Maxwell Frost, la generazione Z al Congresso
Di origine afro-cubana, il 25enne di Orlando può diventare il primo giovanissimo a entrare a Capitol Hill. Dalla fede Battista all'eredità cubana, storia di un attivista liberal che sogna Washington.
Maxwell Frost a modo suo può fare la storia. Se le urne gli sorrideranno il prossimo 8 novembre diventerà il primo appartenente alla Generazione Z ad entrare al Congresso. Afro-cubano, Frost è spuntato quasi dal nulla e si è preso la nomination democratica per il 10° distretto della Florida. Uno di quei distretti abbastanza blu da garantire un’elezione sicura.
Il lancio della campagna e le origini
Frost, figlio di una nuova corrente democratica liberal, ha una storia particolare, come insegna la sua campagna elettorale, lanciata nell’agosto del 2021 quando ancora non era eleggibile perché sotto i 24 anni. La scelta di correre per “stare vicino e lottare per la propria comunità” è arrivata dopo un percorso lungo fatto di attivismo e un profondo esame della propria vita personale e famigliare.
Durante la campagna per le primarie più di qualcuno ha sottolineato la totale inesperienza politica di Frost, eppure, la sua storia indica che ci si trova di fronte a una radicata esperienza nel movimentismo. Già 10 anni fa, nel 2012, all’età di 15 anni, Frost iniziò a militare come attivista contro le armi da fuoco dopo i fatti della Sandy Hook Elementary School di Newtown in Connecticut. Per anni si è interessato al tema delle violenze armate nel scuole, e nel 2018 ha preso parte al grande movimento March for Our Lives nato all’indomani del massacro di Parkland in Florida. Non a caso lui stesso si definisce un appartenente alla “mass shooting generation”.
Gen Z: nati tra il 1997 e il 2012
Bloomberg dopo averlo intervistato ha parlato di una storia politica incardinata sull’ansia. È il caso dell’economia (ha raccontato di aver seguito da ragazzino le rivendicazioni di Occupy Wall Street e di essersi interessato ai problemi legati al debito studentesco); del razzismo (come la morte traumatica di Trayvon Martin); della violenza (la mia scuola ha fatto più esercitazioni per sparatorie che antincendio) e sul clima.
Questa sua sensibilità lo ha portato a sviluppare un’ottima capacità di organizzare marce, eventi porta a porta e cortei che ha attirato l’attenzione anche dell’American Civil Liberties Union, la grande organizzazione per i diritti civili attiva in tutta l’America. Così nel 2018 Frost è stato coinvolto nella campagna per la difesa del 4° Emendamento, una campagna che ha permesso a 1,4 milioni di floridiani di mantenere il diritto di voto. Non tutto nella vita di Frost però è stato segnato dall’ansia. Per anni ha suonato in una band specializzata in salsa, i Seguro Que Sí, saliti alla ribalta nazionale nel 2012 per aver suonato all’inaugurazione del secondo mandato di Barack Obama.
La miccia della candidatura
L’attivismo da solo non è bastato a lanciarlo in politica. Il 2020 infiammato dalla pandemia, dalle proteste di Black Lives Matter, e l’esacerbazione delle disuguaglianze, ha fornito altra benzina per l’idealismo di Frost, ma l’innesco è arrivato dopo l’incontro con la sua madre biologica.
In una telefonata nel luglio del 2021 una donna lo ha chiamato al telefono raccontando di quando lo diede alla luce per poi darlo in affidamento. Sua madre, ha raccontato Frost nei mesi scorsi, si era detta addolorata per averlo abbandonato ma la sua nascita era avvenuta in un periodo difficilissimo per lei, esule cubana in terra straniera. Un periodo fatto di deprivazioni, violenza, droga e povertà. Tutti problemi che lo stesso candidato della Gen Z ha più volte definito sistemici e risolvibili solo con una politica radicale.
Una riscoperta delle radici che lo ha convinto a compiere il salto definitivo. Anche la sua famiglia adottiva ha offerto esperienze che lo hanno formato e avvicinato agli ambiti più liberal della sinistra americana. Sua madre adottiva e sua nonna arrivarono negli Stati Uniti negli anni Sessanta grazie ai Freedom Flights tra Cuba e la Florida. E per anni sono passate da un lavoro all’altro in un’integrazione sempre incompleta.
Tuttavia Frost è anche molto altro: ad esempio, ha sempre rivendicato con orgoglio la sua appartenenza alla Southern Baptist Convention e di come nonostante il comprensibile “scetticismo nei confronti della religione organizzata”, per lui sia stata un forte motivatore personale. Non solo. Considera anche la sua eredità afro-cubana come un punto di forza. «I repubblicani mi accusano di essere socialista? Auguri!» ha detto in un’intervista: «La mia famiglia è scappata dal vero socialismo, sa cos’è».
La sua ricetta “socialista”
Eppure per gli standard americani le proposte contenute nel suo programma non sono molto lontane da una versione edulcorata del socialismo. Negli anni oltre a combattere contro la violenza e le diffusione delle armi da fuoco ha fatto campagna per Medicare For All, per la smilitarizzazione della polizia, la legalizzazione del lavoro sessuale e l’estensione dell’uso della marijuana a fini ricreativi. Tutta la sua piattaforma politica, che si basa sul concetto di “futuro che meritiamo”, ruota intorno alla riforma sanitaria, allo stop alle armi da fuoco, all’estensione del diritto all’abitare con alloggi accessibili, l’innalzamento dei salari minimi e la produzione di energia solo dal 100% di fonti rinnovabili. Non poteva essere altrimenti.
Un programma che racchiude una sana utopia giovanile, ma che riflette anche il pensiero di quella che si potrebbe definire Nouvelle Vague della politica democratica. Frost fa parte, infatti, della nuova classe di candidati democratici che affondano le loro radici nella classe operaia e non nei college della Ivy League. Lui stesso non ha mai finito gli studi per dedicarsi all’attivismo e nell’ultimo periodo, prima di buttarsi definitivamente nella corsa del Congresso, si è mantenuto facendo l’autista di Uber con la sua Kia Soul.
La sua storia si lega anche ad altri aspiranti colleghi del Congresso che come lui hanno affrontato un percorso simile. Non a caso, come ha notato il Washington Post, questa piccola comunità di liberal (che hanno in Alexandria Ocasio-Cortez una sorta di sorella maggiore) si attrae. Frost ha frequenti contatti con Greg Casar che corre nel 35esimo distretto del Texas e che a detta di molti è uno dei più a sinistra tra i candidati alla Camera. Allo stesso tempo Delia Ramirez, che corre nel terzo distretto dell’Illinois (a Chicago), è passata in Florida per conoscerlo di persona.
Frost sta infatti fungendo da collettore di questa nuova nidiata di candidati che dovrà trovare il proprio posto al Congresso e soprattutto nel Partito Democratico. In più di un’occasione i giornalisti lo hanno pungolato per capire se il primo deputato della Gen Z entrerà o no nella famosa “Squad” capitanata dalla Ocasio-Cortez, il piccolo raggruppamento di Millennial liberal che costituisce una spina nel fianco nella leadership del partito. Lui fa spallucce, ma ammette di non poter trasformare ogni occasione in un sit-in di protesta e che sia necessario lavorare per dare risposte alla propria comunità.
Frost contesta il governatore repubblicano Ron DeSantis chiedendo provvedimenti contro la violenza armata e la diffusione delle armi da fuoco.
L’endorsement dei Big
Intanto la sua etichetta di “possibile primo deputato della Gen Z” gli ha procurato endorsement di peso. Ha ricevuto l’appoggio dei Senatori Elizabeth Warren, Bernie Sanders e Edward J. Markey che si è detto onorato di averlo sostenuto fin dall’inizio; ma anche dei deputati Pramila Jayapal, Mondaire Jones, Ro Khanna e Ayanna Pressley.
La storia di Frost è emblematica per molte ragioni. Intreccia alla perfezione la politica con la nuova America. In fondo un deputato di origini afroamericane e latinos è raro a ogni livello legislativo, ma soprattutto la sua giovane età si unisce a un fenomeno che il Congresso non è stato ancora in grado di accogliere. Dati alla mano Millennials e Gen Z rappresentano il 31% degli elettori, ma al momento alla Camera gli eletti di queste due generazioni sono solo l’8%. La più giovane è Madison Cawthorn, 27enne della Nord Carolina seguita dalla Ocasio-Cortez di 32 anni.
Il suo ingresso al Congresso accompagnato da quello di altri giovani liberal potrebbe dare nuova linfa a Capito Hill nel bene e nel male, accogliendo anche una certa domanda di cambiamento da parte del Paese. L’America sembra pronta ad accogliere sempre più giovani politici. Secondo un sondaggio di Cbs News il 47% degli americani sostiene che i giovani potrebbero aiutare a migliorare il corpo politico del Paese. Il segno (l’ennesimo) di una nazione che vuole cambiare pelle e pagina e per farlo è disposta anche ad aggrapparsi alla Gen Z.
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