Quando il turismo virtuale diventa reale: Fallout e le storie vere dalla Zona Contaminata
Il successo di Fallout, tra videogiochi e serie tv, spinge gli appassionati a scoprire i veri luoghi della Zona Contaminata. Da cittadine fantasma a famosi musei, che impatto ci sarà sul turismo USA?
“They call me the wanderer
Yeah, the wanderer
I roam around, around, around”
Così cantava Dion DiMucci in The Wanderer, la canzone che Bethesda scelse nel 2015 per accompagnare il trailer di Fallout 4. Un ritornello perfetto per rappresentare uno dei temi più importanti di questa serie di videogiochi: il viaggio. Fin dal primo capitolo, uscito nel 1997, la saga di Fallout ha rappresentato per milioni di giocatori l’opportunità di entrare in un mondo immaginario, caratterizzato dalla desolazione dell’apocalisse nucleare, ma anche dalle emozioni, dai desideri e dai diversi caratteri dei suoi nuovi abitanti. Due dei generi in cui questi giochi si collocano, d’altronde, puntano proprio a questo. Da un lato, i principali capitoli di Fallout sono tutti Open-World, e permettono quindi ai giocatori di esplorare l’ambiente di gioco liberamente, attraverso le zone contaminate di Washington DC, California, Boston e West Virginia. Dall’altro, la loro componente ruolistica offre la possibilità di creare dei rapporti con gli altri personaggi del gioco e di influenzare lo svolgimento della trama, rendendo l’esperienza di ogni giocatore unica.
Queste caratteristiche hanno portato alcuni commentatori a paragonare i giocatori a dei turisti virtuali: come nel mondo reale, i giocatori viaggiano spinti da un desiderio di avventura, alla ricerca di un’esperienza che appaghi le loro fantasie e la loro voglia di esplorazione. Inoltre, i giocatori-turisti mettono anche in atto comportamenti “turistici”: collezionano luoghi e souvenir, scattano foto, registrano video e raccontano poi le proprie storie agli amici. Questo è un fenomeno che esiste anche per altri videogiochi Open-World, come The Witcher o Borderlands (per menzionarne due che hanno ricevuto o stanno per ricevere un adattamento live-action). A differenza loro, però, Fallout ci porta a visitare dei luoghi reali, spesso veri simboli degli Stati Uniti, seppure in un futuro post-apocalittico.
Questo rapporto con la realtà ha portato alla nascita di un nuovo fenomeno, che sta prendendo piede da ormai diversi anni: quello del turismo videoludico, o Game Tourism. Come avviene già da decenni per i fan del cinema e delle serie tv, adesso anche i videogiocatori, quando possibile, vogliono scoprire e visitare le location delle proprie opere preferite.
La serie di Fallout è stata una delle prime protagoniste di questo fenomeno, con Fallout: New Vegas. La trama di questo gioco, ambientato nei dintorni di una rinata Las Vegas, inizia in un piccolo villaggio chiamato Goodsprings, a una ventina di chilometri dalla grande città. Qui il giocatore vive le sue prime ore di gioco attraverso le diverse missioni e incarichi che costituiscono il tutorial. Impara come si combatte, inizia a conoscere i suoi obiettivi e le diverse fazioni con cui potrà schierarsi e fa le sue prime scelte morali (in un gioco dove queste hanno sempre un certo peso). I personaggi intorno si mostrano quasi tutti empatici e disponibili ad aiutare il giocatore. Insomma, alla fine è difficile che qualcuno lasci questo paesino senza restarci affezionato.
Per questo motivo, dopo l’uscita di New Vegas tanti si chiesero se questo luogo fosse inventato, scoprendo invece che Goodsprings esiste: è una piccola località del Nevada abitata da circa duecento persone, fondata all’inizio del ‘900 come città mineraria. Fino al 2010, Goodsprings era famosa soprattutto tra i cacciatori di fantasmi, per via di diverse leggende e dicerie. Il suo fascino western, però, attirò gli sviluppatori di Fallout, che riprodussero fedelmente parte della cittadina e si ispirarono ai suoi abitanti per crearne i personaggi. Con l’uscita del gioco, Goodsprings venne improvvisamente conosciuta da milioni di giocatori in tutto il mondo e soprattutto negli Stati Uniti. Spinti dal legame creato dal gioco, migliaia di giocatori iniziarono quindi a visitare la cittadina, portando un turismo inaspettato nella zona. Gli abitanti di Goodsprings non si fecero intimidire, ma anzi furono ben felici di accogliere i nuovi arrivati: in particolare, i titolari del Pioneer Saloon (chiamato nel gioco Prospector Saloon) iniziarono a organizzare degli eventi ispirati al gioco, che ogni anno continuano ancora adesso ad attirare appassionati
Qualcosa di simile successe poi in West Virginia, ambientazione dell’ultimo Fallout 76. Qui è stato proprio il Dipartimento del Turismo dello stato a fare una partnership con la Bethesda per promuovere le location reali presenti nel videogioco. Il turismo nella regione ha avuto un boom che continua ancora oggi e che è stato spinto nuovamente dall’uscita della serie tv, nonostante questa sia ambientata nella costa ovest degli Stati Uniti.
Sarà ora interessante vedere quanto la serie stessa, con i suoi numeri enormi (65 milioni di spettatori nelle sue prime due settimane) spingerà le persone a visitare sia i luoghi dei videogiochi che i propri: le guide online si stanno già moltiplicando e alcuni posti si sono già organizzati per accogliere i turisti. Il Wendover Airfield, nello Utah, ne è un esempio: si tratta di una storica base dell’aviazione americana (fu sede di addestramento dei bombardieri che colpirono Hiroshima e Nagasaki); nella serie rappresenta la base della Confraternita d’Acciaio e ora sta aspettando un grosso aumento di visitatori grazie a Fallout.
Come avvenuto per le location dei videogiochi, anche questa potrà essere un’occasione d’oro per far scoprire tanti piccoli gioielli. Speriamo venga sfruttata per spingere i visitatori a conoscere la storia e la cultura del proprio passato.