Negli USA post-Roe v. Wade gli aborti superano il milione
Era dal 2012 che non accadeva di raggiungere una cifra simile
È notizia recente che il numero di aborti effettuato negli Stati Uniti nel corso del 2023 abbia superato il milione, raggiungendo la cifra stimata di 1,026,690 interruzioni di gravidanza completate tramite il canale ufficiale del sistema sanitario americano.
In cinquant’anni di vigenza della storica sentenza della Corte Suprema Roe v. Wade, solo due annate hanno registrato cifre simili a quella raggiunta nel primo anno solare post-Roe: nel 1990, quando si raggiunse l’1,6 milioni di aborti, e nel 2012.
Non risulta, tuttavia, fortemente controintuitivo che nel primo anno decorso dalla decisione di una radicalmente politicizzata Corte Suprema di negare ogni fondamento costituzionale al diritto all’aborto – restituendo, dunque, completa libertà legislativa agli Stati - il numero di interruzioni di gravidanza sia aumentato?
Necessaria è una premessa quando si tratta di quantificare gli aborti: non essendo del tutto possibile ottenere cifre certe concernenti l’aborto clandestino (o anche detto “self-managed”), i numeri saranno sempre al ribasso; il che significa che potrebbero essersi verificati negli Stati Uniti ben più del milione notificato nelle scorse settimane, non essendo infrequenti episodi di aborti effettuati in Messico per sfuggire dai canali sanitari americani o dalla pioggia di divieti totali di aborto che hanno colpito diversi Stati della Federazione.
I numeri forniti dal Guttmacher Institute - che dal 1973 si occupa di monitorare lo stato dei diritti riproduttivi e della salute sessuale negli USA – raccontano una geografia di giustizia riproduttiva in cui quasi tutti gli Stati senza un divieto totale di aborto vigente hanno registrato un aumento del numero di aborti praticati.
L’aumento numerico ha una chiara origine: la maggiore diffusione dell’aborto farmacologico come risposta ai divieti imposti Stato per Stato. Effettuabile generalmente tramite la somministrazione di pillole di mifepristone e misoprostol, l’aborto farmacologico non era così diffuso in precedenza quando, inoltre, non si erano ancora consolidati i percorsi di aborto effettuato in telemedicina con la contestuale spedizione del materiale farmacologico necessario via posta.
La decisione della Corte Suprema ha, inoltre, avuto l’effetto di stimolare importanti donazioni verso fondi che si occupano di sostenere i costi della pratica abortiva per le persone che vivono in Stati in cui il programma Medicaid non copre l’aborto. Una tale ondata ha permesso di sostenere l’elevato costo medio di 550 dollari per un numero crescente di persone, impattando così sul dato finale di accessi complessivi alle interruzioni di gravidanza.
Con l’aumento di ricorsi alla pratica farmacologica, il trasformarsi di quest’ultima in un ulteriore oggetto di discussione da parte della Corte Suprema, rappresentava solo una questione di tempo.
Nel novembre 2022, infatti, appena quattro mesi dopo aver ottenuto il tanto auspicato annullamento della Roe, il gruppo legale cristiano Alliance Defending Freedom (ADF) ha avviato una causa sostenendo che la Food and Drug Administration (FDA), l’ente governativo che si occupa della regolamentazione dei farmaci, avesse superato i confini delle proprie competenze approvando il mifepristone. Nell'agosto 2023, la Corte d'Appello del quinto Circuito degli Stati Uniti, con sede a New Orleans, ha confermato la convinzione che la pillola abortiva debba essere limitata in tutti gli Stati Uniti.
Nonostante la Corte Suprema abbia chiaramente definito il tema dell’aborto non di propria competenza in quanto non afferente alla Costituzione, l’istituzione giudiziaria continua ad accettare casi concernenti i diritti riproduttivi: martedì 26 marzo, infatti, i giudici della Corte hanno ascoltato le argomentazioni orali del caso avviato dall’ADF, il quale potrebbe portare a limitare l'accesso al mifepristone.
Tuttavia, nel corso delle argomentazioni orali, i giudici (compresi alcuni di nomina trumpiana come Neil Gorsuch) si sono dimostrati scettici rispetto alla possibilità di limitare l’accesso alle procedure farmacologiche, ritenendo di dubbia utilità trasformare una «piccola causa in un'ingiunzione a livello nazionale su una norma della FDA».