione, di nichilismo, di un mondo che cambia e chiede ai maschi di diventare altro e reinventarsi come hanno fatto le donne. Uomini in crisi il cui ultimo baluardo è rappresentato dalla forza bruta e dalla violenza, gli unici elementi nei quali riescono ancora a riconoscersi e trovare loro stessi. Uomini senza futuro.
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