Quell'università che ancora onora quel generale razzista
A Lexington, in Virginia, dopo un lungo dibattito, la Washington & Lee University ha deciso di mantenere proprio il nome del comandante dell'esercito sudista. Ecco com'è andata.
Un’icona che da regionale diventò nazionale. Il simbolo del perfetto gentiluomo-guerriero americano. Un soldato che si distinse in ogni campo nel quale si era cimentato. Questo era ciò che rappresentava il Generale confederato Robert Lee. O almeno così diceva la narrazione prevalente fino a qualche anno fa. L’ufficiale della Virginia a lungo è stato ritenuto uno dei più grandi eroi militari americani pur avendo ottenuto le sue grandi vittorie con un’uniforme nemica del governo statunitense.
Nell’ultimo anno di presidenza di Donald Trump però la sua figura è stata il principale bersaglio delle proteste di Black Lives Matter, anche grazie all’adozione di una sua statua da parte di un altro movimento giovanile nato sul web, l’alt-right dei meme ironici che prendeva in giro la sinistra usando sottili sfottò antisemiti, in occasione della parata a Charlottesville tenuta nel 2017, finita con un morto tra i manifestanti di sinistra.
Al netto degli abbattimenti violenti, pochi, la maggior parte delle statue di Lee è stata rimossa mediante l’approvazione di ordinanze regolari, come nel caso della statua di Richmond, ex capitale confederata. Nel 2021 però il nome del Generale è rimasto in un luogo simbolo per la costruzione del suo Mito: la Washington & Lee University. Dopo una discussione durata 11 mesi, il consiglio di amministrazione dell’ateneo di Lexington, in Virginia, aveva deciso di mantenere il nome del suo Presidente più famoso dopo il fondatore George Washington. Un momento però.
Perché l’ateneo porta il nome del Generale? Dopo la guerra Lee, militare per tutta la sua vita adulta, si ritrova di fatto senza un’occupazione. A poco serviva il titolo di ingegnere militare, una professione che non praticava ormai da anni. Così un piccolo ateneo gli offrì la presidenza: era la Washington University che si trovava in seria difficoltà finanziaria. Lee seppe risanarne i conti nel giro di qualche anno, grazie a una grande capacità di fundraising.
Non solo: seppe anche fare delle riforme interne. Non va dimenticato però che in quegli anni il college non godette di buona stampa. I “ragazzi di Lee” spesso disturbavano la vita degli afroamericani tanto che l’ex ufficiale fu costretto a emanare una diffida rivolta agli studenti che sconsigliava di partecipare a riunioni di ex schiavi. Quando però venne interpellato per esprimere una parola chiara contro la violenza razziale in generale, scelse di tacere.
Che tipo di educatore fu quindi Robert Lee?
Secondo il giudizio dello storico Emory Thomas, Professore emerito all’università della Georgia, e autore di una sua biografia, Lee fu pragmatico, promosse la rimozione di un farraginoso codice d’onore e di segnalazioni sostituendolo con il più semplice “comportatevi come gentlemen”. Abbiamo visto che non fu sempre così.
Dopo la sua morte però, l’università non sfruttò la sua immagine di educatore efficace. Sfruttò quella di Generale confederato. Venne costruita una cappella con cripta dove al centro si trova tuttora un sarcofago di Lee in uniforme confederata, circondato dalle bandiere con la croce di Sant’Andrea dell’Armata della Virginia del Nord che Lee guidò in battaglia.
A partire dal 2014, ci sono stati diversi cambiamenti. Sono spariti i vessilli e dal 2018 l’area del finto sepolcro di Lee viene coperta durante la maggior parte degli eventi pubblici dell’università; e se nel 2021 l’ateneo ha scelto di mantenere l’antica denominazione, il piccolo luogo di culto ora si chiama University Chapel.
Lee dunque è stato più fortunato di alcuni Padri Fondatori rimossi in altri contesti ed è rimasto, sia pur in tono minore, dentro un’università. Come dichiarò il professore di diritto Brandon Hasbrouck sul magazine progressista Slate che “la supremazia dei bianchi è stata assolta”.