Quel Paese europeo che non può entrare nella NATO
L'Austria è uno Stato costituzionalmente neutrale. Dopo 68 anni, questa neutralità è stata però fortemente messa in discussione dall’invasione russa in Ucraina
La guerra in Ucraina ha acceso il dibattito in tutti i Paesi europei, specialmente sull’approccio da avere rispetto al sostegno militare e all’invio di forniture all’esercito ucraino. In Austria il dibattito ha assunto una piega tuttavia molto particolare, a causa dello statuto di neutralità sancito dalla Costituzione.
Neutralità in costituzione
Al termine della Seconda guerra mondiale, l’Austria venne divisa in quattro zone di influenza, così come la Germania. A differenza di quest’ultima, destinata a diventare in senso figurato e letterale il centro della guerra fredda, nel 1955 l’Austria riottenne tuttavia non la sua indipendenza e sovranità.
Le potenze vincitrici raggiunsero infatti un accordo: l’Austria avrebbe riottenuto la sua indipendenza a patto di dichiararsi perennemente neutrale , in modo non dissimile dalla Svizzera. Quella neutralità, sancita da un atto costituzionale, il 26 ottobre 1995 ha forgiato la moderna identità nazionale austriaca – tanto che proprio il 26 ottobre è considerato festa nazionale. Per effetto di questa neutralità, l’Austria non può nemmeno costituzionalmente entrare a far parte della NATO, un dettaglio non secondario in questo delicato momento storico.
Dopo 68 anni, questa neutralità è stata però messa fortemente in discussione dall’invasione russa in Ucraina. Non solo dal punto di vista puramente storico – sono in molti ad osservare che dopo quasi 70 anni quel concetto di neutralità stia diventando inadeguato – ma anche nazionale.
La missione del cancelliere da Putin
Ne è la dimostrazione la visita del cancelliere Karl Nehammer a Vladimir Putin nell’aprile del 2022. Nel pieno dei primi mesi del conflitto, subito dopo una visita in Ucraina sui luoghi delle cruenti stragi perpetrate dall’esercito russo, Nehammer annunciava a sorpresa una visita a Vladimir Putin a Mosca, primo tra i leader europei.
La giustificazione di quella visita, agli occhi degli austriaci e pure degli osservatori europei, era proprio la neutralità di Vienna. La predisposizione austriaca a farsi storicamente da ponte tra Occidente e Oriente, a ospitare trattative e a mediare posizioni distanti.
Il fallimento di quella missione, e le polemiche che ne sono successivamente seguite, racconta molto dell’attuale cortocircuito in cui si trova la neutralità dell’Austria. Già nei giorni precedenti, gli scambi di accuse tra Mosca e Vienna erano stati durissimi.
Il capo della diplomazia russa Sergeij Lavrov, nel commentare le dichiarazioni di Nehammer e l’allineamento dell’Austria al regime delle sanzioni, aveva parlato di atteggiamenti scandalosi e solo apparentemente neutrali. Di risposta, il ministro degli Esteri austriaco Alexander Schallenberg si era riservato un discorso altrettanto duro, destinato a diventare iconico per la storica politica austriaca: “L’Austria è uno stato neutrale in termini militari. Ma non siamo mai politicamente neutrali quando è in gioco il rispetto del diritto internazionale”.
Il crollo di un mito
La verità, forse, è che la neutralità austriaca è stata edificata come mito nazionale, mai messo seriamente alla prova nel corso degli anni, come hanno scritto alcuni illustri pensatori e politici austriaci in pensione all’inizio dell’estate 2022. Alla prova dei fatti, il principio di neutralità vacilla, strattonato ora da quel partito ora da quell’altro a seconda dei propri obiettivi.
La ministra della Difesa Klaudia Tanner, dei popolari della ÖVP, ha dichiarato che il principio di neutralità non è uno scudo di sicurezza, che da solo non basta a tutelare la sicurezza del Paese. Per questo, il governo ha aumentato fino al 2032 la spesa militare, siglando tra l’altro accordi con l’italiana Leonardo, con tanto di recente visita a Vienna del Ministro italiano Guido Crosetto.
Dall’altro lato, la FPÖ, principale partito di opposizione di estrema destra e coinvolto nel celebre scandalo di corruzione filorussa Ibiza Gate, è a favore della totale neutralità – anche politica – e arriva a sostenere l’eliminazione della sanzioni per Mosca in tutta l’Unione Europea.
Altrettanto divisa sembra essere l’opinione pubblica. Solo 6 austriaci su 10 sono pienamente a favore del sostegno all’Ucraina, un dato nettamente inferiore alla media europea del 72% di cittadini che sostengono gli sforzi pro-ucraini. Non è un caso che, a differenza di quanto visto in Svezia e Finlandia, qui le voci a favore di una adesione alla NATO e di un abbandono della neutralità sono più che una minoranza.
Pesa, certamente, il contesto di inflazione e del generale aumento dei prezzi dell’energia, inasprito dalla fortissima dipendenza austriaca dal gas russo. L’Austria ha di fatto conosciuto un aumento dei prezzi ancor più alto che nel resto dei Paesi europei.
Il dibattito dalle parti di Vienna, insomma, non si arresta. Come tutte le grandi crisi, anche quella attuale lascerà (e sta già lasciando) il segno sulla società e sulla coscienza collettiva. Se oggi appare altamente improbabile che l’Austria possa rinunciare alla sua neutralità, sarà solo il tempo a dirci quanto Vienna ridiscuterà e reinventerà questo concetto, sottoposto all’indignazione per le bombe di Mosca e il sangue dei civili ucraini.
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