Ricordo di Natale
Un'inconsueta coppia di amici e le loro bizzarre avventure rievocano l'infanzia e il Natale di un giovane Truman Capote nel sud dell'Alabama.
Questo articolo è stato pubblicato su Jefferson Bookplane, la rubrica di Jefferson sulla letteratura americana, ma fa parte delle letture proposte per il carteggio numero 51, dedicato al Natale americano.
Il Natale… per un giovane Truman Capote
Fine novembre. Una cucina. Un bambino, un’anziana signora allegra e un cagnolino. Nell’ordine, sono Buddy e Sook, cugini alla lontana, e Queenie, un piccolo terrier.
Dobbiamo, tuttavia, fare un passo indietro, perché il piccolo Buddy altri non è che il celebre Truman Capote. Lo scrittore, sceneggiatore, drammaturgo e attore statunitense, nato a New Orleans nel 1924, vive il divorzio dei genitori e l’abbandono della madre molto giovane e bellissima che, vinto un concorso di bellezza, lascia la famiglia per trasferirsi a New York. All’età di sei anni, quindi, il piccolo Truman va a vivere in Alabama, nella città di Monroville, insieme ad alcuni parenti. È proprio lì che stringe un legame particolare con la stravagante cugina Sook, molto più grande di lui ma che, al tempo stesso, conserva ancora intatto quello spirito ingenuo e un po’ infantile a causa di un lieve ritardo mentale dovuto a una febbre tifoide.
Capote parte proprio da qui, dalla memoria di quel rapporto e di quelle festività trascorse insieme alla cugina, per scrivere uno dei più grandi classici sul Natale, amato e letto da generazioni di americani e non solo. “Ricordo di Natale” è uno dei tre racconti pubblicati nel 1958, all’interno del famoso volume "Colazione da Tiffany" che, insieme al successivo “A sangue freddo”, ha reso l’autore un’autentica icona americana del secondo Novecento.
Un libro per bambini grandi
Ho davanti il libro di Capote e, osservando la copertina, la mente corre veloce e spontaneamente ai prossimi impegni natalizi, ai regali ancora da acquistare, agli addobbi dell’albero da completare, in un vortice convulso e consumistico tipico della nostra era. Poi, apro “Ricordo di Natale”:
Il crepuscolo tramuta la finestra in uno specchio: le nostre immagini riflesse si confondono con la luna nascente mentre proseguiamo la nostra opera accanto al camino, alla luce delle fiamme.
p. 14
Nel profondo sud dell’Alabama, i due cugini complici e inseparabili si aggirano furtivi per la casa, attenti a non farsi scoprire dai burberi parenti, per compiere il loro rituale segreto: per prepararsi all’arrivo delle festività natalizie, infatti, sono soliti innanzitutto cucinare trenta focacce da distribuire a vari personaggi della città - lontani amici nel Borneo, conoscenti, viaggiatori di passaggio e persino il Presidente degli Stati Uniti; poi, ovviamente, devono recarsi insieme nel bosco, alla ricerca del più bell’albero di Natale da arricchire con addobbi ideati, ritagliati e colorati a mano da loro; infine, devono occuparsi della parte più importante e impegnativa, i loro rispettivi regali – sempre gli stessi, anno dopo anno. Impegni non da poco per chi è sempre costretto a contare i pochi centesimi nel portafogli, risparmiati a fatica e ben nascosti nei mesi precedenti.
La preparazione del “panfrutto”, il tipico dolce natalizio realizzato con farina, uvetta, vaniglia, zenzero e un goccio di whisky, da cuocere e concedere a se stessi e regalare al prossimo come fosse il più lussuoso dei beni, non è che una metafora del dono e dello spirito racchiuso nell’atto stesso del donare, semplice e spontaneo, che Capote ha avuto la fortuna di apprendere durante l’infanzia grazie a quella vecchietta strampalata che lo chiama Buddy, scambiandolo per un amico del cuore della sua gioventù.
Una storia d’amicizia profonda e pura tra due anime indifese e smarrite, che lottano con creatività e coraggio per conquistarsi un pezzetto di felicità. Un pretesto per ricordare a noi stessi l’importanza della condivisione: è l’eredità che ci ha lasciato quest’autore immenso che ha voluto farci sbirciare nelle sue più intime memorie di bambino e di orfano, di essere umano grato di avere conosciuto alcuni brevi e preziosissimi momenti di gioia, in grado di farlo “sentire in relazione con mondi ricchi di avvenimenti che si trovano al di là della cucina con il suo scorcio di cielo finito” (p. 30).
Quando basta un aquilone
«Mi sembrava che avessi la mano molto più piccola. Credo di detestare l’idea di vederti crescere. Saremo ancora amici, quando sarai grande?». Sempre, rispondo io.
p. 50
È bello provare a chiudere gli occhi per un attimo e immaginare un Truman Capote adulto che, guardando fuori dalla finestra, riflette assorto sul suo passato e, avvertendo un improvviso senso di vuoto, una certa forma di nostalgia, decide di getto di iniziare a scrivere questo racconto tenero e commovente per esorcizzare la solitudine, la mancanza di un’amica così importante come Sook, per riportarla in vita ancora una volta.
Le avventure con il fedele Queenie, le risate e il solletico sul letto malandato della vecchia cugina dai capelli bianchi, apparentemente così diversa, ma con cui condivide così tanto, i profumi di dolci e di noci, gli aquiloni coloratissimi che si rincorrono “come pesci del cielo che nuotano nel vento” (p. 54) sono tutti ingredienti di un balsamo indispensabile per un’anima inquieta e tormentata come quella dello scrittore. Quell’ultimo Natale in Alabama resterà indelebile per Buddy, perché sarà l’ultima volta che potrà trascorrerlo con l’amica del cuore.
Un racconto intenso e malinconico, da cui sono state tratte molte versioni cinematografiche e teatrali (tra cui quella che valse a Geraldine Page nei panni di Sook il premio Emmy Award nel 1967, con la voce narrante dello stesso Capote), colmo di eleganza e di poesia. Un’opera adatta a lettori grandi e piccoli, ad amanti del Natale e non, perché capace di parlare una lingua universale, comprensibile per tutti e inaspettatamente toccante, impreziosita nell’edizione italiana curata da Donzelli Editore dalle meravigliose illustrazioni della disegnatrice americana di libri per ragazzi, Beth Peck, che nel 1989 illustrò il racconto di Capote.
L’infanzia di tutti
Concentrato in così poche pagine che consiglio di leggere tutte d’un fiato, l’autore riesce a regalarci un vero e proprio inno alla magia dell’immaginazione, alla libertà di sognare, alla bellezza del reale e della sua semplicità. La rivincita di chi, con quello sguardo innocente e privo di pregiudizio, tipico dei bambini, si dedica con passione alla felicità altrui, con umiltà e senza remore.
Un tuffo nel tempo e nei luoghi in cui siamo stati felici con poco. Uno stile delicato, ma mai smielato. A tratti sofferto, ma mai inutilmente crudo.
Davvero indimenticabile.
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