Sauerkraut Western: la fascinazione tedesca per la Frontiera
Tutto quello che c'è da sapere sulla profonda ossessione dei tedeschi per i Nativi americani.
L’epopea del Far West americano ha sempre affascinato gli animi di tantissime generazioni di persone intorno al mondo, basti pensare alla ricchissima produzione di film spaghetti western che ha interessato il nostro Paese negli anni ‘60 e ‘70. Gli echi della frontiera arrivarono tuttavia anche in Germania, teatro di un fenomeno a tratti unico in Europa: una profonda ossessione per i nativi americani, i loro costumi e le loro rappresentazioni, spesso stereotipate. Un’affezione che, più che un genuino interesse per i popoli del Nord America, consiste in un peculiare mix di paralleli nazionalisti, cultura new age e appropriazione culturale.
Tutto inizia con lo scrittore Karl May, la cui produzione letteraria si concentra nei primi anni del Novecento. I lettori della Germania Imperiale erano affascinati dai racconti in cui May, che non era mai stato in America in vita sua, rendicontava la vita idilliaca degli Apache Mescalero, e del loro capotribù fittizio Winnetou. Uno stile di vita fondato sul contatto con la natura e la semplicità degli usi e dei costumi delle tribù finite poi travolte dall’avanzare della ‘civiltà’ coloniale. May finiva per proiettare sui nativi americani una serie di topos culturali tipici della società tedesca della sua epoca, tra cui quelli perpetuati dal movimento giovanile dei Wandervogel, precoci nazionalisti tedeschi che biasimavano la rapida industrializzazione del loro Paese e predicavano il ritorno ad uno stile di vita più a contatto con la natura e purificato dalla corruzione morale della civiltà moderna.
Non sorprende quindi che la popolarità dei romanzi di May sia sopravvissuta anche al regime nazista: nonostante la poca ‘arianità’ dei protagonisti nativi dei romanzi dell’autore, veniva riconosciuto una sorta di valore ‘pedagogico’ nel racconto del progressivo declino delle tribù del Nord America. Nella visione nazista, l’estinzione delle tribù native e la loro riduzione alle riserve erano da tributare alla loro ingenuità davanti all’impeto conquistatore dei coloni anglosassoni. Il topos della ‘kultur’ virile e selvaggia, ma distrutta da una vile ed insidiosa ‘zivilisation’, particolarmente caro ad Oswald Spengler, trovava risonanza nella passione tedesca per l’immaginario nativo.
Una passione che, ovviamente, non può che intensificarsi negli anni successivi all’occupazione del Paese per mano delle truppe statunitensi. Gli anni ’60 ed i loro movimenti culturali prendono una piaga ‘indianofila’ in Germania Ovest: molti giovani riscoprono i romanzi del ciclo di Winnetou, ed incorporano uno scimmiottamento dei rituali e dei costumi nativo americani in quello che diventerà il movimento hippie tedesco.
La passione per i nativi americani non si ferma alla frontiera con i Paesi del Patto di Varsavia: il lascito culturale di May permane anche in Germania Est, dove nasce il fortunato genere degli ‘Ostern’: film ambientati nel selvaggio west americano, ma intrisi di temi e trame anti-imperialiste, focalizzate sulla resistenza degli indiani alla colonizzazione della frontiera ed allo sfrenato capitalismo delle boom town e delle ferrovie statunitensi.
Non tutto è fatto per perdurare in eterno: negli ultimi anni, i dibattiti sull’appropriazione culturale nati negli Stati Uniti si sono traslati in Germania, dove la fascinazione per la visione artefatta dei nativi di Karl May continua ad essere forte. In particolare, il fenomeno dell’“Indianthusiasm” è spesso accusato di essere una vera e propria proiezione psicologica tedesca sui nativi, la costruzione di un immaginario fittizio dove la nazione teutonica non si è mai macchiata di crimini contro l’umanità ed ha subito invece persecuzioni ed occupazioni simili a quelle patite dai nativi.
Una visione scarsamente apprezzata da molti attivisti nativo-americani che, accortisi del fenomeno, hanno iniziato a fare pressione a diverse case editrici tedesche per limitare la ristampa e la diffusione dei romanzi di May, suscitando anche proteste accese da parte di generazioni di lettori nati e cresciuti con le avventure dell’Apache Mescalero.
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