Perché esiste Defund the Police?
La crisi della fiducia delle minoranze verso le forze dell’ordine ha molto a che vedere con la guerra alla droga.
«Niente ha contribuito di più all’incarcerazione sistematica delle persone di colore negli Stati Uniti della guerra alla droga». Sono le parole di Michelle Alexander, avvocata e attivista per i diritti civili, autrice del best-seller The New Jim Crow. Quando si parla di “defund the police” – e in questo carteggio cerchiamo di discuterne al di là di simpatie politiche – è semplice scadere nella partigianeria: l’ennesima follia woke per alcuni, una necessità storica per altri. Bisogna essere chiari su un punto: per le associazioni che promuovono la possibilità di ridurre il budget alle forze dell’ordine questo non ha mai voluto dire abolirle. L’idea alla base del progetto è che la polizia debba mantenere un ruolo di peacekeeping, reindirizzando parte del budget a progetti comunitari: sembra lunare per noi europei, abituati alle forze dell’ordine come monopoliste nell’uso della forza. È utile però capire perché parte della comunità non ha fiducia nel lasciare la prerogativa della forza alla polizia: per decenni spendere soldi per aumentare risorse verso le forze dell’ordine ha voluto dire aumentare l’incarcerazione, che ha sproporzionatamente riguardato la comunità afroamericana. Il grido “Fund the Police” implicava combattere la criminalità e lo spaccio mandando le persone in galera: se è potuto nascere un sentimento comunitario che chiede la riduzione del budget a vantaggio delle forze dell’ordine il motivo principale è la guerra alla droga.
Il concetto di “Guerra alla Droga” era nato nel giugno 1971 quando l’allora Presidente Richard Nixon l’aveva dichiarata «il nemico pubblico numero uno» e si iniziarono ad associare i consumatori di cannabis con gli hippie, nel tentativo di marginalizzarli. All’inizio degli anni ’80 dal Sud America arrivò, invece, un nuovo metodo di consumare la cocaina: il crack, che traeva il nome dal rumore che la sostanza fa nel momento in cui viene fumata. La differenza principale tra crack e cocaina in polvere è il prezzo: se la versione classica della sostanza rimaneva appannaggio delle classi medio-alte, droga borghese per eccellenza, il crack si poteva trovare tra i 5 e i 10 dollari a dose. Per questo motivo entrò prepotentemente all’interno dei quartieri afroamericani, generando una guerra tra bande che ha reso molte città meno sicure. Con la criminalità in aumento la copertura mediatica della vicenda si basò sulla colpevolizzazione dei consumatori: il crack è una piaga medievale che ha infettato una comunità, e per salvarla si potevano solo buttare le mele marce. Ronald Reagan riprese muscolarmente le tematiche costruite da Nixon: la droga andava combattuta con ogni mezzo, e la responsabilità in capo a comportarsi diligentemente era degli individui. La moglie del presidente, Nancy, istituì una campagna comunicativa, definita “Just Say No”, in cui cercava di evidenziare che i giovani avrebbero dovuto dire no alla droga e agli spacciatori, persone violente che avrebbero voluto portarli sulla cattiva strada. Nel 1986, poco prima delle elezioni di midterm che hanno segnato l’ultima fase della presidenza Reagan, le Camere hanno approvato l’Anti-Drug Abuse Act, una legge ingiusta dal punto di vista giudiziario: la disparità nei mesi di sentenza per reati connessi al crack rispetto alla cocaina in polvere era di 100 a 1. Nel 1988, con una legge successiva, il solo possesso di crack costituì un reato federale. È importante rimarcare che non esiste alcuna evidenza scientifica che determini il crack più pericoloso della cocaina in polvere.
Quando oggi parliamo degli oppioidi, o della cocaina in polvere, tendiamo a discutere di chi diventa dipendente da queste sostanze come una vittima, un essere umano caduto nel tunnel: i consumatori di crack erano invece «dei drogati». La differenza principale non è sanitaria, ma razziale: le droghe da vittime sono bianche e suburbane, quelle pericolose proprie dei neri. Tre quarti del budget federale per combattere la crisi degli oppioidi viene speso in cura e prevenzione, tre quarti del budget utilizzato nella guerra alla droga serviva per screening e incarcerazione. È in questo periodo che i bilanci delle forze dell’ordine crescono a dismisura, che la polizia entra con forza nelle comunità nere e i tassi di incarcerazione si fanno elevatissimi. Qualche dato: tra il 1991 e il 1995, la ratio è di 13 neri imprigionati per reati legati al crack per ogni bianco, e oltretutto la media della pena vedeva i neri scontare sistematicamente 40 mesi più dei bianchi.
Nel 1994, sotto la presidenza Clinton, la Guerra alla Droga vide un’ennesima recrudescenza: il Violent Crime Control and Law Enforcement Act, di cui Joe Biden è stato uno dei fautori. Oggi il Presidente si è dichiarato pentito della legge, che prevedeva 100.000 nuovi ufficiali di polizia con 10 miliardi aggiuntivi del bilancio federale e la politica del three strikes, you’re out, termine mutuato dal baseball, sport in cui subire tre strike comporta l’eliminazione dal terreno di gioco. Secondo la legge la ripetizione di un reato per tre volte, anche di crimini minori, comportava l’esclusione totale dalla società con l’ergastolo. Stiamo parlando di una delle leggi che più ha dato fondi alla polizia, e che è stata la base dell’incarcerazione di centinaia di migliaia di persone. I dati del 1991 dicevano che il 52% dei consumatori di crack era bianco, il 38% nero: ma i neri andavano in carcere nove volte di più. Non solo: anche usciti dalla prigione, per via della stretta legale, veniva tolta assistenza pubblica, l’housing sociale, qualsiasi benefit statale di contrasto alla povertà. Le comunità colpite dalla droga subivano incarcerazione di massa e aumento della povertà, che generava nuovi spacciatori e nuove incarcerazioni. La disparità di 100 a 1 nelle sentenze per reati connessi a crack e cocaina in polvere è stata ridotta nel 2010 a 18 a 1 con il Fair Sentencing Act voluto dalla presidenza Obama, la prima presidenza afroamericana. Neanche 18 a 1 ha una valenza scientifica però, il crack non è più pericoloso della cocaina, e definire che le sentenze a esso legate sono 18 volte più pesanti è un puro motivo politico.
Non è possibile parlare di “Defund the Police”, essere in accordo o in disaccordo con questa visione, senza capire che è un grido che nasce da decenni in cui “Fund the Police” ha voluto dire una e una sola cosa: l’incarcerazione di massa di un’intera comunità, che ora non riesce più a fidarsi delle forze dell’ordine.