Le divisioni razziali di una celebrazione americana
A quasi sessant'anni dalla sua abolizione, la segregazione, in particolare quella residenziale, si trascina ancora ripercussioni sociali importanti. Il racial divide si riflette anche ad Halloween.
A distanza di quasi sessant’anni dal Civil Rights Act, firmato da Lyndon Johnson nel 1964, l’onda lunga dell’istituto della segregazione in alcune grandi città degli Stati Uniti determina ancora i rapporti più basici tra le differenti etnie.
A partire dagli anni Novanta, come evidenziato da dati ottenuti dal Washington Post, un sempre maggior numero di cittadini americani ha iniziato a cambiare quartiere aumentando la diversità etnica. La velocità di questi fenomeni di spostamento è però piuttosto bassa: la segregazione residenziale, protratta nel tempo, ha infatti costruito gruppi sociali permanentemente separati, con proprie bolle riguardanti la qualità di educazione e la possibilità di opportunità lavorative.
Il redlining
Uno dei motori principali che rendeva segregate le città era il cosiddetto redlining, pratica discriminatoria che consiste nella sistematica negazione a un determinato gruppo di cittadini per via di canoni etnici di servizi essenziali quali mutui e prestiti.
In una delle città più segregate d’America, Milwaukee in Wisconsin, fin dal National Housing Act del 1934, vennero costruite mappe per determinare quali fossero i quartieri con i maggiori rischi di investimento. I canoni usati erano legati all’estetica delle abitazioni, alla prossimità a possibili centri ricreazionali e alla demografia dei residenti: è chiaro comprendere che più una zona era omogeneamente bianca, più l’area acquisiva valore. La città venne divisa in quattro aree, due suburbane e vicine al lago Michigan, abitate per la quasi totalità da bianchi e di alto valore immobiliare, due nella fascia interna della città, con una maggioranza di afroamericani ed ebrei e una scarsa possibilità di investimento.
La divisione determinò il rifiuto delle banche di prestare soldi nei quartieri a maggioranza nera, generando una impossibilità di reinvestire e un declino ancora più forte di un mercato già inferiore rispetto alle fasce suburbane. Questa plastica divisione porta le sue stigmate ancora oggi con le aree più povere, con meno opportunità e abitate quasi totalmente da afroamericani che hanno tassi molto più alti di incarcerazione e minore occupazione.
I diversi modi di festeggiare Halloween
Le differenze sopra spiegate hanno avuto ricadute che permeano la società nel suo complesso: la discriminazione non si legge soltanto nei grandi trend economici e politici, ma spesso è molto facile osservarla nella vita di tutti i giorni. Halloween è una festa molto sentita negli Stati Uniti e uno dei momenti più importanti, nonché il più esportato, è quello del “trick or treat”: i bambini bussano a una porta, vestiti a tema, nella speranza di ottenere dai proprietari dei dolci. Nella città di Milwaukee, che a seconda di vari indicatori è una delle più segregate d’America, anche la pratica del “trick or treat” è leggibile secondo le linee del colore della pelle.
La città organizza un momento generale di “dolcetto o scherzetto” solitamente dall’una alle quattro del pomeriggio della domenica antecedente il 31 ottobre: questo orario vale formalmente come festa per tutta la comunità. I più poveri utilizzano questo momento per lasciare le aree urbane in cui vivono e andare nei sobborghi bianchi, dove in giorni normali la loro presenza sarebbe vista come sospetta, a festeggiare e cercare di ricevere i dolci migliori. I figli delle famiglie che invece vivono nelle migliori aree della città non partecipano alla festa pomeridiana, in quanto verranno portati a fare “trick or treat” dai genitori la sera del 31 ottobre.
È chiaro che questa differenza non è intrinsecamente razzista oggi: si tratta, però, di una sopravvivenza ed è interessante comprendere come questa netta divisione sia stata possibile. Dal punto di vista dei genitori bianchi dei sobborghi è sicuramente normale preferire, data la loro possibilità, di far festeggiare ai propri figli Halloween nel modo più iconico possibile, cioè uscendo con il buio in modo da creare un perfetto clima da “Notte delle Streghe”.
Dal punto di vista della città è altrettanto normale non organizzare i “trick or treat” generali di sera dato che ci si scontra con un problema di sicurezza: le aree più povere al tramonto hanno rischi maggiori legati alla criminalità. Per di più le città americane hanno iniziato a pianificare questi momenti di pomeriggio a causa di alcuni fatti violenti avvenuti negli anni Settanta, tra cui un violento omicidio che aveva avuto come vittima proprio una ragazzina di nove anni, Lisa Ann French, uccisa dal vicino mentre era alle prese con “dolcetto o scherzetto”: questo divenne un caso di cronaca importante nei giornali americani dell’epoca.
Un’altra paura comune di un “trick or treat” generalizzato di sera è quella dei criminali che darebbero ai bimbi dolcetti con all’interno veleni o pezzi di lamette: vari ricercatori hanno definito questi come niente più che miti urbani derivati dal tentativo dei genitori di dare ai figli la maggior protezione possibile.
Vedere in una città un momento in cui bambini neri si presentano davanti alle case dei loro coetanei bianchi per chiedere i dolcetti mentre questi sono tranquillamente in casa, dal momento che parteciperanno a feste successive, è un momento plastico di divisione razziale: questo contribuisce alla costruzione di due diverse società che vivono nello stesso luogo e in cui si perpetuano stereotipi difficilmente scalfibili.
L’interesse di questa storia non deriva dalle possibili risposte politiche che si possono dare poiché a questa situazione concorrono più motivazioni difficilmente demolibili, ma sta nel rendersi conto che le linee del colore non esistono soltanto in discorsi riguardanti occupazione, educazione, sanità, ma anche in piccoli momenti che, nella loro semplicità, contribuiscono a perpetuare in modo spesso involontario una dinamica sociale che si vorrebbe superare.
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