Perché il Super Bowl è così speciale? La versione di Roberto Gotta
Ecco la nostra intervista alla voce di punta del football in Italia per sapere tutto sulla partita di domenica.
«L’America si ferma»; «Il più grande consumo di ali di pollo dell’anno» sono tra le ovvietà che escono nei pochi articoli che la stampa italiana dà alla copertura del Super Bowl, il più grande evento sportivo americano. Nel tentativo di dare una copertura diversa al big match tra Kansas City Chiefs e San Francisco 49ers, che si giocherà domenica alle 00.30 ora italiana, ci siamo seduti per circa un’ora con Roberto Gotta, voce storica del football in Italia: ventidue Super Bowl live all’attivo e autore di libri che hanno segnato la letteratura di questo sport nel nostro Paese, come Football e Texas. Questo è un resoconto:
Immagino non ci sia niente di simile di arrivare al Super Bowl dall’Europa. Cosa vedi di diverso quando sei là che ti fa pensare di star vivendo altro rispetto a qualsiasi evento sportivo europeo?
Bisogna fare una netta distinzione tra il mondo precedente l’avvento dei social media e oggi: prima provavi la stessa emozione di partire dalla Terra e sbarcare su Marte. Sono stato al mio primo Super Bowl nel 1988, quasi per caso, grazie all’accredito di un mio amico giornalista del “Guerin Sportivo”. Era a San Diego, la partita Washington Redskins – Denver Broncos. Sono partito da Bologna e mi sono trovato in un mondo di colori e atmosfera completamente avvolgenti; ovunque andassi tutto aveva il logo del Super Bowl, gli stessi aerei avevano una livrea dedicata. C’è da dire che la NFL ha insegnato tanto alle strutture sportive, e alla stessa FIFA. Devi pensare, infatti, che i Mondiali di Calcio solo dal ’94 in avanti (e non è un caso che siano stati proprio i mondiali svoltisi negli Stati Uniti) hanno iniziato ad avere una linea grafica uniforme, un’attenzione ai loghi e alla presenza stilistica che hanno ripreso proprio da lì. Il mondo in cui entravi, arrivando nella città della partita, era incredibilmente all’avanguardia ma, nonostante questo, interessava a pochissimi in Italia. Per chi non lo sapesse alla conferenza stampa pre-partita per ogni tavolo sono presenti due-tre giocatori, con cartellino e nome, che sono a disposizione di tutti i media accreditati: ancora oggi, nelle grandi partite delle competizioni UEFA, ci sono tre giocatori che parlano per tutta la sala stampa e i giornali non possono fare altro che rimasticare le stesse informazioni. Va da sé che, se ogni giornale può parlare con tutti, si genera una qualità informativa e una diversificazione e angolazione dell’evento con nessun altro eguale al mondo. Quella prima settimana al Super Bowl è stata incredibile. Nell’epoca web la comunicazione si è fatta invece più immediata; lo stile Super Bowl ha influenzato il resto del mondo, che è penetrato nella cultura americana, snaturando un po’ questa magia. Lo vediamo con la progressiva estensione dell’importanza dell’Halftime Show, un concerto pop che noi riteniamo così americano, ma che ha globalizzato, snaturandolo, l’evento precedente. Io spero sempre che le squadre non segnino subito a inizio secondo tempo, perché metà dello stadio si sta riposando post-concerto; le prime azioni ormai si svolgono in un clima di quasi totale disinteresse. Per chiudere, oggi il Super Bowl è un evento globale di massa, nel 1988 era la grande festa degli Stati Uniti d’America.
Il costo del prezzo di un biglietto al Super Bowl è inavvicinabile. Noi in Europa siamo abituati ad agevolazioni per tifosi, in una dimensione sociale del tifo, che là è meno presente. Ne deduco che è sempre più uno spettacolo per ricchi che vogliono godersi un evento, piuttosto che di tifosi che seguono la squadra. Com’è l’atmosfera sugli spalti?
Oggettivamente è sempre di più uno spettacolo per VIP. Il problema è su vari fronti: una notevole parte dei biglietti va ai tifosi di tutte le 32 franchigie, circa 30-40 biglietti per squadra; ora, il tifoso di Baltimore può vendere il biglietto, oppure può andare perché è la sua possibilità di vedere la partita. Se la maggior parte di questi va, però, lo stadio non è più interessato al risultato della partita stessa. Aggiungiamo che un quinto sono VIP che vanno al Super Bowl con il solo scopo di farsi inquadrare. Nonostante questo, molti vanno anche indebitandosi, dato che il concetto di debito in America è molto diverso dal nostro, pur di vivere una cosa che magari non vedranno più. L’atmosfera è indubbiamente strana: nonostante questo io la vivo in maniera emotiva, i giocatori mi fanno venire le lacrime agli occhi perché c’è un’intensità di clamore ed emozione impareggiabile; se sei nel tunnel e stai per entrare in campo non puoi non pensare che stai per giocare la partita più importante della tua vita. Durante la partita percepisci le grandi giocate e spesso, più che il tifo, senti la voglia neutrale di vivere la bellezza del gioco.
Cosa ne pensi del tentativo della NFL di ampliare il bacino d’utenza del flag football (football senza contatto ndr), anche a fronte dei modelli medici che evidenziano che prima si gioca tackle (football tradizionale ndr) prima si sviluppano seri problemi cerebrali?
Il tackle va limitato finchè il cervello non è formato: questo è scientificamente indubbio. Per quanto riguarda il flag, nei giorni scorsi notavo una grande volontà di pubblicizzarlo, in quella che è un’operazione concordata a livello globale, anche rendendolo disciplina olimpica ai giochi di Los Angeles 2028. Nonostante questo il flag va sempre visto come un elemento complementare, non alternativo al tackle, che rimane il core business della NFL. Si espande perché si adatta molto di più alla volontà di avere una minore violenza, soprattutto nei bambini, ed è utile alla proiezione globale del gioco.
Brock Purdy, il Quarterback dei San Francisco 49ers, è stato scelto per ultimo nel Draft 2022. Non è l’unico quarterback; da Tom Brady a Joe Montana la lista è lunga. Perché al Draft spesso la valutazione sui QB viene sbagliata?
Io ho visto tante partite di college e non provo nessuna invidia per chi deve valutare i giocatori; si chiama overscouting, passi la giornata a vedere solo dettagli su dettagli tutto il giorno e la tua testa pensa solo alle cose negative. Per di più la storia di Purdy è ancora più difficile: al liceo ha praticamente saltato due anni di preparazione, prima per una mononucleosi e poi perché si è trafitto la mano con un cactus. Al college – ad Iowa State - ha fatto bene, ma non convinceva per prestanza atletica e statura. Pare che prima del Draft un General Manager gli avesse detto «sei atleticamente scarso e neanche preciso»; peccato che l’unica cosa che gli era sempre stata riconosciuta da tutti i suoi coach, era la precisione, e quindi questa persona aveva mal interpretato i video. Questo per ricordare che il Draft è una scienza inesatta, che ti porta a valutare di tutto e di più, perdendo di vista il quadro generale. Il ragazzo sta poi subendo pressioni: c’è chi dice che può funzionare solo nel sistema messo a punto per lui dall’allenatore Kyle Shanahan, lo stesso che, davanti alla dirigenza, ha scelto di tenerlo rispetto al ben più quotato Trey Lance. Per me, a meno di scossoni contrattuali, sarà il titolare dei 49ers per i prossimi 6/7 anni, e questo dimostra più di ogni altra cosa la bravura del ragazzo.
Kyle Shanahan, l’allenatore dei 49ers, è famoso per essere arrivato sempre a un passo dal Super Bowl, senza vincerlo mai. È alla terza finale in carriera, e ha molta pressione addosso. Cosa ne pensi?
Andy Reid, allenatore dei Chiefs, ha vinto il primo Super Bowl a 62 anni, ne ha vinto un altro e domenica punta al terzo; Shanahan avrà l’età in cui Reid ha vinto nel 2041. Questo fa capire quanto è bravo questo ragazzo: è chiaro che mediaticamente c’è pressione, ma non lo si può additare come un perdente, è molto giovane. Se pensiamo a un altro allenatore della sua generazione, Sean McVay (dei Los Angeles Rams ndr), lui la pressione se l’è tolta tutta vincendo subito, ma poi è andato in ribasso e non è più tornato a giocarselo, mentre Shanahan, pur perdendo, è sempre lì; e prima o poi si vince.
All’inizio della stagione ho pensato che era finita per i Kansas City Chiefs. Non giocavano un bel football, e invece dopo dei playoff spaziali sono ancora qui e mi sembrano addirittura nella loro migliore versione. Che impressione hai della squadra guidata da Andy Reid?
I Chiefs mi sembrano sempre più simili, per motivazioni, ai vecchi New England Patriots: ogni anno guardi le statistiche, li guardi giocare e pensi sia impossibile possano arrivare in fondo, e alla fine ci chiediamo «ma come mai ce l’hanno fatta?». Questi Chiefs sono incredibili, la difesa è di altissimo livello e Mahomes è riuscito a intendersi con ricevitori con cui a inizio stagione faceva fatica a giocare. Si sono trasformati, poi, proprio nei playoff, perché dopo Natale avevano perso una partita brutta con i Las Vegas Raiders. Nei playoff sono stati qualcosa di diverso. Poi è ovvio che con Baltimore c’è stata una grande sliding door in cui poteva cambiare tutto, ma le sliding door esistono perché i giocatori sono bravi e creano le occasioni. Per chiudere, i Bookmakers hanno messo i 49ers sempre favoriti in tutte e 19 le partite della stagione, i Chiefs sono stati underdog in 4 delle ultime 5; pensare a Mahomes sfavorito contro Purdy è incredibile, ma è il bello di questo sport.
Hai una storia in più da raccontarci?
Io adoro i difensori molto più degli attaccanti: trovo molto triste quando fanno brutte figure, come cadere a vuoto, e quindi tifo sempre perché facciano bella figura. Chiudendo penso che in questo Super Bowl c’è un personaggio, Dre Greenlaw, linebacker dei 49ers, che mi affascina molto: è stato adottato a 14 anni, e prima ha vissuto in varie case-famiglia in Arkansas; una situazione catastrofica. È uno di quelli che grazie al football ha avuto una vita, e mi piacciono queste storie dure, di riscatto, ma non eccessivamente pietiste. Delle vere storie americane.