Ritratto di Sherrill Redmon, che s'innamorò di Mitch
Uno sguardo alla progressiva trasformazione femminista della prima moglie di Mitch McConnell
Da quando Mitch McConnell, storico leader Repubblicano al Senato degli Stati Uniti, ha annunciato la decisione di abbandonare la propria posizione alla guida del partito nel secondo ramo del Congresso, diversi analisti si sono tuffati nel tentativo di ritrarre approfonditamente la sua figura.
Dall’attenzione destinata al suo apporto dentro al Partito Repubblicano, ai focus riservati all’influenza di McConnell sul proprio home-state, il Kentucky, non mancano dissertazioni sulla forte intersezione tra la vita privata del Senatore e quella pubblica, soprattutto concernenti le seconde nozze di McConnell, attualmente coniugato con l’ex Segretaria del lavoro di George W. Bush poi ex Segretaria ai trasporti sotto Donald Trump, Elaine Chao.
La storia della potente coppia Repubblicana appare addirittura incisa sulle pareti dei McConnell-Chao Archives, presso l’Università di Louisville. Tuttavia, da una rapida panoramica della vita di McConnell emerge una figura – checché spesse volte dimenticata – in forte contrasto con il set ideologico rappresentato dal Senatore; ed è proprio quella della prima moglie, poi collaboratrice stretta della femminista, giornalista e scrittrice Gloria Steinem, Sherrill Redmon. Di Redmon non c’è traccia sulle pareti degli archivi dedicati a McConnell, una scelta che non ha mai particolarmente sorpreso la stessa prima moglie, come ha avuto occasione di rimarcare nelle poche interviste mai rilasciate.
Un divorzio raramente raccontato - verosimilmente amichevole, tuttavia probabilmente ideologico, data la profonda divisione politica e sociale maturata tra i due e l’evoluzione fortemente conservatrice del Partito Repubblicano degli anni Ottanta, che si apprestava ad adottare le ormai storiche posizioni di opposizione al diritto costituzionale all’aborto e a Roe v. Wade, inconciliabili con la visione maturata da Redmon per quanto concerne proprio i diritti delle donne.
La progressiva svolta femminista
Poco si conosce della vita privata di Redmon prima di McConnell, oltre che degli anni passati al fianco del Senatore Repubblicano, ma non è quella parte della sua vita su cui è necessario soffermarsi per capire il portato della figura della ex moglie. Dopo il divorzio, infatti, Redmon diventa (finalmente) personalità di riferimento per l’archivistica e la storia femminista statunitense, dando pieno sfogo agli interessi di ricerca accademica, per anni accantonati, per crescere i tre figli avuti tutti dal Senatore nel corso degli anni Settanta.
Direttrice per 19 anni della Sophia Smith collection of Women’s History presso lo Smith College, Redmon ha lavorato per trasformare la collezione, ampliandola e rendendola più varia dal punto di vista razziale e culturale.
Tra gli importanti progetti che hanno visto la luce e si sono avvalsi della collaborazione di Redmon, il volume Feminists Who Changed America, 1963-1975. L’opera, contenente 2.220 profili di influenti femministe di seconda ondata, è stata curata dalla giornalista e autrice Barbara J. Love, che ha lavorato per sette anni al fianco di Sherrill Redmon.
Come nei migliori e più canonici percorsi di autoanalisi femminista, Redmon nel corso della sua vita si emancipa e si afferma; dal dottorato in storia chiuso nel cassetto per fare spazio all’immaginario della famiglia tradizionale, alla radicale riscoperta del sé che l’ha poi condotta a dedicarsi a far emergere profili apparentemente dimenticati dalla Storia, ma che al contrario hanno marcato profondamente la grande favola statunitense.
Una vita per la storia delle donne
In questa direzione si è mosso il lavoro realizzato da Redmon a fianco di Gloria Steinem, Voices of Feminism, un progetto di storia orale. Dando pieno sfogo all’impegno preso di far emergere figure apparentemente dimenticate, Voices of Feminism cerca di ricostruire tanto l’esistenza quanto la grande diversità organizzativa femminile negli Stati Uniti nella seconda metà del XX Secolo.
Le narratrici coinvolte nel progetto hanno realizzato accurati ritratti di attiviste, politiche, artiste e scrittrice coinvolte sui fronti del lavoro paritario, dell’antirazzismo, della pace, della giustizia riproduttiva e dei diritti della comunità LGBTQIA+. Le interviste, della durata media di quasi sei ore, coprono tutta la vita delle figure prescelte, dalla loro infanzia alla loro crescita personale e politica.
Come ha spesso rimarcato Steinem, «se non riusciamo a vedere una storia di donne, non sappiamo di poterla fare [la storia]» e, nel tentativo di mostrare al mondo il ricchissimo apporto femminile agli Stati Uniti, Redmon è responsabile di aver fatto emergere (tra le altre) i profili di 21 pioniere di New York, da Martha Lamb, scrittrice e storica del XIX Secolo, a Romany Maire, ristoratrice del Greenwich Village dei primi del Novecento, i cui caffè divennero noti come luoghi di incontro per "persone pensanti".
Una rara testimonianza
Se tramite McConnell si sa poco di Redmon, sono il lavoro di questa, oltre che la stessa Gloria Steinem a parlare per lei: è stata proprio la giornalista femminista a puntualizzare spesse volte il contrasto tra la devozione di Sherrill Redmon nel voler registrare la vita delle donne americane, dimenticando poi di tramandare la propria, anche la parte spesa a fianco del Senatore Repubblicano. «Posso solo immaginare quanto debba essere doloroso sposare e avere figli con un Jekyll Democratico e vederlo trasformarsi in un Hyde corrotto e autoritario», ha raccontato Steinem per il The New Yorker.
Anche se raramente, la stessa Redmon in verità ha colto qualche occasione per ripercorrere la sua vita sino alla direzione della Sophia Smith Collection: intervistata nel 2017 durante la conferenza “National Women's Conference: Taking 1977 Into The 21st Century", Redmon racconta di aver dedicato tutto il suo tempo dapprima alle campagne politiche del marito, poi alla crescita dei figli.
Seppur non identificabile come un femminista, McConnell pare aver compiuto due importanti gesti nel corso degli anni Settanta che hanno avuto l’effetto di mantenere vivo, in qualche modo, l’interesse della moglie per la condizione femminile: non solo l’allora McConnell alle prime armi lavorò per provare a far approvare l’Equal Rights Amendment (ERA), ma - ancora più importante nelle memorie di Redmon - regalò alla moglie una copia del libro The Feminine Mystique, scritto dall’influente attivista femminista liberale Betty Friedan.
Il libro di Friedan ha rivoluzionato la vita di masse di donne americane, tra cui emerge la stessa Sherrill Redmon: «sembrava un libro scritto proprio su di me. […] Non ero costretta a diventare come mia madre nel corso della mia vita. […] Quel libro mi ha spinto a ottenere un dottorato in storia» - a cui poi è comunque seguita la dedizione al nucleo familiare.
Dal non poter partecipare - come dai lei stessa sottolineato - alla National Women's Conference del 1977 - importante punto di svolta nella storia della seconda ondata femminista statunitense - perché impegnata a seguire le politiche del marito, cinquanta anni dopo, una Redmon più libera, femminista e autodeterminata non manca allo stesso appuntamento, carica di esperienze personali decisamente appaganti.
C’è dunque un dopo-McConnell nella vita di Sherrill Redmon, una sensazione di pacata e silenziosa riaffermazione della propria identità e di percorso di autocoscienza femminista, ma c’è anche un durante, nel corso del quale sono state piantate le radici - con la collaborazione inconsapevole dello stesso Senatore - che hanno portato al moltiplicarsi di fondamentali progetti dedicati alla storia delle donne.