Tale Padre, Tale Figlio: Pierre Eliot Trudeau e la crisi d’Ottobre
Pochi sanno al di fuori del Canada che i metodi draconiani adottati dal premier Justin Trudeau sono gli stessi utilizzati dal padre Pierre durante un'altra crisi, molto più distruttiva.
La crisi generata dal ‘Convoglio della Libertà’ di camionisti No-Vax ad Ottawa, capitale del Canada, è stata discussa in vari modi dalla stampa italiana ed internazionale. Stampa rimasta sorpresa dalla forza dei movimenti di estrema destra nel placido Paese nordamericanoe dalla reazione muscolare del governo federale canadese presieduto da Justin Trudeau, che da sempre ha coltivato un’immagine politica di mite progressisti. Pochi sanno che, poco più di cinquant’anni fa, un altro Trudeau affrontò con misure drastiche un pericolo imminente per la stabilità della nazione canadese. In Canada, il termine per quell’emergenza è October Crisis, o Crise d’Octobre.
Correva l’anno 1970. Il Québec, la provincia a maggioranza francofona del Canada, era scosso da quello che gli storici hanno poi battezzato La Révolution Tranquille: un periodo di rivalsa economica e di risveglio culturale alimentato dall’azione governativa fortemente autonomista del premier - un equivalente del governatore statunitense - Jean Lesage. Lesage fondò il suo successo politico sulla progressiva ”francesizzazione” del Québec, promuovendo il nazionalismo economico tramite la creazione di una società d’investimento pubblica e nazionalizzando il settore idroelettrico. Il premier promosse la creazione di un sistema sanitario e d’istruzione pubblica slegato dai meccanismi di finanziamento federale canadese. L’utilizzo del francese come lingua d’insegnamento e di lavoro tornò ad imperare nella provincia, rafforzando ulteriormente i sentimenti regionalisti della popolazione.
Sui risultati della rivoluzione tranquilla si estese poi la lunga mano dei moti sessantottini, che in Québec assunsero una modalità separatista ed anti-anglofona: per i separatisti di sinistra, Ottawa ed il primo ministro liberale Leaster B. Pearson erano l’emblema del dominio capitalista sul Québec, un nemico da abbattere anche tramite il sabotaggio, gli attentati dinamitardi ed altre forme di lotta armata. Pearson, intanto, aveva da tempo intuito il rischio derivante dalla possibile alienazione dei cittadini del Québec verso il resto della società canadese: prese sotto la sua ala diversi giovani politici francofoni, tra cui Pierre Elliot Trudeau, un carismatico ed ambiziosoavvocato di Montréal formatosi ad Harvard.
Grazie alle sue doti oratorie e al suo carattere ostinato, Trudeau raggiunse rapidamente la leadership del Partito Liberale canadese, cavalcando una vera e propria onda sociopolitica detta Trudeau-mania: le posizioni progressiste di Trudeau, come la decriminalizzazione dell’omosessualità e l’introduzione di riforme per facilitare le pratiche divorzistiche, il suo stile di vita lussuoso ed altamente a contatto con il mondo delle celebrità e la sua età relativamente giovane contribuirono ad un immagine politica che lo portò rapidamente alla vittoria alle elezioni del 1968.
Pur provenendo dal Québec ed avendo frequentato ambienti marxisti in gioventù, PET (così fu battezzato dalla stampa) era ostile al nazionalismo francofono. Considerava ogni forma di nazionalismo intrinsecamente razzista e dannosa per lo sviluppo della società in quanto possibilmente lesiva delle libertà individuali. Come primo ministro promosse una politica volta a rafforzare il bilinguismo, ovvero l’utilizzo combinato delle lingue inglesi e francesi in qualsiasi documento governativo, nelle attività degli uffici pubblici, nell’istruzione. L’OfficialLanguages Act, considerato oggigiorno una pietra miliare del modello multiculturale canadese, venne osteggiato invano sia dai nazionalisti francofoni che dalle roccaforti conservatrici anglo-canadesi nelle provincie di Alberta e della British Columbia.
La situazione precipitò il 5 ottobre 1970, quando l’organizzazione separatista armata nota come Front de Libération du Québec (FLQ) rapì il diplomatico inglese James Cross mentre era in visita a Montréal. Prima del 1970, 20 aderenti al movimento erano già finiti in prigione per svariati atti di violenza politica, tra cui una campagna dinamitarda condotta dall’ex-giornalista PierréVallieres, che definiva i quebecois «i neri bianchi d’America». La mancata conclusione di un accordo con la polizia provinciale portò al rapimento del ministro del lavoro del Québec, Pierre Laporte. Il tentennamento del premier del Québec Robert Bourassa convinse Trudeau della necessità di un intervento federale, iniziato il 12 ottobre con lo schieramento di circa mille truppe delle forze armate canadesi nella provincia.
In un’intervista con il reporter della CBC Tim Ralphe, Trudeau ribadì la necessità di preservare la legge e l’ordine in Canada ad ogni costo, ed accusò i suoi critici di peccare di buonismo. Alla domanda su quale punto fosse disposto ad arrivare nel fare ciò, Trudeau rispose con un lapidario «Just watch me». Stai a guardare.
Il 16 ottobre il governo federale canadese invocò il War Measures Act, uno stato di emergenza che portò allo scioglimento del FLQ ed all’arresto cautelativo di circa 250 membri e simpatizzanti, una vera e propria sospensione dei diritti civili che trovò tuttavia il supporto della maggioranza dei canadesi e degli stessi abitanti del Québec. Il FLQ uccise Laporte in ritorsione, facendone ritrovare il corpo strangolato. Dopo circa 1600 raid della polizia, la cellula capeggiata da Jacques Cossette-Trudel e da sua moglie Louise rilasciò Cross in cambio di un salvacondotto verso Cuba. Pochi giorni dopo i fratelli Rose, a capo dell’azione terroristica, si consegnarono alla polizia.
Il giudizio sulle azioni di Pierre Trudeau durante quella che verrà poi chiamata Crisi D’Ottobre rimane controverso. Se da un lato la fulminea quanto capillare risposta delle forze dell’ordine contribuì al rapido smantellamento del FLQ ed al cedimento psicologico dei suoi aderenti, da un altro le azioni di Trudeau aprirono un precedente pericoloso per l’abuso dei diritti civili in Canada: pochi anni dopo, circa cento delle persone arrestate ottennero risarcimenti ingenti dalla provincia del Québec per detenzione illegittima. Negli anni a seguire le attività della polizia federale canadese, la Royal Canadian Mounted Police, si riempirono di pratiche dubbiose, quali la perquisizione di appartamenti e la sorveglianza elettronica dei sospettati senza necessità di mandato giudiziario.
Nonostante il perdurare dei sentimenti nazionalisti francofoni, in primis tramite l’operato del partito politico Bloc Quebecois che nel 1995 mancò per un soffio la secessione tramite referendum, il bilinguismo rimane una delle policies immortali dell’era di Pierre Trudeau, che ha plasmato il modo in cui il Canada moderno intende i rapporti tra culture differenti, anche oltre quelle anglofone e francofone.
Mentre negli ambienti della destra radicale canadese e statunitense impazza una facile semplificazione che paragona Justin Trudeau ad Hitler, Stalin ed altri leader totalitari, non è difficile immaginare che la drastica scelta di invocare lo stato d’emergenza sia stata influenzata anche dai trascorsi storici del padre Pierre, da quell’idea di preservare la tenuta delle istituzioni e l’integrità nazionale con ogni mezzo possibile, per quanto ingiusti, odiosi od altresì illiberali siano i metodi adottati.
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