Sono iniziati i playoff WNBA. Chi li guarda, fa un affare
Il basket femminile negli Stati Uniti non è mai stato così divertente, grazie soprattutto alla volontà di sperimentare della WNBA. Ora, si scrive una nuova storia.
La squadra che domina il basket mondiale da più tempo non è la nazionale statunitense maschile, ma quella femminile. Da ventinove anni non perde mai alle Olimpiadi, serie aperta. Significa che buona parte delle campionesse di Tokyo 2020/2021 neppure era nata quando le loro colleghe uscirono sconfitte nella semifinale di Barcellona 1992, giocata contro la non più esistente Comunità degli Stati Indipendenti. Tanta qualità è espressione del campionato professionistico, la WNBA, dove quella “W” sta per Women, a differenziare dalla più raccontata NBA. È un torneo che festeggia in questo 2021 il venticinquesimo anniversario dalla propria fondazione.
Il format è piuttosto elaborato, segno della possibilità di sperimentare che è caratteristica di questa Lega. Funziona così: dopo una regular season maggio/settembre di trentadue partite da tutti contro tutti (se ci sono Olimpiadi o Mondiali si interrompe) otto squadre su dodici si qualificano ai playoff, e si va avanti in modo particolare. Spieghiamolo partendo dall’attualità.
I primi due turni sono in gara secca, gioca in casa la meglio classificata e chi perde va a casa (Win or go Home, si dice di là dall’Atlantico). Il primo round 2021 è andato: Chicago (testa di serie n°6) ha battuto Dallas (7) 81-64 senza troppo pathos. Tutto diverso a Phoenix (5), dove le padrone di casa hanno superato New York (8) 83-82, in una partita decisa da un tiro libero a quattro decimi dalla fine, oltre che da molte altre cose. Per esempio il sei su sette da tre punti di Sophie Cunningham da Missouri, che mai nella vita professionistica aveva giocato così bene. Domenica secondo turno a partita unica: Seattle (testa di serie n° 4) – Phoenix e Minnesota (3) – Chicago. Connecticut (1) e Las Vegas (2) aspettano, inizieranno martedì. Semifinali e finali si giocano al meglio delle cinque. Tutto chiaro? Se non lo fosse, può bastare un’occhiata qui?
Il vantaggio di saltare due turni sembra un buon vantaggio: da quando questo formato è stato introdotto (2016), alla fine ha sempre prevalso una delle prime due. E quest’anno? Le Connecticut Sun hanno una striscia aperta di vittorie: quattordici partite di fila e in casa sono 15-1 in stagione Che sia la volta buona, per una franchigia che mai ha vinto il titolo?
Ci sono tante storie, in questi playoff, a partire da quella delle escluse Washington Mystics, campionesse 2019 ma massacrate quest’anno dagli infortuni, che hanno tenuto fuori per l’intera stagione - se vogliamo essere pignoli ha giocato per due partite e mezza - Elena Delle Donne, a opinione di molti la miglior giocatrice del globo, almeno fino a quando una schiena ballerina non l’ha costretta a un prolungatissimo stop. Non solo Elena, acciacchi e incidenti hanno colpito le Mystics con particolare cattiveria.
C’è la storia di Diana Taurasi, classe 1982, cinque volte campionessa olimpica e ancora leader a Phoenix, dove ha giocato per tutta la carriera, ma non in questo primo turno per guai alla caviglia. Forse rientrerà per la seconda vinci o vai a casa, forse no. Taurasi è una delle favorite per il premio della migliore giocatrice WNBA di ogni tempo, premio bandito quest’anno per celebrare il venticinquesimo della Lega. Io ho votato per lei, perché anche la longevità nell’eccellenza vale.
C’è la storia di Candace Parker, che dopo tredici anni a Los Angeles, ha deciso di chiudere la carriera a Chicago, in quell’Illinois dove è cresciuta tifando Chicago Bulls, assieme al fratello Anthony che in Europa fece la fortuna di Roma e del Maccabi Tel Aviv.
C’è la storia di Breanna Stewart (Seattle Storm), miglior giocatrice di playoff 2020 e Olimpiadi di Tokyo, oggi come Taurasi alle prese con un infortunio che ne mette a rischio i playoff. Coraggiosa, Breanna, nel raccontare una dura vicenda di abusi subiti da bambina per torto di uno zio meritatamente finito in gattabuia. E fermiamoci qui, segnalando solo che le quattro di cui si è scritto sono tutte candidate per il premio GOAT (Greatest Of All Time).
La WNBA è una Lega estiva, non permette alle giocatrici di arricchirsi, se per arricchimento intendiamo i fiumi di dollari che scorrono generosi tra i colleghi maschi. Per caricare il conto in banca molte giocano altrove, senza fermarsi mai nelle quattro stagioni. Si godono i danarosi stipendi pagati oggi soprattutto in Russia, Cina e Turchia, ma non va male neppure in qualche squadra dell’est Europa, in Spagna, Francia e persino Italia (anche se qui i tempi d’oro sono quelli passati). La Lega, dicono i dati, sta crescendo: sempre più contatti televisivi, sempre più spazio. Ci fossero dei dubbi, la scelta di Google di sponsorizzare i playoff può aiutare a risolverli. Merito anche della competenza di giornaliste come LaChina Robinson, e del suo riuscitissimo podcast Around The Rim.
La WNBA si può facilmente guardare dall’Italia, costo poco e basta poco. C’è chi lo fa da anni e non se ne è mai pentito, anzi. Perché ne vale la pena? Sarebbe semplice rispondere «perché è bellissimo», ma se vogliamo dare qualche dettaglio, diamolo: talenti clamorosi, una fisicità che non riesce a dominare sulla tecnica (cosa che accade tra i colleghi senza “W”, a parere mio), un corpo allenatori di grande livello e voglia di innovare… basta così, vedere per credere.
Divertiamoci.