Panici e regolamentazioni: una breve storia
Durante l'Ottocento gli USA subirono scossoni a livello finanziario: furono i cosiddetti Panici, che porteranno alla nascita della Federal Reserve. Cosa può voler dire oggi deregolamentare?
Un mese fa, col crollo della Silicon Valley Bank e, a cascata, di altri istituti di credito statunitensi, la domanda che più spesso veniva posta a esperti europei sui nostri giornali era: accadrà un nuovo 2008? Pur riconoscendo di essere di fronte a una situazione molto differente e ricevendo pareri unanimi su quanto non si potesse fare alcun parallelismo, questo non basta a tranquillizzare gli animi delle persone, da sempre suscettibili e poco fiduciose verso il mondo della finanza e in particolar modo verso tutto ciò che ruota intorno al sistema bancario, poco comprensibile da chi non fa parte degli addetti ai lavori.
L’attacco alla banca, come emblema di un capitalismo corrotto e arraffone da sinistra, o di un sistema eccessivamente regolativo ai danni della libertà d’impresa da destra, accomuna gran parte delle classi politiche populiste mondiali: lo stesso Ron DeSantis, principale sfidante di Donald Trump alle primarie del Partito Repubblicano, giorni fa se la prendeva con la Federal Reserve, la Banca Centrale statunitense, per non essere stata in grado di controllare l’inflazione, ponendo su di essa la responsabilità del danno economico causato ai cittadini, i common men che il Partito Repubblicano continua ad asserire di voler tutelare. Quello che però rimane fuori da questo discorso è l’importanza che una banca centrale ricopre nell’evitare che la crisi di uno o più istituti sfoci in un disastro generalizzato.
Se la Federal Reserve è stata istituita soltanto nel 1913, più di cent’anni dopo la nascita degli Stati Uniti, e per di più rappresenta il terzo tentativo di istituire una banca centrale dopo il fallimento di due precedenti, è stata proprio per ritrosia di gran parte della classe politica verso il controllo del denaro da parte del governo. La sua creazione, però, è dovuta, tra le altre cose, a una necessità impellente: tentare di arginare i panici finanziari che hanno attanagliato gli Stati Uniti dell’Ottocento.
La storia dei Panic
Cos’è un panico bancario? È una paura generalizzata che ha come risultato una veloce uscita dal mercato finanziario, con la corsa a convertire il proprio deposito in banca in denaro disponibile, e avviene quando abbiamo un forte incremento della domanda di denaro rispetto agli effettivi depositi.
Il primo Panic e il ruolo di Andrew Jackson
Uno dei primi che riscontriamo è quello che avvenne negli anni ’30 dell’800, principalmente tra il 1832 e il 1837. Fino al 1836 esisteva negli USA una banca molto simile a quella che oggi definiremmo “Banca Centrale”, la Second Bank of the United States, con un board scelto dal governo e sue filiali in tutti gli Stati dell’Unione. Il presidente Andrew Jackson, coerentemente conosciuto come il primo presidente populista della storia degli Stati Uniti, e non a caso quello scelto come ritratto da esporre nello Studio Ovale durante la Presidenza Trump, basò gran parte della sua campagna per la rielezione nel 1832 proprio sulla sua distruzione.
Nello stesso periodo il Paese vedeva una forte crescita economica e una massiccia apertura di istituti di credito che basavano la loro potenza finanziaria sull’espansione territoriale del Paese. Infatti gli schiavisti del Sud richiedevano a queste nuove banche ingenti prestiti per comprare terra, cotone e schiavi per raccoglierlo e li saldavano poi con la successiva vendita mondiale del cotone stesso. Però, nel 1837 si generò a livello mondiale una contrazione del prezzo del cotone che generò il crollo di alcuni istituti: per evitare, poi, che il prezzo si deteriorasse ancora di più tra raccolto e vendita finale, si sospesero i pagamenti su carta, richiedendo solo l’oro.
Il dramma stava nel fatto che alcune banche non ne avevano abbastanza. Non fu una crisi lunga e caratterizzata da disoccupazione di massa, ma un campanello d’allarme in un sistema che non possedeva alcun grado di regolamentazione: la crisi non generò però nella politica la volontà di riformare il sistema bancario, ma quella di ampliarsi sempre di più, ottenere il maggior territorio possibile, dando il definitivo là alla fase espansiva che porterà gli USA fino al Pacifico.
Il caso Jay Cooke
Altro panico interessante avvenne nel 1873 e il suo momento scatenante fu il fallimento della banca d’investimento di Jay Cooke a Philadelphia: non era un istituto piccolo, si parlava di un finanziatore dello sforzo bellico dell’Unione durante la Guerra Civile e un costruttore di 35.000 miglia di binari ferroviari. Il suo fallimento fece sì che le altre banche richiedessero i pagamenti dei prestiti, soprattutto nel settore ferroviario, dove, dopo l’inaugurazione della Pacific Railroad che aveva unito le due coste del Paese era in costruzione un’altra linea, la Northern Pacific, oggetto però di evidenti speculazioni e di un sovraffollamento di investitori.
I soldi per ripagare i prestiti, da parte di molti, semplicemente non c’erano, e si generò una disoccupazione generale che portò la costruzione di binari ferroviari da 7500 miglia nel 1872 a 1600 nel 1875. La depressione fu forte, caratterizzata anche da un’instabilità del dollaro, che dal 1861, per via dell’importanza del mantenimento delle risorse auree a guerra in corso, non era più legato all’oro e tornerà ad esserlo solo nel 1875.
Uno dei punti di contatto tra i vari panici dell’Ottocento è la potenza nell’immaginario collettivo della corsa agli sportelli. Oggi, per via dei provvedimenti adottati dalla Banca Centrale, i piccoli risparmiatori non hanno molto da temere per i fallimenti delle banche: fino ai 250.000 dollari di giacenza sul conto sono, infatti, totalmente assicurati. Al tempo non era così: in un sistema totalmente non regolato se una banca falliva e non riuscivi a ritirare il tuo denaro in tempo lo avevi perso, di qualsiasi cifra si fosse trattato.
Come si è arrivati alla Fed
Tra i tanti panici del secolo l’ultimo, quello che porterà in ultima istanza all’idea che servisse una Banca Centrale, si generò a partire da un disastroso terremoto che colpì San Francisco nel 1906. Ripagare le numerose assicurazioni ai privati cittadini generò uno stop di liquidità che innescò una grande recessione a partire dal 1907. È la cosiddetta goccia che fa traboccare il vaso: la Gilded Age, infatti, lasciava dietro di sé scorie piuttosto pesanti sul cittadino medio. Fu un periodo caratterizzato da diseguaglianze enormi, interi movimenti politici e sociali che richiedevano un minimo riguardo per le classi povere, una nuova classe giornalistica che si scontrò muscolarmente coi grandi ricchi. Lo stesso presidente Theodore Roosevelt fece discorsi appassionati contro “l’uomo avido di ricchezza”, distruttore delle aspirazioni del common man.
È interessante l’analogia che si crea tra quello che, a partire dal 1913 con la nascita della Federal Reserve, sarà un tentativo di difendere il cittadino comune regolando un capitalismo finanziario sempre più fuori controllo e la difesa odierna dell’uomo comune, che si genererebbe in una maggiore libertà rispetto alle maglie imposte dalla Banca Centrale. Questa è la visione repubblicana fin da subito dopo la crisi del 2008, sempre contraria alle regolamentazioni - spesso criticate in Europa perché non abbastanza forti - del sistema bancario volute dalla presidenza Obama. La crisi della Silicon Valley Bank e il ruolo della Federal Reserve nel contenimento dell’inflazione sono interessanti, in una lettura politica, a delineare un’altra postura totalmente contrappositiva tra i due partiti, e se è vero l’assunto per cui è sempre l’economia a determinare il voto dei cittadini statunitensi, di queste posizioni sentiremo sempre più parlare nel prossimo anno.
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