Trema la NCAA: cosa ha deciso la Corte Suprema USA
La Corte Suprema ha decretato che la NCAA non può limitare i contributi economici previsti per gli studenti-atleti, ponendo le basi per una potenziale rivoluzione nello sport collegiale.
Il 21 giugno scorso la Corte Suprema, la più alta corte federale degli Stati Uniti, ha inflitto con un voto unanime il primo duro colpo alla NCAA, la National Collegiate Athletic Association, l'organizzazione senza scopi di lucro che gestisce le attività sportive della maggior parte dei college americani. Il massimo organo giudiziario statunitense ha stabilito che l’NCAA non può limitare i pagamenti e i bonus agli studenti-atleti. È una decisione che potrebbe rappresentare un punto di svolta per lo sport collegiale americano. Fino a questo momento, infatti, non era riconosciuto nessun tipo di sostegno economico e/o di agevolazione per gli athlete-student.
L’argomento è di quelli caldi negli USA. La Casa Bianca ha diffuso un comunicato del presidente Joe Biden, che ha dichiarato: “Tutti dovrebbero essere ricompensati per il loro lavoro, gli atleti, così come tutti gli americani, devono aver riconosciuto il loro duro lavoro e non dovrebbero essere sfruttati per questo”. Immediata la reazione dell’NCAA: bisogna continuare a lavorare con il Congresso in modo da arrivare a una legge federale che protegga l’associazione stessa dalle eventuali cause intentate dagli atleti e che regoli la possibilità degli atleti di guadagnare direttamente dalla loro immagine e dal loro nome.
La decisione della Corte Suprema per il momento si limita infatti solamente agli aiuti "education-related", non parlando ad esempio della NIL Rule, e infatti non più tardi di lunedì la NCAA ha tenuto a precisare che pur rispettando la sentenza della SCOTUS, è compito suo porre i paletti a queste agevolazioni per l'istruzione, con il rischio che le università possano nascondere dietro a questo tipo di aiuti benefit ben diversi per gli atleti. Nel memo che Mark Emmert, presidente della NCAA, ha inviato ai membri dell’associazione vi è l’invito a mettersi al tavolo per trovare al più presto una soluzione, a causa delle modifiche imminenti alle leggi in procinto di entrare in vigore in almeno sei Stati.
La sentenza della Supreme Court arriva, perciò, in un momento molto importante per lo sport collegiale, poiché a partire dal 1 Luglio 2021 la Florida e l’Alabama applicheranno una legge che regolamenterà la già citata NIL Rule ovvero la regola della NCAA che vieta espressamente agli atleti di guadagnare, grazie ad accordi con terze parti, da Name, Image and Likeness.
Florida ed Alabama, Stati storicamente importanti nell’ambiente del football collegiale, non saranno però gli unici a prendere questa decisione. New Mexico, Mississippi, Iowa, Oregon, Texas e Georgia si accoderanno presto a loro permettendo così ai propri iscritti di trovare accordi con aziende del territorio, e non solo, che pagheranno gli atleti per utilizzare il loro nome e la loro immagine nelle campagne pubblicitarie e di marketing.
Secondo Ayden Sydal, che è insieme a Brandon Wimbush, ex quarterback titolare dei Fighting Irish di Notre Dame, il cofondatore di MOGL – piattaforma che si pone l’obiettivo di trovare accordi pubblicitari “locali” per gli studenti –, negli anni del College il valore pubblicitario degli atleti raggiunge l’apice, ed è quindi giusto che gli studenti atleti possano guadagnare da esso, cosa impossible fino all’anno scorso. Finora è stata proprio la MOGL a proporsi come ponte di comunicazione fra gli studenti atleti e le realtà locali dei vari college disposte a farsi rappresentare dal campione di turno.
La palla adesso passa nelle mani di NCAA e Congresso, che dovranno trovare una soluzione in rapido tempo, se non vogliono trovarsi a fronteggiare molteplici cause intentate contro la NCAA. Numerose leggi federali sono state introdotte negli ultimi anni, con disegni di legge che arrivano da entrambi gli schieramenti politici, come quella dei senatori democratici Cory Booker del New Jersey e Richard Blumenthal del Connecticut, i quali hanno proposto di destinare la metà dei ricavati dei college agli atleti, sulla falsariga dell’accordo collettivo fra i cestisti professionisti e l’NBA.
Il senatore Roger Wicker, repubblicano del Tennessee, ha invece proposto di concedere agli atleti la possibilità di ricevere un compenso da endorsement e da apparizioni varie, non prevedendo però la divisione dei guadagni dei college, a differenza dei suoi colleghi.
Gran parte degli addetti ai lavori, come ad esempio Alicia Jessop, giornalista di The Athletic e del Washington Post, vede in questa decisione una svolta per i grandi atenei americani, che potranno iniziare a offrire ai loro studenti tirocini retribuiti con le migliori multinazionali americane come Google, Amazon, Apple, Tesla e altre.
Probabilmente l’ultima parola spetterà al Congresso stesso e al presidente Joe Biden, ma sicuramente la sentenza di lunedì può gettare le basi per una rivoluzione nel mondo sportivo collegiale degli USA. La definizione finora in uso di studenti-atleti si appresta a diventare atleti-studenti.