L’evoluzione è il prodotto di errori. Di mutazioni, aggiustamenti, confutazioni e rivoluzioni. La conoscenza è sì il frutto di confronti dialettici tra posizioni differenti e appassionati dibattiti, ma anche il risultato di inciampi e controintuizioni che hanno il potere di essere rivelatori. Lo ha raccontato lo scrittore Benjamin Labatut in Quando abbiamo smesso di capire il mondo, dove la fortuita scoperta del colore blu di Prussia ha permesso al chimico Fritz Haber, all’epoca al servizio di Kaiser Guglielmo II, di inventare la prima arma di distruzione di massa, una bomba al gas cloro che conteneva cianuro di idrogeno estratto proprio da quel blu di Prussia, dal cui perfezionamento ottenne il pesticida Zyklon, usato poi dai nazisti nelle camere a gas dei campi di concentramento; e, in certo senso, lo ha raccontato anche Cristopher Nolan in Oppenheimer, mostrando come persino le menti più illuminate e capaci del mondo possano perdere di vista le implicazioni etiche di una scoperta scientifica e non prevedere i percorsi oscuri che l’uomo è disposto ad attraversare.
Il racconto di Nolan è pieno di menti brillanti e di disastri umani, di scienziati portentosi dalle vite private disastrate che conoscono perfettamente il funzionamento di una bomba a idrogeno ma ignorano i complessi meccanismi della politica e delle interazioni sociali. Lewis Strauss, il Presidente della Commissione per l’energia atomica degli Stati Uniti, interpretato da Robert Downey Jr., si chiede come possa uno scienziato che ha visto così lontano - riferendosi a Robert Oppenheimer - essere stato così cieco e non è chiaro se si riferisca alle implicazioni etiche del progetto Manhattan o all’ingenuità con cui ha gestito i suoi rapporti politici. O ancora, e forse è la risposta più corretta, all’arroganza e alla spocchia con cui ha osato snobbare la sua adulazione e suoi consigli mettendolo in cattiva luce con Albert Einstein, evento, tra l’altro, mai verificatosi. Così la Morte, il distruttore di mondi, lo scienziato che ha portato la fisica quantistica negli Stati Uniti, una delle mente più seduttive del Novecento, appare tanto presuntuoso quanto ingenuo quando crede che i rapporti politici e umani possano essere gestiti alla stregua di un esperimento scientifico, controllando ogni variabile.
Ogni uomo e ogni donna del grande quadro disegnato da Robert Oppenheimer è un elemento incontrollabile e imprevedibile: la moglie, l’amante, i colleghi, i politici, il Presidente degli Stati Uniti. Il fisico è convinto di prevedere e controllare ogni mossa e di conoscere le forme che assumerà il nuovo mondo dopo lo sgancio della bomba e la sconfitta dei nazisti, salvo poi rimanere intrappolato nelle fitte trame della politica americana e dei suoi detrattori, nonché del suo ego, assistendo in silenzio alla distruzione di tutto ciò che aveva profetizzato. In questa lotta tra buoni e cattivi che tanto piace a Nolan, la scienza finisce per essere divorata da logiche politiche e di interesse. Lo sa bene Einstein che, facendo un passo indietro, si rifiuta di giocare a dadi col mondo e con i potenti, scegliendo di ricusare la nuova scienza e il nuovo mondo.
Su una cosa però forse Einstein si sbagliava: a Dio, sempre ammesso che esista, probabilmente giocare a dadi con gli uomini piace parecchio. Infatti, in questo universo fatto di probabilità e numeri in cui non è possibile eliminare completamente l’ipotesi che lo sgancio della bomba atomica possa disintegrare il mondo, lo scienziato chiamato a testimoniare durante l’udienza di conferma al Senato di Lewis Strauss per il Segretario del commercio è David L. Hill, che nel film vediamo solo due volte e in entrambe le occasioni gli tocca subire l’atteggiamento sgarbato di Robert Oppenheimer. È Hill a smontare i piani di Lewis, a raccontare delle manovre segrete con cui ha cercato di delegittimare il fisico americano, e lo fa, sorprendentemente, con quella schiettezza allo stesso tempo ingenua e arrogante sfoggiata spesso dagli uomini di scienza, mentre Oppenheimer, accusato di collaborare con i sovietici, si lascia maltrattare e infangare dai suoi accusatori durante un’udienza a porte chiuse. Qui, ancora una volta, l’oggetto misterioso continua a essere l’uomo.
Niente è più imprevedibile e indecifrabile dell’essere umano, forse neanche l’universo.