Raccontare le aggressioni dell'ICE
Dalle parole di critica alle immagini fortemente emotive, la stampa americana si schiera contro l’operato dell’amministrazione Trump, ma non mancano letture più analitiche
È ostile la reazione generale dei media all’operato delle ultime settimane degli agenti dell’ICE (Immigration and Customs Enforcement), in linea con quella delle persone che si sono rovesciate per protesta nelle strade di Los Angeles. La ricostruzione giornalistica degli eventi che si sono susseguiti dall’inizio di giugno è una critica all’approccio duro e repressivo nei confronti dell’immigrazione adottato dall’agenzia federale statunitense, definita ora l’ennesimo errore amministrativo di Donald Trump, ora un assalto antidemocratico con meri fini spettacolari.
Descrizioni ed immagini evocative per una critica valoriale
Sul New York Times, il Washington Post e il New Yorker, il racconto dei blitz è fortemente narrativo. Gli agenti appaiono all’improvviso sulla scena nelle loro tenute tattiche, i vestiti mimetici, gli elmetti e i giubbotti antiproiettile. Indossano copricapi tirati su per nascondere il volto, occhiali da sole e guanti. Imbracciano le armi “come se si trovassero in una zona di combattimento e non in un parcheggio di periferia”, si legge sul New Yorker. Il lessico utilizzato in questo editoriale del Washington Post colpisce il lettore con espressioni che descrivono la visione trumpiana del sistema dell’immigrazione come “drammatica” e “da incubo”. Sul New York Times le foto di individui in lacrime ammanettati e colleghi di lavoro commossi di fronte a video che mostrano le condizioni in cui sono trattenuti gli arrestati contribuiscono a creare una narrazione carica di pathos, che vuole evocare uno scenario da Stato di polizia, suggerendo non solo una presa di posizione contraria delle singole testate, ma anche che l’operazione dell’ICE è un atto di forza che tradisce i valori della democrazia.
Ma c’è spazio anche per una lettura più pragmatica
Accanto a questa narrazione emotiva si sviluppa, soprattutto nei podcast del Wall Street Journal, un’analisi più fredda e politica dell’accaduto. Il quotidiano conservatore sottolinea come le retate siano in gran parte un disperato tentativo di Trump di mantenere le promesse fatte in campagna elettorale: “Riporteremo tutti da dove sono venuti — we have no choice, we have no choice”. “I critici esterni erano arrabbiati perché non venivano arrestate e deportate abbastanza persone”, viene detto in una puntata del The Journal. “Così la pressione sull’amministrazione è aumentata, arrivando fino al presidente Trump. Pare che durante le riunioni alla Casa Bianca e nello Studio Ovale urli alla gente: ‘Perchè gli arresti non sono più alti? Perché le deportazioni non sono più alte?’”.
Vogliono che le persone si spaventino e se ne vadano da sole, continua la giornalista del WSJ. “Stanno cercando di rendere lo spettro del tuo arresto, della tua detenzione e della tua espulsione spaventoso e spiacevole e, in una certa misura, queste tattiche basate sulla paura, almeno per ora, stanno funzionando.”
Il Washington Post, inoltre, dedica spazio anche all’impatto economico dell’operazione, riportando le difficoltà delle famiglie colpite e dei datori di lavoro che si trovano improvvisamente privati di manodopera. Il commento si sposta così dal piano dei valori a quello della fattualità, che comprende le conseguenze a lungo termine sulla società americana.
Difese rare e isolate
Sono rari gli articoli che cercano di offrire una giustificazione all’azione degli agenti o alle scelte dell’amministrazione Trump. Per esempio, il New York Post, come ci si aspetta, dedica diversi articoli alla condanna degli atti di violenza nei confronti degli agenti da parte di immigrati non in regola e manifestanti, sostenendo che sono “criminali” e non devono essere compatiti. La tendenza dominante resta comunque una decisa condanna verso l’ICE, soprattutto nel momento in cui le aggressioni aumentano mentre gli agenti continuano a camuffare la propria identità per evitare di essere ritenuti responsabili delle loro azioni.