Non solo New York: i dem trionfano in Virginia, New Jersey e California
L'opposizione a Trump si compatta e vince praticamente ovunque. Batosta per i repubblicani
Nella giornata di martedì 4 novembre negli Stati Uniti si sono tenute diverse elezioni locali in una tornata che ha visto il primo test per l’amministrazione Trump. Ecco le più importantti.
New York City ha eletto il proprio sindaco, il trentaquattrenne Zohran Mamdani. Il candidato socialista del Partito Democratico ha vinto con il 50,4 per cento dei voti, in un’elezione record che ha registrato la partecipazione di circa due milioni di elettori. Alle sue spalle, con il 41,6 per cento, l’ex governatore dello Stato di New York Andrew Cuomo, che correva come indipendente dopo aver perso per soli dodici punti le primarie democratiche del giugno 2025 proprio contro Mamdani. Cuomo, alla vigilia del voto, aveva ricevuto l’endorsement del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che in un post sul suo social network Truth aveva commentato: «Che vi piaccia o meno Andrew Cuomo, non avete scelta. Dovete votare per lui e sperare che faccia un lavoro fantastico, lui ne è capace, Mamdani no!». Pochi giorni prima, intervistato dalla trasmissione 60 Minutes, Trump aveva minacciato di tagliare i fondi federali allo Stato di New York in caso di vittoria di Mamdani: «Sarà difficile per me come presidente dare molti fondi a New York (...) perché se hai un comunista a governare New York, tutto quello che stai facendo è sprecare i soldi che hai inviato laggiù». Lo stesso candidato democratico aveva replicato prontamente: «Commento questa minaccia per quello che è: una minaccia. Non è la legge». Fanalino di coda il candidato repubblicano Curtis Sliwa, terzo e ultimo con il 7,1 per cento dei voti.
Chi è Zohran Mamdani e come ha fatto un pressoché sconosciuto, in meno di un anno, ad aggiudicarsi la vittoria nella città più grande e simbolica d’America? Nato in Uganda da genitori indiani, è il primo sindaco musulmano e il primo di origini sudasiatiche a governare New York City. La sua campagna elettorale è partita dal basso, sostenuta da migliaia di volontari, da una forte mobilitazione giovanile e dal coinvolgimento della classe popolare. In poco tempo Mamdani è diventato un fenomeno politico e mediatico, con un messaggio semplice e diretto: rendere la città più accessibile attraverso la stabilizzazione degli affitti, la gratuità dei trasporti pubblici e una tassazione più equa dei redditi milionari. La sua imponente campagna social ha avuto un’enorme risonanza, tanto da raggiungere anche l’Europa, che ha guardato con interesse al cosiddetto modello Mamdani.
Non sono mancate critiche. Il neo sindaco, dichiaratamente pro-Palestina e fortemente critico delle politiche statunitensi a sostegno del governo di Benjamin Netanyahu, ha attirato su di sé alcune perplessità da una porzione della comunità ebraica newyorkese, la più numerosa al mondo, seconda solo allo stato di Israele. A metà ottobre, il rabbino della Sinagoga di Park Avenue, Elliot Cosgrove, aveva dichiarato in un sermone che “Mamdani rappresenta un pericolo per la sicurezza della comunità ebraica di New York”. In risposta, un’altra parte della stessa comunità ha invece sostenuto apertamente il candidato, definendolo l’unico in grado di ascoltare e proteggere attivamente gli ebrei newyorkesi e le loro istanze. Nel discorso celebrativo tenutosi poche ore dopo la vittoria, Mamdani ha promesso di governare con compassione, sfidando apertamente le politiche del presidente Trump, anch’egli nativo newyorkese: “New York resterà una città di immigrati, costruita da immigrati, alimentata da immigrati e, da stanotte, guidata da un immigrato. Se c’è qualcuno in grado di mostrare a una nazione tradita da Donald Trump come sconfiggerlo, è proprio la città che lo ha visto crescere".
La cosiddetta blue wave democratica ha investito anche due Stati della costa orientale, la Virginia e il New Jersey, che hanno entrambi eletto una governatrice democratica. In quest’ultimo ha vinto la candidata Mikie Sherrill con il 56,2 per cento dei voti, contro il repubblicano Jack Ciattarelli, fermo al 43,2 per cento. La vittoria segna un record storico: dopo oltre sessant’anni, lo Stato sarà governato per tre mandati consecutivi dai democratici. Il risultato consolida lo status di blue state e ribalta la tendenza registrata alle ultime elezioni presidenziali, quando si era osservato un aumento dei voti latini e afroamericani per i repubblicani. In questa tornata, invece, il voto delle minoranze è stato decisivo: i democratici hanno ottenuto il 64 per cento dei voti latinos e il 91 per cento di quelli afroamericani, confermando la loro leadership nello Stato.
In Virginia ha vinto con il 57,5 per cento la democratica Abigail Spanberger, ex analista della CIA, diventando la prima donna a governare lo Stato. La sfidante repubblicana Winsome Earle-Sears, rappresentante del governo uscente (in Virginia il governatore può servire un solo mandato), si è fermata al 42,3 per cento, portando così la guida dello Stato da repubblicano a democratico. Spanberger è rimasta costantemente in testa ai sondaggi e, nel weekend precedente al voto, aveva ricevuto durante uno dei suoi ultimi rally elettorali l’endorsement dell’ex presidente Barack Obama.
Notte di elezioni anche in California, dove però non si votava per un candidato, bensì per un referendum confermativo che proponeva la modifica delle circoscrizioni elettorali, al fine di garantire un maggiore numero di collegi a maggioranza democratica. Il sì ha trionfato con il 63,8 per cento. Il governatore democratico e primo firmatario della riforma Gavin Newsom, nonché uno dei favoriti per la corsa presidenziale del 2028, ha promosso l’iniziativa come risposta diretta a una legge analoga approvata in Texas nell’agosto 2025. Pur legittimo, questo tipo di intervento resta controverso poiché se effettuato con dolo può portare al fenomeno del cosiddetto gerrymandering ovvero una redistribuzione ingannevole dei confini delle circoscrizioni volta a “falsificare” il risultato elettorale a favore di un candidato o un partito.
Questi risultati elettorali rappresentano un banco di prova fondamentale per misurare il sentiment politico in vista delle elezioni di midterm dell’autunno 2026. Considerando la progressiva perdita di popolarità del presidente Trump, il futuro della maggioranza repubblicana alla Camera dei Rappresentanti e al Senato appare oggi sempre più incerto.



