Cosa possiamo imparare dalla rovente Death Valley
Ripensare il rapporto tra Uomo e Natura non può significare solamente immaginare di fare tabula rasa di quello che l'uomo, nei secoli precedenti, ha fatto della natura, nel bene e nel male.
Inondazioni, tempeste, incendi che si estendono per centinaia di chilometri, ghiacciai che si sciolgono a vista d'occhio. Il cambiamento climatico è una realtà di fatto, possiamo prenderne coscienza tutti i giorni, possiamo disperarci di fronte all'impotenza umana davanti a migliaia di ettari di terra che bruciano o fiumi in piena che avanzano nelle nostre città. O possiamo reagire.
Possiamo smetterla di incolparci per ogni disastro climatico sulla Terra quando già mettiamo in atto i migliori comportamenti che potremmo adottare, soprattutto se viviamo in città. Oppure, se adottiamo un atteggiamento lassista volto a pensare che l'immobilismo sia l'unica nostra possibilità di scelta, potremmo farci un esame di coscienza e fare qualche sforzo in più per migliorare la nostra comunità e la salute del nostro pianeta.
In quest'ottica, il consumo sostenibile, com'era prevedibile, è diventato una vera e propria moda e, come tale, un giorno potrebbe addirittura stancarci e farci credere che, in fondo, era solo una delle tante possibilità che la società ci metteva davanti. Sebbene l'auto-colpevolizzazione non sia la strada giusta, vuoi perché ci allontana dall'idea che, in primis, il vero passo da intraprendere è un'azione collettiva di pressione su chi tiene le redini delle nostre economie, vuoi perché ci fa soffrire un po' tutti di ansia cronica, ancora per molto dovremmo sopportare questo fardello, perché è forse la sola leva che ci spinge a riflettere e ad agire.
Solo pochi giorni fa, il 29 luglio 2021, noi umani – solo una delle tante specie presenti sulla Terra – ne abbiamo esaurito completamente le risorse che in un anno sarebbe in grado di generare e rinnovare. L'Earth Overshoot Day - così viene chiamata questa giornata - è un nome emblematico scelto perché rappresenta il momento in cui si sono oltrepassate le capacità del nostro pianeta. Per chi mastica un po' di inglese il termine però rimanda anche ad un altro significato, utilizzato soprattutto nel mondo dello sport, e che indica il momento in cui un giocatore manca il proprio bersaglio.
Non solo quindi, l'Earth Overshoot Day ci dovrebbe ricordare che abbiamo esaurito tutte le risorse terrene a disposizione, ma che abbiamo anche mancato il nostro obiettivo, quello di preservarle.
Da un'analisi preliminare delle immagini satellitari rilevate dopo gli eventi disastrosi che hanno colpito nelle scorse settimane l'Europa centrale, risulta che le aree maggiormente colpite (in una zona vastissima che va dalla Germania occidentale al Belgio) non lo erano mai state nei due anni precedenti – i più caldi di sempre – e in modo così violento.
Ci vorrà moltissimo tempo affinché il mondo della ricerca possa confermare quanto è già di per sé prevedibile, ovvero che l'entità dei fenomeni climatici sia direttamente legata al riscaldamento globale che procede a ritmi irrefrenabili, ma il riscaldamento globale è solo una delle tante facce del cambiamento climatico nella nostra vita di tutti i giorni.
Spostiamoci ora negli Stati Uniti. Le ultime previsioni avvertono dell'aumento delle temperature nella aree più a Sud del Paese, come d'altronde ci si potrebbe aspettare. Nelle ultime due settimane del mese di luglio, solo nella Death Valley californiana, sarebbe stata registrata una temperatura di 54,4°C, tra le più elevate mai registrate sulla Terra. La straordinarietà non riguarderebbe tanto la temperatura raggiunta quanto la ripetibilità del fenomeno, dato che si tratta del secondo anno consecutivo in cui, in quella zona, vengono raggiunti i 54°C.
Quando lo straordinario diventa ordinario spetta alla scienza fare chiarezza e fugare ogni dubbio. È quanto ha provato a fare un gruppo di ricercatori conducendo una rapida analisi delle condizioni di probabilità del verificarsi di temperature estreme rispetto all'aumento della temperatura globale. Quanto risulta dallo studio è che se la temperatura globale aumentasse di più di 2 °C, questi eventi nel prossimo futuro potrebbero verificarsi ogni cinque-dieci anni, un lasso di tempo preoccupante se si considera che per millenni fenomeni del genere si sono presentati a distanza di centinaia di anni o, al massimo, di decenni.
Il team di ricercatori, analizzando le temperature massime giornaliere previste, grazie a specifici modelli climatici di previsione e, confrontandole con le temperature che sarebbero registrate in un'atmosfera non alterata (tramite programmi di simulazione), hanno concluso che l'attuale aumento della temperatura media globale di 1,2°C (dai tempi preindustriali) rende il verificarsi di ondate di caldo estremo almeno 150 volte più probabile.
Lo studio menzionato è solo uno dei moltissimi progetti di ricerca nell'alveo dei cosiddetti studi di "attribuzione rapida", ovvero quelle analisi che puntano a stabilire se esiste un legame tra il cambiamento climatico e gli eventi estremi che sempre più spesso osserviamo.
Ne è un esempio quanto sta accadendo in questi giorni nel Midwest e nel Sud degli Stati Uniti dove l'ondata di calore estivo potrebbe provocare, avvisano i meteorologi, fortissime precipitazioni e tornado. Il Nord non è esente dalle conseguenze che l'aumento delle temperature potrebbe portare, tra cui un'aria più malsana per il formarsi e il dilagarsi degli incendi in Oregon e nella California settentrionale. Proprio in quest'area del Paese gli incendi non sembrano voler cessare, con il "Bootleg Fire" (così è stato soprannominato) che è arrivato a bruciare almeno 411.000 acri, l'equivalente di 166.326 ettari.
Gli incendi di cui siamo spettatori in questi giorni negli Stati Uniti, in Canada e in Italia, nella nostra Sardegna, hanno raggiunto entità sproporzionate anche a causa della scarsa manutenzione dei terreni, spesso lasciati incolti e privi di adeguate "zone cuscinetto" e perché spinti dal caldo e dalla siccità, che ne alimentano il corso.
È certo che sia ormai giunto il tempo di ammettere la fallibilità dell'espressione e della volontà umana, comprendere che quella "volontà di potenza" (eterna) di cui parlava uno dei più grandi filosofi della storia occidentale sia effettivamente innata negli esseri umani ma che, non per questo, sia la nostra unica modalità di espressione.
Ripensare il rapporto tra Uomo e Natura non può significare solamente immaginare di fare tabula rasa di quello che l'uomo, nei secoli precedenti, ha fatto della natura, nel bene e nel male. Significa accettare di fare i conti con il nostro passato e trovare un nuovo punto di partenza, una rinnovata congiunzione tra noi e l'ecosistema che da millenni ci ospita.
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