La scomparsa dell'Islam dal dibattito politico
L'Islam ha perso gran parte della centralità che aveva fino a pochi anni fa nel dibattito politico, ma alcuni temi tornano periodicamente alla ribalta quando ci sono in ballo elezioni e presidenze.
La questione Islam ha certamente perso gran parte della centralità che aveva fino a pochi anni fa nel dibattito politico, ma alcuni temi tornano periodicamente alla ribalta quando nei più importanti Paesi dell’Occidente ci sono in ballo elezioni e presidenze. Così come negli Stati Uniti, che nel 2016 diedero a Donald Trump le chiavi della Casa Bianca, anche nella corsa all’Eliseo nel 2022 si è tornati a parlare di Islam come terreno dell’agone politico fra i vari candidati.
In America, come evidenzia un saggio di George Hawley per Brookings, gli attentati dell’11 settembre 2001 hanno rappresentato un punto di svolta nella percezione dell’Islam da parte dei cittadini. La destra e il Partito Repubblicano hanno sicuramente mostrato più sospetto nei confronti dei musulmani rispetto alla sinistra Dem, nonostante l’allora Presidente George W. Bush abbia cercato in diverse occasioni di chiarire che il Paese era in guerra con il terrorismo e non con l’Islam in quanto tale. Basti pensare che, pochi giorni dopo gli attacchi, l’inquilino della Casa Bianca visitò una moschea a New York pronunciando parole estremamente distensive in tal senso: «Il volto del terrore non è la vera fede dell'Islam. Non è di questo che tratta l'Islam. L'Islam è pace». Ciononostante, un sentimento di diffidenza si è comunque sedimentato durante il periodo della War on Terror per tutta la prima decade del terzo millennio, per poi essere rinfocolato a partire dal 2014 con l’ascesa in Iraq e Siria dell’autoproclamato Stato Islamico e il ritorno degli attentati a New York, Parigi, Bruxelles e Barcellona (per citare i casi più eclatanti).
In questo contesto, i riferimenti di Trump all'Islam durante e dopo le elezioni presidenziali del 2016 erano decisamente diversi da quelli del suo predecessore Barack Obama e dei suoi antesignani repubblicani. Il Tycoon attaccò apertamente le strategie del Presidente Bush nella guerra al terrorismo, dichiarando ad esempio che l'invasione dell'Iraq era basata sulla menzogna. Trump si è spinto fino ad auspicare il divieto totale di accesso agli Stati Uniti per i migranti provenienti da Paesi a maggioranza islamica, promessa poi parzialmente mantenuta con il cosiddetto Muslim ban del 2017.
In sostanza, per quanto riguarda la politica estera, l’ex capo della Casa Bianca non ha mai condiviso la dottrina di Bush, secondo cui l’instaurazione di libertà e democrazia nei Paesi a maggioranza musulmana sarebbe stata la soluzione al problema del terrorismo. Secondo Trump la questione era invece strettamente legata all’immigrazione, un punto di vista che rendeva necessaria una soluzione a valle e non a monte del problema.
La destra francese di Marine Le Pen, leader del Front National (Rassemblement National dal 2018), ha fatto delle battaglie sull’Islam e sui temi ad esso attigui uno dei suoi maggiori strumenti di propaganda politica , insieme alle posizioni critiche su Unione europea e NATO. Richiamandosi ai principi della laïcité, la leader conservatrice si è sempre opposta al finanziamento pubblico ai centri di culto islamici, chiedendo anche maggiori controlli sui fondi che spesso arrivano dall’estero per sovvenzionarne la costruzione e le attività. In altri termini, per dirlo con le parole della stessa Le Pen, il Rassemblement punta a «separare la moschea dallo Stato». Nella campagna elettorale per le presidenziali 2022, come pure nel confronto televisivo con il Presidente in carica Emmanuel Macron, Le Pen ha nuovamente tirato in ballo il tema che plasticamente - e anche semplicisticamente - spesso domina il discorso pubblico sull’Islam: la possibilità per le donne di indossare il velo.
La leader dell'estrema destra francese si è detta favorevole all’ipotesi di vietare il velo islamico negli spazi pubblici, multando chi lo indossa in maniera simile alle multe per chi viola il codice della strada. «È una misura che chiedono i francesi. Non vogliono che venga più indossato il velo in pubblico perché hanno capito che negli ultimi 20 anni questo velo è stato usato dagli islamisti come un'uniforme e come dimostrazione dell'avanzata dell'islamismo».
Negli USA come in Francia (dove vivono quasi 6 milioni di cittadini di origine musulmana, pari a circa il 10% della popolazione), argomenti simili avrebbero avuto sicuramente un grande impatto fino a qualche anno fa. Oggi, però, la situazione è cambiata. La pandemia di Covid-19, i suoi effetti negativi sull’economia internazionale, e da ultima la crisi in Ucraina hanno modificato l’agenda delle priorità dei policy makers e la percezione di quelle che l’opinione pubblica considera “le minacce”.
Nel caso della Francia si aggiunge il fatto che su certi temi Le Pen è stata letteralmente sorpassata a destra da Eric Zemmour, polemista de Le Figaro prestato alla politica, che tuttavia non ha superato lo scoglio del primo turno. Dopo aver annunciato la sua candidatura, Zemmour ha affermato in un’intervista: «A differenza di altri, io non distinguo tra islam e islamismo. È una falsa distinzione. Ma faccio una distinzione tra Islam e musulmani. Invito tutti i musulmani ad assimilarsi e a rinunciare alla pratica dell'Islam che impone un codice giuridico e politico». Parole non da poco, tanto da raccogliere il plauso di realtà del tradizionalismo cattolico francese e piattaforme online come Les Chrétiens avec Zemmour.
Ciononostante, Zemmour e il suo partito Reconquête – nome che riecheggia non a caso la Reconquista cristiana della Spagna musulmana - si è fermato 7.1%, dando peraltro modo a Le Pen di farsi avanti come “volto presentabile” della destra d’Oltralpe. Vale la pena notare che, dall’altra parte della barricata, il candidato più votato tra gli elettori di fede musulmana è stato Jean-Luc Mélenchon. Al primo turno, infatti, l’esponente della sinistra radicale ha conquistato sette voti su dieci in questo particolare bacino elettorale, probabilmente anche grazie alla propaganda sulla créolisation, cioè la creazione di una Francia schiettamente e fieramente meticcia e tollerante.
Insomma, il tema dell’Islam – o per meglio dire alcuni dei suoi aspetti – non sembra avere più l’appeal di una volta. Tuttavia, questo non significa che una volta esaurite le emergenze in corso sul fronte sanitario, economico e della sicurezza in Europa, l’agitazione demagogica del cosiddetto “scontro di civiltà” tra Occidente e Islam torni ad essere un terreno redditizio dal punto di vista elettorale, per i conservatori al di qua e al di là dell’Atlantico.
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