La pena capitale sta morendo di morte naturale
Nonostante il rilancio delle esecuzioni durante la presidenza di Donald Trump, sempre meno Stati ricorrono abitualmente al boia. Anche i giudici sono sempre più riluttanti a emettere le sentenze.
Tra le varie amenità arcaiche riesumate dall’ex presidente Donald Trump come segno di una restaurazione di un’America “nuovamente grande” c’è anche la rinnovata enfasi nell’utilizzo della pena capitale.
Non è una novità e in mezzo alle sue giravolte ideologiche, l’utilizzo del patibolo per punire il crimine ha sempre avuto nel cuore del magnate immobiliare newyorchese un posto speciale, sin da quando il primo maggio 1989 comprò una pagina di pubblicità per chiedere la pena di morte per i “Central Park Five”, cinque giovani neri e latinoamericani accusati di aver stuprato una donna nel principale parco di Manhattan.
Da allora Trump ne è sempre stato un entusiasta sostenitore: durante la sua presidenza non solo ha magnificato le esecuzioni extragiudiziarie del presidente filippino Rodrigo Duterte, aggiungendo anzi che anche negli Stati Uniti si sarebbero dovuti uccidere così i trafficanti di droga. Nel luglio 2019, complice il suo procuratore generale William Barr, ha interrotto la moratoria delle esecuzioni svolte a livello federale: da luglio 2020 fino al 16 gennaio 2021 ben 13 persone sono state giustiziate nel penitenziario di Terre Haute, in Indiana.
Donald Trump, però, non è riuscito ad aprire la via ai governatori repubblicani, che in genere erano (e sono tuttora) ansiosi di replicare i provvedimenti di quello che tuttora rimane il capo indiscusso del partito repubblicano. Se si legge il report stilato dal Death Penalty Info Center, un’organizzazione che dal 1990 segue gli sviluppi della pena di morte negli Stati Uniti, nel 2021 si potranno contare soltanto 11 detenuti uccisi dal boia sia federale che di stato. Un record negativo che non veniva toccato dal 1988.
Insomma, la pena di morte sempre più sta uscendo dal vocabolario giudiziario americano. Ci sono state nel primi anni Duemila due sentenze della Corte Suprema che hanno aiutato in modo significativo a ridurre le sentenze. Nel 2002 con Atkins v. Virginia ha definito l’incostituzionalità dell’esecuzione dei detenuti con un ritardo mentale, mentre nel 2005 con Roper v. Simmons i minorenni non sono più condannabili.
Non solo: c’è anche un problema per il reperimento delle materie prime necessarie a uccidere i detenuti condannati. Il Texas da anni si rifornisce tramite un complesso sistema di centri farmaceutici segreti che gli offrono il pentobarbital, un potente sedativo che può uccidere e sostituisce il cocktail di tre sostanze usato fino all’inizio degli anni Dieci. Il Texas Tribune ha valutato che attualmente ci siano 14 dosi in stock, secondo i dati forniti dal dipartimento di giustizia criminale texano, che però scadranno prima che possano avvenire le tre esecuzioni previste nel 2022.
Nella vicina Oklahoma, invece, il governatore Kevin Stitt ha interrotto la moratoria che durava nel 2015, dando il via a un nuovo ciclo di sei esecuzioni. La prossima, quella di Bigler Jobe Stuffer, condannato per aver ucciso una maestra elementare nel 1985, avverrà il prossimo 9 dicembre. Un’ultima richiesta di clemenza è stata negata.
A livello federale, dopo la scia lasciata da Trump nella parte finale del suo mandato presidenziale, il procuratore generale Merrick Garland ha proclamato una moratoria, in attesa di sapere se lo sforzo dei democratici per abolirla andrà in porto, anche se al momento la legge langue nella commissione Giustizia della Camera dei Rappresentanti.
Tutto ciò non cambia però le intenzioni dei 13 stati rimasti a utilizzare il boia che anzi stanno cercando di utilizzarla nuovamente, nel caso dell’Arizona preparandosi anche a un ripristino sinistro della camera a gas, utilizzata per l’ultima volta nel 1999.
Come per altre questioni divisive, la pena di morte è spesso utilizzata come questione di bandiera dai repubblicani, che però si scontra con una realtà sempre meno disposta ad accollarsi i costi delle esecuzioni. Non si parla soltanto di quelli etici e morali. Secondo un rapporto della commissione per la revisione della pena capitale in Oklahoma, pubblicato nel 2017, la gestione della pena capitale costa allo stato tre volte in più di quella dei detenuti condannati all’ergastolo senza possibilità di revisione. Nonostante questo, il governatore Stitt, trumpiano convinto, ha deciso di rilanciare.
Il trend della diminuzione delle sentenze capitali, tuttavia, non accenna a diminuire. Nel 2021 ne sono state emanate solo 18, un brusco calo rispetto alle 252 del 1999. Un caso come quello di Bogler, in futuro, potrebbe rivelare che lo stato avrebbe ucciso un innocente ingiustamente condannato.
I carteggi di Jefferson sono e rimarranno sempre gratuiti. Se vuoi sostenere il lavoro della redazione…