Moneyland #1: Il pericolo della stagflazione per gli Stati Uniti
A distanza di una settimana dall’annuncio dell’introduzione dei dazi commerciali, Trump sospende tutto per novanta giorni (non per la Cina) mentre gli economisti ipotizzano una possibile stagflazione

Una settimana fa Donald Trump, il Presidente degli Stati Uniti in carica per il suo secondo mandato, ha annunciato l’introduzione di dazi commerciali verso molti Paesi, colpendo in modo particolare la Cina, seconda potenza economica al mondo. Le borse di tutto il mondo, compresa quella statunitense, hanno reagito a questo evento con pesanti perdite, e il valore delle azioni di aziende come Apple si è ridotto come non accadeva dal 2001. Nonostante la pausa sui dazi concessa da Trump con effetto immediato a partire dallo scorso mercoledì, alcuni economisti hanno ipotizzato che gli Stati Uniti possano essere di fronte a un periodo di stagflazione.
Il fenomeno economico della stagflazione si verifica quando un’economia presenta allo stesso tempo una crescita economica lenta, un alto tasso di disoccupazione e un aumento costante dell’inflazione. Il termine è stato utilizzato per la prima volta dal politico conservatore britannico Iain Macleod nel 1965, quando tenne un discorso alla House of Commons per descrivere lo stato dell’economia del Regno Unito. La stagflazione, anche dal punto di vista tecnico e non solo linguistico, rappresenta l’incontro tra la stagnazione — un grande rallentamento economico — e l’inflazione — l’aumento dei prezzi per beni e servizi. Tra le persone che hanno parlato di una possibile stagflazione per gli Stati Uniti c’è Jamie Dimon, amministratore delegato di JPMorgan Chase, che lunedì scorso ha scritto nella sua lettera annuale agli azionisti che i dazi proposti da Trump «aumenteranno probabilmente il livello di inflazione e porteranno molti a considerare una più grande possibilità di recessione». La maggior parte degli economisti ritiene infatti che i dazi potranno cancellare i progressi fatti dalle politiche per abbassare il livello di inflazione attuale negli Stati Uniti.
Quello che preoccupa della stagflazione è la mancata capacità di poter mitigare singoli aspetti economici: se durante periodi di inflazione moderata — in cui i prezzi dei prodotti e dei beni aumentano — è possibile assistere a stipendi più alti per contrastare questo fenomeno e per permettere alle persone di continuare a mantenere un equilibrato potere di acquisto, lo stesso non vale per la stagflazione. Gli Stati Uniti hanno già affrontato un duro periodo di stagflazione negli anni Settanta: in quegli anni crescevano sempre di più i deficit del bilancio federale a causa delle spese militari sostenute durante la guerra del Vietnam e per i programmi che avevano l’obiettivo di combattere la povertà. Nel frattempo, il tasso di disoccupazione aumentava notevolmente rispetto ai due decenni precedenti e la crescita economica era irregolare.
La stagflazione può verificarsi a causa del mancato equilibrio tra domanda e offerta, e storicamente è stata preceduta dall’impossibilità di approvvigionamento di risorse come il petrolio. Nei primi anni Settanta, infatti, l’Arabia Saudita, che guidava il consorzio di produzione petrolifera, vietò le esportazioni di petrolio verso gli Stati Uniti e i suoi alleati a causa del loro supporto a Israele nella guerra dello Yom Kippur. I dazi da soli non causano però periodi di stagflazione, ma gli economisti sostengono che in certe circostanze possono favorirne la presenza. «Non abbiamo mai visto niente di simile», ha affermato Arindrajit Dube, professore di economia all’Università del Massachusetts, «perché quello che sta succedendo è che il nostro governo federale, la Casa Bianca, ha scelto di imporre dazi, che sono tasse sulle importazioni, a livelli inauditi».